Europa federale o confederale

Sull’evoluzione politica del progetto europeo esiste da tempo una netta contrapposizione tra i fautori di un «ordine federale» e i sostenitori di un «ordine confederale». Si tratta di differenze sostanziali, dai più sottaciute, che coinvolgono soprattutto il «principio di sovranità». La «federazione» è uno Stato formato da un gruppo di Stati che acquisisce poteri sia su ciascuno di essi, sia sui rispettivi cittadini.

La «Confederazione», viceversa, non dà luogo ad uno Stato definito, in quanto chi vi aderisce, prendendo parte al «Consiglio europeo», mantiene la propria autonoma sovranità e gode del diritto di veto su ogni decisione. I governi attualmente sostenitori dell’ordine federale - in particolare quelli di Germania, Francia, Italia e Spagna - hanno come punto di riferimento le idee di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi espresse nel famoso Manifesto di Ventotene. Costoro avevano immaginato un’Unione europea autonoma, federale e sovrana, dotata di specifiche competenze, in particolare nei campi della difesa, della politica estera, monetaria e fiscale che avrebbero dovuto essere gestite unitariamente nell’interesse dei Paesi membri. Auspicavano che lo Stato Federale si dotasse d’istituzioni democratiche, con un Parlamento capace di rappresentare sia il popolo della Federazione nel suo insieme, sia i singoli Stati membri, che sarebbero tuttavia dovuti restare pienamente sovrani nelle restanti competenze. In questa direzione si sono espressi più volte Mario Draghi ed Emmanuel Macron, entrambi oggi impossibilitati a svolgere un ruolo incisivo.

Assai diversa è la posizione dei sostenitori dell’ordine confederale, che sono riuniti nel «Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei», presieduto dal 2020 da Giorgia Meloni, al quale prendono parte i «partiti sovranisti» di molti Paesi europei e nel quale hanno particolare peso il leader ungherese Viktor Orban e quello polacco Mateuusz Morawiecki. Questi si rifanno all’idea «intergovernativo-confederale», che ha avuto come principale ispiratore Charles De Gaulle, che prevedeva la costituzione di un organismo centrale europeo, privo di una propria autonomia, al quale i vari Stati potessero demandare volta per volta il compito di affrontare questioni di comune interesse, mantenendo il diritto di veto su ogni decisione.

La condizione giuridica in cui si trova oggi l’Europa si caratterizza per alcuni aspetti di tipo confederale (diritto di veto, metodo intergovernativo, prevalenza del Consiglio europeo) e altri di tipo federale (Parlamento europeo eletto dal popolo, moneta unica, Corte di giustizia). A tale situazione si è pervenuti dopo la fondazione della Comunità europea (1957), seguendo il metodo «funzionalista» teorizzato da Jean Monnet, il quale riteneva che un progetto tanto ambizioso come quello federale dovesse essere realizzato compiendo «piccoli passi», per evitare la contrapposizione degli Stati più avanzati come Germania, Francia e Inghilterra. Secondo Monnet, la strada per raggiungere un’unità politica di tipo federale non poteva che essere quella di partire dalla costruzione di un’unione economica, per poi procedere a successive fasi che portassero alla «cessione graduale di fette di sovranità» da parte delle varie nazioni. È opinione di molti che proprio l’affermazione di questo metodo prudente abbia salvato il progetto europeo dal fallimento. Oggi è del tutto evidente, però, che occorra scegliere con estrema chiarezza e in tempi brevi quale strada perseguire.

Su questo aspetto il futuro primo ministro Giorgia Meloni non si è ancora espresso. Nelle ultime settimane elettorali ha dichiarato ferma adesione al Patto Atlantico e alla Nato e si è espressa chiaramente contro l’invasione russa dell’Ucraina. Ha anche espresso la propria fede europeista preannunciando, tuttavia, di essere intenzionata a «battere i pugni sul tavolo» per difendere meglio gli interessi dell’Italia. Non si sa questo a cosa voglia preludere. Quello che si sa è che, almeno per ora, non si è mai espressa su temi molto importanti come quelli di rendere strutturale il debito europeo e di costituire un esercito e una politica estera e fiscale europea. Sono tutti aspetti questi di cui da qualche tempo si parla e che aprirebbero definitivamente la strada ad un «Ordine federale europeo». Se seguisse questa strada, dalla quale al momento appare assai lontana, sarebbe in perfetta sintonia con quanto a suo tempo sosteneva Ernesto Rossi: «Federazione è l’arrosto; Confederazione è solo il fumo dell’arrosto».

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