Coltivare la memoria
vaccino per l’oggi

Nell’epoca delle fake-news entra in Parlamento in qualità di senatore a vita, scelta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, una testimone della memoria, Liliana Segre, milanese, classe 1930, sposata e madre di tre figli, sopravvissuta all’Olocausto. Il 30 gennaio 1944 venne deportata dal binario 21 della stazione di Milano Centrale insieme al padre fino al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau (quello che si vede nell’indimenticabile scena madre di Schindler List, all’arrivo del treno carico di deportati nella notte).

«Coltivare la Memoria», queste sono state le sue prime parole dopo la nomina, «è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare». A quel tempo la neo senatrice era una ragazzina italiana di 13 anni che vagava in mezzo a quell’orrore di baracche di legno, privazioni, neve e morte dicendosi da sola una frase: «Voglio vivere». Una frase che la aiutò a resistere nel lager per un lunghissimo anno di prigionia, dal gennaio 1944 a quello successivo. Del resto le fake-news sono riuscite ad ammorbare anche Auschwitz, cercando di ridimensionare quella tragedia immane che ha coinvolto sei milioni di ebrei, per non parlare dei sacerdoti, dei deportati politici, dei rom, degli omosessuali e altre «razze da sopprimere», o addirittura di cancellarla: il revisionismo e soprattutto il negazionismo rientrano in quest’ambito, a volte persino con pretese addirittura storiche da parte di chi ha formulato strampalate tesi.

Da vent’anni Liliana Segre porta nelle scuole italiane la sua testimonianza, con il racconto della sua partenza insieme al padre Alberto dal binario 21 della stazione di Milano (quanti hanno visto la targa e visitato il suo museo?). La memoria è un’arma potentissima contro le falsità e le mistificazioni storiche e ideologiche, soprattutto quando è supportata da una documentazione implacabile e da un racconto preciso: i dettagli precisi, la vicenda, le emozioni, i documenti, gli episodi. «Meditate che questo è stato», si legge nella poesia di Primo Levi che apre «Se questo è un uomo». Un verso che riflette tutto il valore e l’importanza della memoria storica: non solo affinché ciò che è stato non si ripeta, ma anche e soprattutto perché il rifiuto dell’orrore continui a restare custodito nel tempo di chi sopravvive. Altrimenti il rischio è quello di celebrare il Giorno della memoria senza accorgersi di essere revisionisti o negazionisti del presente. Finché la fiammella della memoria rimarrà accesa nelle mani di un solo testimone, per poi essere trasmesso a un altro testimone, la civiltà potrà nutrire ancora speranze.

Nel racconto di Liliana Segre ci sono anche le leggi razziali, conosciute quando aveva otto anni, alla fine dell’estate del 1938. Spesso davanti a bambini che hanno la sua età di allora, rievoca quando il padre e i nonni «con parole dolci e semplici» le raccontarono che era stata espulsa dalla scuola elementare. «Non posso darmi altra importanza che quella di essere un araldo, una persona che racconta ciò di cui è stata testimone…». La sua presenza tra gli scranni di Palazzo Madama sarà un baluardo contro le insidie del razzismo, dell’intolleranza, contro ideologie velenose sempre pronte a risvegliarsi e a tornare in superficie come un fiume carsico sull’onda dell’ignoranza e della mistificazione politica. Infine una proposta: cosa aspetta il ministero dell’Istruzione a rendere obbligatoria nell’ultimo anno delle scuole secondarie statali e paritarie un viaggio ad Auschwitz e a Birkenau?

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