L’assedio delle auto
e i treni imperdibili

Se una città di medie dimensioni come Bergamo subisce l’assedio quotidiano di 100mila veicoli c’è davvero da preoccuparsi. Se poi 3 su 4 accolgono solo una persona, la situazione rischia di diventare completamente fuori controllo. A questo eccesso di mobilità privata va data risposta nel solo modo razionalmente possibile: investendo su quella pubblica.

Può sembrare un controsenso visto i chiari di luna del trasporto pubblico locale, ma altre soluzioni non ce ne sono, a meno che non ci rassegniamo all’assedio. Poi ci si può consolare con il fatto che la pressione sul centro pare calata, ma i numeri restano allarmanti. Il problema alla fine è quello di sempre: quando si parla di mobilità si torna a dividersi tra guelfi e ghibellini, tra fautori del mezzo privato e pasdaran di quello pubblico. Uno scontro che ha caratterizzato tutte le campagne elettorali da metà anni ’90 in qua, senza risultati alcuni. Partiamo da un assunto: il tema è troppo complesso per essere affrontato solo su un piano ideologico e senza risposte differenziate. Perché c’è chi può benissimo muoversi con i mezzi pubblici e chi invece non ha alternative a quello privato: sono esigenze entrambe meritevoli della massima attenzione e che devono trovare un punto di sintesi.

Impossibile pensare di impedire l’accesso in città ai mezzi privati, più ragionevole circoscriverlo ai casi necessari: per tutto il resto ci dovrebbe essere il pubblico. E qui la questione si fa davvero delicata, persino per una realtà come Atb che (criticata quanto si vuole) copre il 50% dei costi con i biglietti: un dato europeo, considerando che il valore minimo fissato dalla legge 422 è del 35%. Ma non basta per resistere ai colpi di mannaia che da anni si stanno abbattendo sul Tpl a livello nazionale, senza distinzione di governo o colore politico. E qui va fatto un inciso territoriale: se Atb, per fare fronte a questi tagli continui, ha più volte ridefinito (nel bene e nel male) il sistema delle linee introdotto nel 2004, lo stesso non è avvenuto su scala provinciale. E se oggi ci sono forti criticità, le ragioni vanno forse anche ricercate in una certa qual inerzia su un tema così delicato da richiedere decisioni forti. E quindi impopolari.

Ma torniamo ai dati del capoluogo e allarghiamo l’orizzonte. Lo si dice da sempre, ma mai come questa volta la situazione è palese: continuare a ragionare entro i confini urbani non porta a nulla. Qui è la politica che deve avere uno scatto d’orgoglio, superando una volte per tutte gli ostacoli che hanno fatto naufragare i vari tentativi, dalla Grande Bergamo in poi. Già mancano gli strumenti amministrativi adeguati, ci manca solo che il territorio si faccia male da sé. Perché mai come ora è necessaria una visione comune su temi di grande scala come la mobilità, cominciando dall’individuare quelle opere che servono davvero a migliorare la situazione di tutti, e non solo a scaricare i problemi sul vicino di casa.

In tal senso, i dati evidenziano come il 22,7% del traffico arrivi da Est (direttrice Seriate) e il 12,7 dal lato opposto (Ponte San Pietro): è il tracciato della linea ferroviaria tra Montello e Terno, quella da raddoppiare e trasformare in servizio metropolitano. Forse l’opera in grado di dare davvero una svolta alla mobilità bergamasca, considerando che un terzo dei veicoli che entra nel capoluogo arriva da questo asse. Le Ferrovie sembrano ben disposte e la Regione è pronta a fare la sua parte: così ad occhio le condizioni sembrano irripetibili, il classico treno che passa una volta sola. Vediamo di non perderlo, perché i numeri fanno riflettere: sul versante della mobilità su ferro, negli ultimi 15 anni la Bergamasca ha portato a casa solo il raddoppio della Bergamo-Treviglio e la linea T1 del tram. Decisamente poco per un territorio profondamente cambiato, dove su un capoluogo di poco meno di 120 mila abitanti preme un hinterland 2 volte più grande. E 100 mila auto ogni giorno

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