Coop Legler in crisi
Una storia da salvare

Che le cooperative di consumo avessero difficoltà a mantenere inalterato il ruolo ricoperto nel sistema distributivo e alimentare era noto da tempo; sin da quando gli stravolgimenti della struttura produttiva distributiva degli ultimi due decenni hanno radicalmente modificato il mercato degli approvvigionamenti e della distribuzione, nonché la tipologia dei prodotti consumati in primis nel sistema moda ed alimentare. È indubbio come, per decenni, la cooperazione di consumo, ed in particolare la Legler abbiano rappresentato un porto sicuro, un riferimento indiscutibile per le migliaia di famiglie socie dal punto di vista economico, finanziario e di promozione ed emancipazione sociale.

Questo non è un caso ma una caratteristica strutturale della forma cooperativa. La cooperazione è, infatti, tuttora l’unico sistema di organizzazione dell’economia che unisce esigenze d’impresa e tensione ideale dei lavoratori e dei fruitori. Se consideriamo i primi, per esempio, non esiste un altro sistema, almeno in Italia, ove questi abbiano tali potenzialità e prerogative. Anche se i nostri padri costituenti avevano previsto tali prerogative, ciò non si è tradotto in realtà. Diversi parlamentari ci hanno provato, tra cui il nostro concittadino Savino Pezzotta, senza mai riuscire a sfondare il muro ideologico costruito a sbarramento di tale opportunità. La recente legge sull’impresa sociale testé approvata riprende questo impegno e dovremo essere all’altezza dell’opportunità offerta.

Il modello oggi imperante, al contrario, produce grandi patrimoni nelle mani di pochi; esattamente l’opposto del modello cooperativo. Ed è a questo modello che si deve in gran parte la crisi profonda di una storia come quella della Legler. Oggi resistono sul nostro territorio poche cooperative di consumo: la Cfl di Treviglio, la cooperativa di Ardesio unitamente ad alcune altre minori; hanno potuto resistere grazie alla straordinaria passione di alcuni loro grandi dirigenti. La Legler, sia per dimensione che per radicamento aveva sin qui dato la speranza che, per quanto il vento del mercato di consumo profit spirasse violento, sarebbe stata in grado di resistere.

L’apertura della procedura concorsuale lascia certamente sconcertati i soci, i clienti ma direi l’intero mondo del lavoro e della cooperazione bergamasca. Ma da questo stupore e forse anche rabbia per il rischio insito di perdere questo riferimento, i risparmi i posti di lavoro, si deve saper reagire. In primo luogo lo dovranno fare i dirigenti e, con loro, i soci della cooperativa; credo che l’intero sistema Bergamo (istituzioni, imprese fornitrici, la cooperazione tutta) debba mettersi a disposizione per dare forza al tentativo di salvataggio e di rilancio che andrà messo in cantiere. Certo chi più ha responsabilità delle scelte dovrà essere in grado di far fronte alla storia della cooperativa e agli impegni assunti predisponendo non solo il piano di salvataggio ma anche il futuro rilancio. Senza rilancio infatti verrebbero a disperdersi energie, posti di lavoro, risparmi delle famiglie socie.

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