Il risiko dei cieli, il futuro di Orio
e le urne di Milano

Dove eravamo rimasti nel Risiko dei cieli? Con lo spauracchio di Montichiari pronto per l’ennesima volta a prendere il volo, forte di tutte le sue peculiarità storiche: in primis le infinite possibilità di sviluppo, poi l’elevata infrastrutturazione (più potenziale che reale, considerato che il raccordo diretto con Brebemi non c’è ancora, né tanto meno l’alta velocità ferroviaria) e soprattutto l’alleanza del Nordest sull’asse Verona-Venezia. Cioè, Venezia, più Verona a rimorchio, pronte a fare dello scalo bresciano un hub delle merci e a scippare Dhl ad Orio.

E ancora, la trasformazione in società per azioni di Ubi Banca, principale azionista pubblico di Sacbo, con il peso dei bresciani destinato quindi a salire esponenzialmente, al punto da far temere per gli equilibri tra aeroporti. Come è finita? Che in effetti Venezia ha deciso di investire sulle merci, ma in casa propria: potenziando cioè le strutture del «Marco Polo» con tanti saluti a Montichiari che assomiglia sempre di più alla celebre bella di Siviglia, quelli che tutti vogliono, ma che alla fine nessuno si piglia. Soprattutto alle condizioni dei bresciani… Ma la verità è un’altra, anche in questo caso è stato il mercato a decidere, come sempre: nella fattispecie Dhl, che sta crescendo in modo esponenziale e ha bisogno di prospettive certe. Quindi, considerando i limiti fisici e ambientali (oggettivi) di Orio, Montichiari poteva essere interessante solo (e solamente) se la partita la guidava Sacbo con tutto il suo know-how, diversamente meglio puntare altrove. Da qui l’annuncio dal quartier generale di Lipsia di qualche mese fa: la base dei tedeschi diventerà Malpensa, Orio verrà ridimensionato (ma non abbandonato) e ci saranno leggeri potenziamenti a Fiumicino e, appunto, Venezia. Il resto non interessa. Tanto meno Montichiari. Dove nel frattempo il traffico merci sta già calando.

Sullo sfondo, l’intervento (apparentemente maldestro…) del signore dei cieli, quel Vito Riggio, presidente dell’Enac, che non ha mancato di sollevare qualche perplessità sulle trattative tra Sacbo e la milanese Sea per la società unica, invitando la prima a guardare semmai a Montichiari. In verità una cosa non esclude l’altra, ma ora come ora la priorità per Sacbo rimane chiudere l’operazione Milano, rinviata a dopo le elezioni per decidere il successore di Giuliano Pisapia. Se vincerà Giuseppe Sala, non ci dovrebbero essere problemi nel cammino della fusione, se invece ad avere la meglio fosse Stefano Parisi, qualche incertezza potrebbe esserci nel punto d’arrivo dell’operazione, quella quotazione in Borsa che pare sollevare dubbi nel centrodestra milanese, preoccupato di perdere il controllo di Palazzo Marino in Sea.

A proposito di Palazzo Marino: il nuovo presidente del Consiglio di gestione di Ubi Banca è Letizia Moratti che, tra le tante cose, ha fatto pure il sindaco di Milano. E la vicenda Sea-Sacbo la conosce non bene, ma benissimo: fu proprio durante il suo quinquennio che si provò un primo tentativo di matrimonio, non andato a buon fine. Considerato che Ubi è appunto il socio bergamasco (in valore assoluto lo è Sea) più «pesante» di Sacbo, la nomina ha un suo risvolto comunque interessante. Ad urne milanesi chiuse sarà tutto più chiaro: se il matrimonio s’ha da fare sarà entro fine anno, per sbarcare poi in Borsa nei primi mesi del 2017. Se non si farà, i cieli del Risiko del Nord torneranno a farsi agitati. Molto.

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