Equità sociale
un dovere civile

All’ospedale Loreto Mare di Napoli le indagini sono durate oltre due anni. Gli indagati sono 94 e gli arrestati 55. Il responsabile dell’Ufficio rilevazioni presenze assenze invece di andare in ufficio faceva lo chef in un ristorante. Nel recente passato a Nola, un comune del napoletano, 63 dipendenti pubblici sono stati denunciati per assenteismo, di fatto un terzo dell’organico. Nel 2010, 35 dipendenti del comune di Barcellona, in provincia di Messina, sono stati arrestati per assenteismo perché colti in flagrante . Dopo cinque anni è arrivata puntuale la prescrizione.

Tutti liberi e il Comune, costituitosi parte civile, ha dovuto pagare le spese processuali. E si potrebbe andare avanti. Secondo i dati dell’Inps gli assenti nell’impiego pubblico sono il doppio che in quello privato. Nel distretto socio sanitario di Agrigento si registrano 334 disabili, numero record in Italia. Nella stessa provincia vi è il più alto numero di permessi per familiari degli invalidi, cioè di persone distaccate dal lavoro per effetto della Legge 104, nell’intera Sicilia le cronache registrano 3.682 casi di disabilità gravissima nel 2015 a fronte di 2203 del 2014, quasi il doppio. La Lombardia versa il 20% delle entrate fiscali nazionali, la Sicilia circa il 2% ma per la spesa sociale il Mezzogiorno d’Italia paga cinquanta e riceve cento.

La solidarietà sociale e territoriale va bene, ma a condizione che non diventi truffa e quindi si trasformi in un sistema per accampare diritti dei quali non si ha titolarità. Il buonismo nel tempo ha trasformato lo Stato sociale in Stato assistenziale creando un elemento non di giustizia sociale, ma di ineguaglianza, perchè l’inganno fa premio sulla buona fede del cittadino contribuente. Si è lasciato perdere il dovere morale di un civismo moderno per dar spazio al diritto alla commiserazione per chi è considerato più sfortunato. La lingua certifica questo equivoco ed ancor oggi chi non si presenta al posto di lavoro e fa scorrere sulla banda magnetica il tesserino da un collega connivente non è chiamato con il suo nome e cioè truffatore, ma semplicemente furbetto, come se rubare allo Stato fosse un atto di furbizia e di sveltezza riservato ai pronti di mente.

Un gioco che può reggere finchè la parte più progredita del Paese è in grado di farsi carico dei costi finanziari del disservizio . Ma da quando la crisi economica ha costretto il governo a stringere sull’evasione fiscale anche al contribuente onesto è diventato più difficile guardare con occhio condiscendente alle distrazioni della finanza pubblica. Colpisce la pervasività del fenomeno. In due anni di indagini a Napoli non vi è stato un solo atto di denuncia dell’assenteismo di massa. Ma dov’ erano i pazienti, i loro familiari, e quel mondo sociale che gira intorno all’istituzione sanitaria che presidia il territorio? E tutti i medici che garantiscono certificati fasulli sull’inidoneità al lavoro dei loro assistiti? In breve, dov’è quella società civile che dovrebbe essere il guardiano dell’equità sociale e del rispetto della legge uguale per tutti?

In un terreno disgregato come il Sud, dove un pregiudicato dell’ndrangheta ha un seguito di 19 mila follower su Facebook all’insegna di «Onore e dignità», la legalità rischia di diventare una parola vuota. Dopo più di 150 anni di tentativi falliti non resta che il vincolo europeo. Coloro che si oppongono al malaffare ci sono: ieri davanti al Loreto Mare erano in molti a chiedere legalità, ma vanno sostenuti con politiche non inclini al buonismo.Ci vuole la certezza della pena. Solo il rispetto delle regole garantite dall’appartenenza all’Unione Europea dà solidità ad un Paese fragile.

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