Il clima che cambia
è la sfida più grande

Lo scioglimento di un ghiacciaio non è solo un fenomeno estetico, un colpo alla bellezza del tipico ambiente di montagna con la neve e gli sciatori: è, soprattutto, l’ennesima conseguenza del riscaldamento globale e del cambiamento climatico in atto. La vedretta del Trobio, nota come il ghiacciaio del Gleno, sta sparendo a vista d’occhio, come dimostra il confronto con le fotografie scattate nel Novecento: è destinata a sparire al massimo in una decina d’anni, se le temperature resteranno, com’è prevedibile, superiori alla media.

Del resto, il nuovo catasto dei ghiacciai italiani, uscito nel 2015, descrive al riguardo una situazione tutt’altro che rosea: sulle Alpi la superficie totale è diminuita negli ultimi cinquant’anni di circa un terzo. Alcuni grandi ghiacciai si sono talmente rimpiccioliti che si sono divisi in più parti: la massa totale è in forte calo. Il fatto che quest’anno abbia nevicato scarsamente ha creato altri problemi. Stiamo perdendo, in poco tempo, il più grande serbatoio d’acqua dolce: l’eredità delle ere glaciali.

I satelliti Nasa hanno documentato il minimo di ghiacci mai registrato sulla calotta polare artica. Questo genera un effetto a catena: la superficie del mare, più scura, assorbe l’energia solare, contribuendo ad aumentare le temperature. L’aumento del livello degli oceani colpirà le coste di tutto il mondo. È colpa dell’uomo: le emissioni di gas serra, provocate dai combustibili fossili, causano il surriscaldamento climatico. Proprio i ghiacciai sono considerati dai climatologi i termometri della temperatura media globale.

Il grido più forte viene da Papa Francesco: ha saputo dar voce all’intera famiglia umana richiamando, nell’enciclica «Laudato si’», l’urgenza di intervenire. «I cambiamenti climatici – ha scritto – sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità». Il Papa ci avverte che gli impatti più pesanti ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo, con il tragico aumento di migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale.

Anche nella Bergamasca, purtroppo, non si capisce che la ricchezza del territorio è legata alle disponibilità idriche: non si dà peso al consumo di acqua. Troppi sono gli sprechi in ogni settore, dall’agricoltura allo sperpero assurdo del prato all’inglese nei giardini delle nostre case. Il cambiamento climatico avrà conseguenze d’ogni genere. La trasformazione del regime delle piogge, meno frequenti e diluite, ma più rare e alluvionali, costringerà ad allontanare gli edifici dai corsi d’acqua, perché le piene, come le frane, saranno più consuete.

L’agricoltura dovrà sostituire le coltivazioni nelle zone dove per certe specie fa ormai troppo caldo. Di conseguenza, saremo costretti anche a cambiare le abitudini alimentari. L’industria dovrà incrementare la riconversione ecologica. Arriveranno nuove malattie: ci sono patologie tipiche delle temperature tropicali che stanno già avanzando verso Nord, per esempio la febbre del Nilo. Spariranno alcune specie animali e ne arriveranno altre, in particolare nuovi e più aggressivi insetti: già ora, in molte parti d’Italia, le mosche rovinano il raccolto delle olive. Gli scienziati, poi, temono il risveglio di virus preistorici, che credevamo estinti decine di migliaia di anni fa.

È Papa Francesco a ricordarci come intervenire per salvare il pianeta, a partire dalla sostituzione, progressiva e senza indugio, della tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti, con le energie rinnovabili. Non c’è alternativa. Intanto, nei territori, si può partire da misure semplici. In Arizona è stato calcolato che, dipingendo di bianco tutti i tetti e usando asfalti più chiari, l’aumento delle temperature si dimezzerà. Il verde abbatte in modo incredibile il caldo nelle grandi città: più foglie e meno condizionatori significano maggior frescura e aria più pulita.

Mentre si aspetta che la politica nazionale o mondiale si decida a raggiungere risultati concreti e a rispettare gli accordi sul clima, l’azione locale può avere un incisivo valore di esempio. Ancora una volta ci esorta il Papa: «È molto quello che si può fare!».

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