I pendolari lombardi
Il tunnel senza uscita

Giulio Andreotti diceva che i pazzi si distinguono in due tipi: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di risanare le Ferrovie dello Stato. Ad anni sette dal varo ufficiale di Trenord è chiaro che la massima va benissimo anche per quelle lombarde: il sistema ferroviario regionale è finito in un tunnel del quale non si vede l’uscita. Cominciamo col dare qualche dato: sono 735 mila i viaggiatori che ogni giorno sono a bordo dei treni lombardi, e già il numero (il più elevato del Paese) imporrebbe quel minimo di rispetto.

Negli anni di Trenord (dati Pendolaria) sono cresciuti del 13,1%: bene, ma non benissimo, considerato che l’obiettivo dichiarato era il milione di passeggeri per il 2015. Come dire che ci sono ancora importanti margini di crescita. Ma gli ultimi mesi sono stati tutti da dimenticare: guasti, ritardi e soppressioni ogni giorno. E se in una prima fase sono stati addebitati agli effetti della tragedia di Pioltello (che ha aggiunto pure la paura ai disagi quotidiani), col passare dei giorni è apparso chiaro come i disservizi siano strutturali: il sistema non regge. « Manca personale» attaccano i sindacati: «Abbiamo assunto 303 persone e sono previste 150 nuove assunzioni l’anno per i prossimi anni» replica Trenord. In mezzo i pendolari che contano ormai una dozzina di treni soppressi o in ritardo al giorno, sulle sole tratte bergamasche: oltre 20 negli ultimi 2 giorni, intollerabile.

Usciamo per un attimo dal fuoco incrociato e concentriamoci sulla sola cosa sicura: così non si può andare avanti. In Trenord c’è parecchio da rivedere, in primis i complessi rapporti tra i soci, Gruppo Fnm (LeNord, ovvero la Regione) e Trenitalia, ma anche sul ruolo del Pirellone c’è da fare una riflessione. Anzi, sui ruoli, considerato che gioca su due fronti insieme: affida il servizio e nello stesso tempo lo gestisce con una società che la vede al 50%. Parafrasando Giovenale, «chi sorveglierà i sorveglianti stessi?». Ma soprattutto, i sorveglianti sorvegliano? E ancora, è normale continuare con l’affidamento diretto senza gara chiudendo così le porte a possibili partner stranieri anche solo su singole tratte? Domande che viaggiano da anni sui binari lombardi: le risposte, purtroppo, sono in ritardo anche loro.

Attenzione, non è vero che la Lombardia non stia investendo sui treni, e lo conferma proprio Legambiente , mai tenera in materia: «Dal 2007 ad oggi sono entrati in servizio 189 nuovi treni, di cui 19 solo tra fine 2016 ed il 2017. In totale Regione e Trenord tra il 2001 e il 2018 hanno acquisito 196 treni, di cui 189 sono già in servizio, 2 arriveranno entro gennaio e 5 nel 2020. Si segnala inoltre il nuovo piano di rinnovo della flotta che ha previsto l’acquisto di 161 treni complessivi finanziati dalla Regione con il nuovo “programma straordinario” del 2017 (totale 1,6 miliardi di euro, di cui circa il 10% statali e il resto regionali). Questi treni entreranno in servizio tra il 2020 e il 2025». E l’orizzonte temporale rimane quello, perché per avere un treno nuovo servono almeno 3 anni: la richiesta è tanta e il mercato (mondiale) si muove intorno a 4-5 aziende. Il problema, semmai, è che gli investimenti delle Regioni continuano ad essere orientati più verso strade e autostrade che non ferrovie.

Ma nel caso della Lombardia esiste anche un problema di governance ed è il nodo più grosso che dovrà sciogliere la nuova Giunta di Attilio Fontana nei rapporti con la complessa e variegata galassia delle Ferrovie dello Stato: «Voglio capire se c’è un progetto di sviluppo nella regione, un piano industriale a dieci anni per recuperare il gap tecnologico e strutturale. Se non ci fosse dobbiamo rivedere la governance. Farci restituire la rete regionale e investire direttamente» ha dichiarato il neogovernatore. Ma appare oggettivamente difficile che Rfi sganci le reti, meglio semmai fare chiarezza su come garantire un servizio degno di tal nome ai 735mila pendolari lombardi, oggettivamente stanchi di dover subire ogni giorno puntuali (purtroppo quelli sì) disagi. Affrontare i temi delle gare, anche delle tariffe se necessario, della sicurezza e della qualità: smetterla cioè con guerre e sgambetti interni e uscire dal binario morto.

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