Ancora femminicidi
La legge non basta

Quella dei femminicidi è una violenza senza fine: solo nelle ultime ore se ne sono registrati cinque. A Montepulciano, in provincia di Siena, una donna di 45 anni è stata accoltellata dal compagno da cui si stava separando. Nel Casertano un uomo di 61 anni ha sparato in piazza in pieno petto alla sua compagna di 49 che intendeva lasciarlo. Una donna di 81 anni a Roma è stata soffocata con un sacchetto nel sonno dal marito che poi si è lasciato cadere dal quinto piano. Potremmo andare per pagine e pagine per illustrare questa mattanza che gira intorno a un solo punto fermo: la donna. Per il resto si tratta di un fenomeno che potenzialmente coinvolge tutte, senza differenze di sesso, età, estrazione sociale, professione, origine e quant’altro. I giornali sono diventati molto più sensibili a questo tragico fenomeno che ha avuto un’escalation negli ultimi anni.

Ma non basta. Ormai è un bollettino di guerra che vede da una parte le vittime dall’altra i carnefici: mariti, compagni, fidanzati, in alcuni casi semplici amici. Riconoscere che siamo in emergenza è il primo passo per affrontare il problema. Le leggi non sono sufficienti ad arginare il fenomeno. Nell’agosto 2013 il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.Anche se avevamo abolito il cosiddetto delitto d’onore solo nel 1981 il governo ha emanato il decreto 93/2013 che aggrava con specifiche aggravanti l’omicidio contro il coniuge o il convivente.

Ma la legge non basta. Anche perché molto spesso l’assassino si suicida e poco gli importa della pena per il delitto di sangue commesso. Da inizio anno ci sono stati oltre 100 femminicidi, uno ogni tre giorni. Ormai sono un terzo di tutti quelli commessi in un anno. Il 70 per cento avvengono in famiglia. La causa è solitamente quella dell’abbandono o del minacciato abbandono. «L’abbandono è un tarlo», dicono gli psicanalisti che hanno studiato i casi di femminicidio.

Non si accetta l’idea. E infatti la molla della violenza scatta a pochi mesi dalla separazione, alle prime udienze, quando l’ex coniuge scopre che lei ha una nuova vita, ma a volte può bastare l’annuncio di un’intenzione per far scattare il tarlo che porterà alla violenza.

Da un lato sempre più donne maturano il coraggio per abbandonare una relazione, dall’altra i loro uomini scambiano l’amore per il possesso. Il femminicidio spesso è solo l’ultimo stadio di un’escalation. E questo accende un faro sulla prevenzione. Per questo il problema è anche culturale e sociale: le associazioni di difesa delle donne da sempre insistono su questo punto: gli strumenti legislativi si sono rafforzati ma il problema è culturale e di educazione familiare.

Bisognerebbe rafforzare i centri antiviolenza e i servizi sociosanitari e assistenziali. Senza dimenticare che per la natura di queste tragedie ci sono altre vittime indirette: i figli. L’associazione «Differenza donna» ha calcolato che dal 2000 ad oggi i figli rimasti orfani per effetto di queste tragedie sono 1.628 e che nel 2016 se ne sono registrati 118 in più rispetto al 2015.

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