Il metodo Mattarella
La lettera una svolta

«Parlare a nuora, perché suocera intenda». Il proverbiale motto popolare può aiutare a descrivere il criterio con il quale, fino a ieri, il presidente della Repubblica si era mosso nei riguardi del governo. In questi mesi - profondamente tormentati sotto il profilo politico e pesantemente ammorbati da sguaiataggini continue delle forze politiche che il voto del 4 marzo ha portato alla guida del Paese – il presidente Mattarella ha usato la sua moral suasion, evitando prudentemente di intervenire pubblicamente in modo diretto nei confronti dell’esecutivo.

Egli ha utilizzato accuratamente le occasioni più propizie per fare riferimento ai problemi emergenti, sempre di fronte a platee e uditori diversi dal Governo. Una scelta molto saggia. Non era difficile accorgersi a chi si riferisse di volta in volta il capo dello Stato, il quale ha ripetutamente utilizzato le sue prerogative istituzionali, suggerendo, ammonendo e spronando. Nei fatti è stato come il pilota di una nave di scorta ad un convoglio in difficoltà in mezzo al mare. Pronto e deciso a indicare la rotta, attento nel contempo a non dare l’impressione di volersi sostituire a chi aveva il comando del battello carico di persone e, fuor di metafora, di gravi e incombenti problemi. Impassibile anche di fronte a repliche del tutto fuori misura, nelle quali – basti pensare al caso della nave Diciotti - si è distinto per mancanza di stile il ministro dell’Interno.

Nel delicato momento politico del Paese il metodo adoperato da Mattarella era l’unico in grado di non provocare uno scontro frontale tra i massimi poteri costituzionali. Occorre, quindi, rinnovare il plauso alla sagacia e duttilità politica con le quali il presidente della Repubblica, da un lato, ha saputo evitare lacerazioni politico-istituzionali che sarebbero potute diventare irrimediabili; dall’altro, ha fatto sentire il peso della presenza di un soggetto istituzionale al quale la Costituzione affida il ruolo di garante dell’unità nazionale. E ognuno coglie quanto – in tempi di degrado del dialogo pubblico e di fronte alla tendenza dilagante di cercare lo scontro – il compito di garante abbia costituito un argine invalicabile al delinearsi di scenari molto preoccupanti per l’ordinamento democratico.

La lettera inviata ieri dal capo dello Stato al presidente del Consiglio rappresenta, nel contesto dei rapporti tra presidenza della Repubblica e Governo - una decisa svolta. Si tratta di un segnale estremamente forte, nonostante la consueta misura e l’asciutto rigore delle parole del comunicato diramato dagli uffici del Colle. Nel messaggio si ricorda che il capo dello Stato, in base alle sue prerogative istituzionali, ha autorizzato la presentazione alle Camere del disegno di legge sul bilancio 2019 approvato dal Consiglio dei ministri. Una premessa alla quale fanno seguito valutazioni di indiscutibile peso politico. Mattarella, nel ricordare il «comune intento di tutelare gli interessi fondamentali dell’Italia», sottolinea l’obiettivo di una legge di bilancio «che ponga l’Italia al riparo dall’instabilità finanziaria». È questo il passaggio-chiave della lettera, che suona come un preciso monito al Governo: richiamando il rispetto costituzionale dei vincoli di bilancio e le valutazioni fatte dalla Commissione europea, sottolinea come sia suo «dovere sollecitare il Governo a sviluppare – anche nel corso dell’esame parlamentare - il confronto e un dialogo costruttivo con le istituzioni europee».

Come si vede, il capo dello Stato stavolta ha scelto di parlare direttamente alla suocera. E ha fatto benissimo, a costo che le sue parole creino qualche disturbo uditivo o forme di labirintite. Ma non è più tempo di mostrarsi sordi o far finta di non aver capito.

© RIPRODUZIONE RISERVATA