Le nuove paure
del ceto medio

Le crescenti diseguaglianze e l’aumento delle povertà, che caratterizzano oggi quasi tutte le economie occidentali, evidenziano alcuni limiti strutturali del modello di sviluppo capitalistico. Tali limiti furono messi in evidenza da economisti di tutto il mondo che, dopo la caduta del muro di Berlino, si interrogarono sul futuro del capitalismo. Molti si dichiararono convinti che alla fine del comunismo sarebbe seguita la crisi del capitalismo, se i governi occidentali non si fossero adoperati per contrastare disuguaglianze e povertà. La sconfitta del sistema comunista fu attribuita soprattutto all’incapacità di quel sistema di creare la ricchezza necessaria per realizzare l’obbiettivo primario di una sua equa distribuzione. D’altro canto, la vittoria del sistema capitalistico fu ricondotta principalmente alla sua straordinaria capacità di creare ricchezza.

Fin da allora, però, si evidenziò che l’applicazione delle regole del mercato avrebbe provocato diseguaglianze e povertà, in assenza di interventi correttivi da parte degli Stati. Questi interventi dovevano consistere in politiche fiscali redistributive e in politiche di Welfare di aiuto al ceto medio e, soprattutto, alle classi più deboli. Purtroppo, queste raccomandazioni sono state in gran parte disattese per l’incapacità di molti governi di razionalizzare e qualificare la spesa pubblica e, negli ultimi anni, per la pesante crisi che ha fortemente limitato la crescita dell’economia reale e, conseguentemente, del Pil.

Sta di fatto che oggi ci troviamo di fronte ad una sempre maggiore concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, ad un progressivo impoverimento del ceto medio e ad un aumento preoccupante delle condizioni di estrema povertà. Ad aggravare questa situazione si sono aggiunti negli ultimi anni due fenomeni di straordinaria portata, come l’immigrazione di massa e il terrorismo di matrice religiosa. Questi fenomeni alimentano aspre contrapposizioni politiche e offrono spazi di affermazione a movimenti populisti, xenofobi e di estrema destra che rischiano di mettere in crisi gli equilibri democratici raggiunti a fatica in Europa dopo due tremende guerre mondiali. Ad alimentare il grave fenomeno dell’emigrazione di massa da alcuni Paesi africani e del Medio Oriente sono le condizioni di estrema povertà di quei Paesi, le cruenti guerre civili e il terrorismo di matrice religiosa. Questi spostamenti d’intere popolazioni, che rischiano di assumere aspetti ancor più dirompenti nei prossimi anni, trovano molti Paesi occidentali in grande difficoltà nell’offrire adeguata accoglienza. Ne consegue un clima di profonda tensione, aggravato negli ultimi tempi da un diffuso senso d’insicurezza originato dai sempre più frequenti attacchi stragistici portati dal terrorismo islamico.

Ad alimentarlo sono forze politiche e religiose estremistiche, che si propongono di annientare la civiltà occidentale assieme ai suoi valori fondamentali: la libertà, la democrazia, lo stato di diritto, l’economia di mercato. Il terrorismo esprime la volontà di ottenere questo risultato nel modo più spietato, distruttivo e violento, senza il minimo rispetto per la vita. Preoccupa, peraltro, che dietro questo disegno criminoso vi sia il sostegno economico di élites di governo di alcuni Paesi arabi che, allo stesso tempo, sono i principali investitori nelle imprese delle nazioni occidentali più avanzate.

Ci troviamo di fronte ad una vera e propria nuova guerra mondiale non dichiarata, che ha il principale obiettivo di creare instabilità, alimentando contrasti e diffuse ribellioni nei confronti delle classi dirigenti in vari Paesi europei. Rispetto a tutto ciò, non basta al mondo occidentale riscoprire i propri sensi di colpa. Da questi sensi di colpa bisogna ripartire, evitando egoismi, lacerazioni e divisioni e rilanciando il progetto europeo, perché l’Europa è il principale obiettivo di questa guerra. È tempo, quindi, che una nuova Europa si faccia carico d’iniziative incisive per lo sviluppo economico e sociale dell’intera area e, soprattutto, di un decisivo passo avanti sul piano politico, realizzando un sistema di difesa comune ed una politica estera unitaria. Solo perseguendo questi obiettivi sarà possibile far fronte alla drammatica situazione che stiamo vivendo.

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