L’Italia del vecchi?
Peggio la Germania

L’Italia e la Germania hanno le società più vecchie d’Europa, e quindi del mondo assieme al Giappone. Ogni cento giovani vi sono 151,4 anziani. In Germania sono 160. In prospettiva una società siffatta è destinata ad estinguersi. Non tanto per il rapporto statistico quanto per l’inevitabile tendenza a piegarsi su se stessa. Cosa interessa ad un anziano in termini di priorità? Un centro di ricerca che produce i suoi risultati in decenni, oppure un’assistenza domiciliare agli anziani, una sanità che guardi alla cura e sposti la sua attenzione sulla lunga degenza?

Di certo entrambe, ma se mancano i mezzi e si deve scegliere è fatale che l’accento cada sul presente. È una società in cui gli orizzonti si restringono e il domani è una ipotesi, non una certezza. Del resto coloro che decidono le elezioni sono gli over 50 e i partiti guardano a loro. I sindacati stanno ancora in piedi perchè possono possono contare sul bacino di utenza dei pensionati. Basta andare nella sede di un sindacato per vedere fisicamente rappresentato il fenomeno.

E tuttavia se dovessimo fare un confronto tra i due Paesi che simboleggiano la tendenza all’invecchiamento, chi può ancora vantare una possibilità per uscire dal vuoto a perdere della decadenza, direi che l’Italia ha più carte della Germania. Se guardiamo al presente non vi è partita: il nostro Paese in questo momento condensa tutti i guai che assediano il vecchio continente mentre a Berlino sembrano abitare tutti i pregi. Ma è proprio la crisi che attanaglia che induce al meglio. Con il benessere che sembrava regnare al tempo in cui «tutti i ristoranti erano pieni» e il debito cresceva non vi era segno di mutamento. Berlusconi si era presentato come l’uomo della rivoluzione liberale ma è naufragato nell’immobilismo di una società vecchia che sta bene e non vuol cambiare. Solo l’emergenza ha costretto l’elettorato a scegliere i giovani. Solo chi dispone di energie nuove ha qualcosa da offrire al Paese in crisi di fiducia. Renzi dispensa speranza dall’alto dei suoi 39 anni. Ed è il motivo per il quale gli economisti di Morgan Stanley, banca che per mestiere investe e guarda quindi lontano, punta sulla terremotata e corrotta Italia.

La Germania le riforme le ha fatte dieci anni fa e il successo di questi ultimi tempi ha diffuso la convinzione che il sistema funziona e non c’è bisogno di altre spinte. Risultato: il costo del lavoro sta crescendo perchè gli addetti vogliono partecipare al banchetto dei profitti e quindi chiedono salari maggiori. Sul piano sociale questo vuol dire introdurre il salario minimo che è rigidità in più per le aziende, e vuol dire pensioni. In Germania, mentre ovunque ormai si parla di alzare l’età pensionabile, il discorso cade invece sull’abbassamento da 67 a 65. Insomma il peso degli anziani ha il sopravvento e le aspettative puntano più sulla soddisfazione del presente che sulla competitività del futuro.

Del resto gli Stati Uniti, che della crisi erano l’epicentro, ne stanno uscendo proprio perchè il dinamismo sociale induce all’azione e non alla rassegnazione. Certo vi sono ineguaglianze che gli europei contestano, ma solo chi si muove e intraprende ha certezze. Il futuro è bello perchè offre opportunità e se vi sono possibilità di riuscita ha senso pensare ai figli. Si tratta di affrontare una sfida, non una sinecura. È questo il vantaggio del modello americano, non cerca giustizia sociale ma affermazione individuale. Ed è ciò di cui ha bisogno l’Europa per uscire dalla tentazione della rendita. L’ideale dell’anziano è appunto questo ed è giusto che sia così. Ma guai ad estenderlo alla società.

© RIPRODUZIONE RISERVATA