Avanti piano
Strada in salita

Una rondine non fa primavera, ma tre cominciano ad essere significative. Ieri Moody’s ha rivisto al rialzo le stime di crescita dell’Italia per il 2017 e il 2018. Per quest’anno l’agenzia di rating (sempre poco tenera nei nostri confronti) prevede un aumento del Prodotto interno lordo pari a 1,3 per cento, contro lo 0,8 stimato in precedenza. Una crescita tutt’altro che scontata, sostenuta – spiegano gli economisti dell’ultimo rapporto – dalla politica monetaria della Banca centrale europea (il Quantitative Easing, il cosiddetto «bazooka» di Mario Draghi, che dal marzo 2015 continua a sparare enormi quantità di moneta nel sistema creditizio) e da una ripresa generale di tutta l’Unione europea.

Ma prima di Moody’s avevano segnato un incremento del Pil anche il Fondo Monetario Internazionale (anch’esso mai tenero nei confronti del nostro Paese) e l’Istat (che ha parlato di un incremento dell’1,2 per cento su base annua). Dati importanti, che si ricollegano all’andamento generale dell’Unione, fortemente in ripresa (tranne l’Inghilterra, ma qui bisogna tenere conto dell’effetto Brexit). Premesso che il Pil, citando Bob Kennedy, «misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta», la ancora «modesta» ripresa che l’Azienda Italia ha intrapreso porterà sicuramente benefici , soprattutto se verrà supportata da politiche di bilancio tali da incrementarli. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan dovrebbe correggere le stime della crescita nell’aggiornamento del Def, il Documento di programmazione economico-finanziaria che presenterà il 20 settembre. Poi verranno i tempi della Manovra economica, destinata a correggere la legge di Bilancio entro il 31 dicembre. La vera cartina di tornasole della politica economica italiana. Si parla di una valutazione di cinque miliardi di euro in più, anche se il Tesoro è molto cauto e non fornisce cifre ufficiali. Come verrà speso questo «tesoretto»? Se la crescita è maggiore sarà infatti maggiore anche il gettito fiscale e dunque si avranno più risorse a disposizione. Il premier Gentiloni ha parlato anche di un possibile abbattimento del debito «significativo e importante». Staremo a vedere. La ripresa è trainata dall’industria e dai servizi. Continua la sua corsa strepitosa il mercato dell’auto (le immatricolazioni sono cresciute del 12 per cento). Anche il turismo ha segnato aumenti record grazie all’afflusso dei turisti stranieri che hanno dirottato sull’Italia, per la paura del terrorismo internazionale, dai Paesi affacciati sul Mediterraneo e da quelli di tutta l’Europa. I miliardi a disposizione dovrebbero essere utilizzati, a detta del governo, soprattutto per gli sgravi contributivi, a vantaggio dell’assunzione dei giovani, in modo da rendere strutturale l’effetto delle assunzioni già sperimentato. Come sappiamo, una volta venuto a cessare l’effetto sgravi, le assunzioni sono immediatamente diminuite e sono tornati i contratti a tempo determinato.

I numeri dell’occupazione sono in miglioramento (siamo sull’11 per cento dei disoccupati) ma restano alti rispetto al 9 per cento della media europea. Un altro pilastro è rappresentato dagli investimenti pubblici e privati. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha già messo in agenda per metà settembre un bilancio del Piano per l’industria 4.0, che comincia a dare i frutti sperati. Su questo orizzonte roseo pesano numerose incognite. A cominciare dagli effetti indesiderati della campagna elettorale che potrebbe dominare le scelte del prossimo autunno. Qualcuno potrebbe pensare di utilizzare il «tesoretto» per scelte assistenzialistiche, distribuendo soldi a pioggia a fini elettorali.

E anche il negoziato con l’Unione per dimezzare il deficit strutturale del 2018 dallo 0,6 allo 0,3 non si è ancora concluso, anche se perfino i tecnocrati di Bruxelles hanno capito che l’aria che tira è cambiata e non è più tempo di politiche improntate al rigore.

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