Calderoli: fa paura
la carta straccia

Se siete rimasti a «125 milioni di caz..te», è ora di aggiornarvi. Il gran lombardo Molleggiato è stato definitivamente surclassato da un altro lombardo, un po’ più rigidone nella postura, ma duttile anche di più nei giochetti della politica e gran ciambellano riconosciuto - da amici e da avversari - delle alchimie parlamentari: Roberto Calderoli, leghista della prima ora e un tempo ministro per la Semplificazione Normativa, adesso convertitosi alla moltiplicazione delle cose complicate.

«Questa è la mia Resistenza», ripete da settimane. Minacciando sorprese con «cifre a sette zeri». Ora che la presunta Grande Opposizione della minoranza Pd s’è squagliata come un gelato sulla spiaggia, a combattere (a parole?) contro la riforma costituzionale del «ddl Boschi» è rimasto solo lui.

E di parole ne ha tante: 72 milioni di emendamenti (ieri sera ne ha ritirati 10 milioni). Roba che se lo lasciassero fare, si è calcolato, non si finirebbe di esaminarli prima del 2018. Calderoli è vicepresidente di Palazzo Madama, ci sa fare con i testi legislativi, del resto è l’autore del da lui stesso ribattezzato «Porcellum», una legge elettorale fatta ad uso e consumo della sua parte politica, ma che tutti – compresi i professoroni – hanno dovuto ammettere non funzionava male.

Però Calderoli ha deciso di lasciare da parte il metodo dei conciliaboli in Aula e delle trattative in corridoio, e per la sua battaglia anti-Renzi ha tirato fuori un programma computeristico da sballo: il moltiplicatore di emendamenti. Elabora in automatico sinonimi e contrari, congiunzioni e virgole, e cambia milioni di volte lo stesso testo, cosicché toccherebbe sempre ri-votare ogni riga, ogni articolo e comma. Ostruzionismo cibernetico. Matteo Renzi gli ha detto che è una trovata grottesca, Piero Grasso che umilia il Parlamento, e tutti sanno che prima di arrivare al 2018 il regolamento del Senato farà scattare la «tagliola» per decapitare l’ostruzionismo.

Ma allora, preso atto che Calderoli non è un fesso, la domanda è: perché lo fa? E qui si entra nella politica vera. Si diceva che Calderoli è un politico stimato anche dagli avversari. Anna Finocchiaro l’aveva eletto a suo (quasi unico) interlocutore informale sulle riforme, per gli aspetti tecnici ma anche per il fiuto politico. Qualcuno ha notato, con un tocco di malignità, che mentre lo scontro sulla riforma giungeva al calor bianco il Senato l’ha (quasi) salvato sulla richiesta di autorizzazione a procedere per aver definito l’ex ministro Cecile Kyenge un «orango». Autorizzazione per diffamazione sì, ma l’autorizzazione a procedere pure per istigazione all’odio razziale no.

Da qui il sospetto -smentito con indignazione - che col giochetto dei milioni di emendamenti stesse di fatto dando una mano al governo: costringendo Grasso a tagliare tutto, con il risultato di spianare la strada al ddl Boschi. Forse una malignità pure questa, perché la Lega, ad esempio per bocca del suo compagno di partito Bobo Maroni, conduce una strenua lotta alla riforma: non tanto per il Senato non elettivo, quanto perché le modifiche del Titolo V sulle autonomie ridurranno in modo drastico il ruolo delle Regioni. Si potrebbe aggiungere un’altra malignità: a Matteo Salvini l’antica bandiera del federalismo importa poco. Nella sua visione, l’importante è creare le condizioni per un «uno contro uno» bipolarista tra schieramenti, Matteo contro Matteo. E prendersi l’Italia, non solo il Nord. E allora, se la riforma va in questa direzione, perché opporsi? O almeno: perché opporsi davvero, quando si può cavarsela con il fantastico giochino dei «milioni di caz..te»?

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