Bergamo nel mondo
Un passo in più

Forse si poteva fare un filo più in fretta, evitando anche qualche inutile polemica che non ha certo giovato all’immagine del mondo imprenditoriale e produttivo bergamasco, ma sembra che ormai la «cabina di regìa» - composta da Camera di Commercio, Comune, Provincia, Università, Imprese & Territorio, e Confindustria Bergamo - abbia intrapreso la strada giusta per occuparsi seriamente del futuro di Bergamo, iniziando ad assecondare quelle indicazioni che l’Ocse - l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - aveva fornito quasi un anno e mezzo fa.

Il metodo di lavoro che le forze in campo si sono date - al di là dei nomi che nelle prossime settimane subiranno forse qualche variazione - è certamente innovativo, fors’anche inedito, per una provincia come la nostra che pur lavorando sempre sodo alla soluzione dei problemi, non ha mai abbandonato la tentazione di continuare a guardarsi indietro, anziché scrollarsi di dosso il passato e lanciarsi senza indugi verso il futuro. Oggi la volontà espressa è invece quella di proiettarsi in avanti il più rapidamente possibile, nel tentativo di consentire a Bergamo di recuperare quel gap che l’Ocse ha indicato da tempo con lucidità e freddezza: produttività stagnante, basse competenze della forza lavoro, innovazione inferiore alle nostre potenzialità. Ma non solo. L’Ocse, infatti, si era spinta anche più in là, denunciando sostanzialmente l’assenza di una governance comune e condivisa tra pubblico, privato e mondo accademico. Insomma, in poche parole, aveva «smontato» quel «Modello Bergamo» pensato fino ad allora come la soluzione migliore per la Bergamo del futuro.

Una vera «doccia fredda», non c’è che dire, che scatenò un ampio dibattito tra le forze interessate, così come - quasi un anno dopo, nel gennaio scorso- fecero le dichiarazioni del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, all’assemblea di Confcooperative, allorquando il primo cittadino, cogliendo tutti in contropiede, ebbe l’ardire di sottolineare che a quasi un anno dalla presentazione del rapporto dell’Ocse che invitava ad attivare una cabina di regia con funzioni di analisi e orientamento a servizio del sistema economico locale, il sistema di rappresentanza delle imprese bergamasche non fosse ancora riuscito a fare sintesi sulla composizione, sulla titolarità , sulla sede di questo organismo. Per farla in breve, non era stato fatto nulla. Apriti cielo, discussioni e beghe a non finire, ma fatti pochi.

Ora, pare - ma è bene essere fiduciosi - che la rotta sia stata invertita, e fatta salva qualche limatura che inevitabilmente dovrà essere fatta ancora, sembra che lo «spirito unitario» abbia cominciato a soffiare sui cinque tavoli tecnici chiamati ad elaborare le linee guida dei prossimi anni su altrettanti fronti, considerati strategici per lo sviluppo della società bergamasca: innovazione, competitività, welfare, educational e attrattività del territorio.

Diciamolo pure con chiarezza: era ora, di tempo ne è stato perso anche troppo e perseverare su quella strada sarebbe stato imperdonabile. Oggi, attorno ai tavoli di lavoro impostati nelle ultime settimane, siedono tutti quei soggetti istituzionali e associativi che hanno titolo e competenze per assolvere il compito cui sono stati chiamati, e anche i sindacati - che in un primo tempo si erano chiamati fuori - sono tornati sui propri passi, cogliendo l’importanza di non mancare del tutto a un appuntamento di questa portata. Persino il titolo scelto per identificare il lavoro dei cinque «pensatoi» - «Bergamo 2030» - non è né casuale né ambizioso, ma rispecchia una necessità imprescindibile della nostra terra, quella cioè di cogliere al meglio ogni singola occasione di crescita possibile, creandone sempre di nuove e sempre di migliori.

Ma la forza «rivoluzionaria» di questi tavoli sta in una novità persino «banale» se non fosse che fino ad oggi non è mai stata presa in considerazione da nessuno, e cioè la trasformazione della «cabina di regìa» in una sorta di struttura permanente, una specie di sindacato del territorio bergamasco chiamato a confrontarsi non soltanto con la realtà locale, ma a dibattere temi e scelte strategiche con Regione Lombardia piuttosto che con il governo centrale o con la stessa Europa. Bergamo ha bisogno che si lavori così, e oggi ci sono tutte le premesse per poterlo fare. Il «Modello Bergamo» ha fatto davvero un significativo passo in più, un passo in avanti verso il futuro. Non solo sarebbe la miglior risposta alla «tirata d’orecchie» dell’Ocse, ma potrebbe rivelarsi la chiave di volta per rimettere in movimento l’intero sistema produttivo della nostra provincia.

L’importante è non perdere altro tempo, l’importante è crederci fino in fondo: «L’unico modo di fare un ottimo lavoro - diceva Steve Jobs - è amare quello che fai». E Bergamo, oggi più che mai, ha davvero bisogno di un grande atto d’amore.

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