La mossa di Salvini
Altre ipotesi sul tavolo

Ora che anche Elisabetta Alberti Casellati ha esaurito il suo mandato con appena «qualche spunto» da offrire a Mattarella, si aspetta di capire cosa farà lunedì il Capo dello Stato. Gli «spunti» della presidente del Senato, posto che fossero qualcosa di solido, si sono sicuramente polverizzati nel fuoco delle polemiche di ieri. Il dissidio tra Berlusconi e Salvini infatti è tornato fortissimo: il Cavaliere non ha perso l’ennesima occasione per attaccare i grillini con cui il suo alleato vorrebbe costruire una maggioranza e un governo.

Anzi ieri in Molise Berlusconi è stato ancora più aspro del solito e non ha nascosto la sua opinione su Di Maio e soci che secondo lui sarebbero «un pericolo per la democrazia». È logico che Salvini si sia risentito, anche se è lui il primo a sapere che uno come il Cavaliere non può certo accettare che i grillini, che lui considera meno di niente, mettano il veto su di lui personalmente e sul suo partito. Né c’è da stupirsi che ad Arcore sia stato considerato come un insulto quella mezza mediazione che prevedeva l’appoggio esterno di Forza Italia (e Fratelli d’Italia) ad un governo di Lega e Cinque Stelle. «O dentro dentro, o fuori fuori» è la linea ufficiale, e finora non ci si è spostati di un millimetro, qualunque cosa pensi Salvini. Tant’è che Berlusconi è tornato a parlare di dialogo con il Pd, o almeno con alcuni democratici disponibili.

Il risultato a questo punto è che Salvini è come tra i due fuochi: tra l’alleato e l’alleato (forse) di domani. Forse è per questo che, stupendo tutti compreso il Quirinale, ha detto di essere pronto ad accettare l’incarico: «Ci provo io, vediamo se riesco a trovare la soluzione». Curioso, perché finora il capo leghista aveva visto l’incarico «al buio» come una trappola mortale e sospettava senza dirlo che qualcuno ve lo volesse spingere proprio per bruciarlo (e non è difficile immaginare a chi pensasse). Invece ora il giovane Matteo dice: «Sono pronto». Sarà interessante notare se Mattarella raccoglierà questa disponibilità che secondo alcuni servirebbe a forzare la strada delle elezioni anticipate. È comunque un’ipotesi al pari dell’altra che ha tenuto campo fin qui: quella di una seconda esplorazione, questa volta affidata al presidente della Camera Fico senza i paletti messi alla Casellati che si poteva muovere solo sull’ipotesi di un governo di grillini e centrodestra. Fico dovrebbe cioè sondare tutti i partiti, compreso il Pd, per verificarne la disponibilità. Allo stato delle cose, e guardando al dibattito interno ai democratici, anche questo tentativo dovrebbe risolversi in nulla: forse «in qualche spunto», ma non di più.

Se anche il presidente della Camera dovesse fallire, il Capo dello Stato avrebbe di fronte a sé l’unica e ultima strada percorribile: incaricare una personalità di alto profilo e di sua fiducia di formare un governo tecnico-istituzionale che andrebbe di fronte alle Camere per chiedere il più vasto consenso possibile ad un programma limitato a pochi punti emergenziali. Già si fa il nome del professor Sabino Cassese, ex presidente della Corte Costituzionale e uomo di vastissima esperienza, come possibile candidato ad un ruolo tanto ingrato. Dovrebbe riuscire a navigare fino al marzo 2019 quando si terranno le elezioni europee, per vedere se a quel punto si potrà formare un qualche equilibrio politico. Ma sono ancora ipotesi. Per il momento aspettiamo lunedì. O, meglio ancora, aspettiamo di vedere chi vince le elezioni in Molise. Per quanto sia una piccola regione, è pur sempre un test elettorale e chissà che non smuova qualcosa.

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