L’opposizione
dei numeri

Prima l’attacco al presidente dell’Inps Boeri, poi l’assedio al ministro Tria sul risiko delle nomine, che preparano il rinnovo di caselle cruciali per l’economia, confermano una sensazione diffusa: l’assenza delle opposizioni. Con più precisione: la difficoltà, o la volontà non ben mirata, a contestare una maggioranza dall’esordio non felice. Il governo a triplice sovranità – Lega, Cinquestelle, tecnici – è un costo, come possono testimoniare il premier Conte e il ministro Tria. Ma disperde l’efficacia delle opposizioni che, a discrezionalità selettiva, possono apprezzare o criticare singoli provvedimenti degli uni o degli altri. Il carattere ibrido del governo che spazia da destra a sinistra ha un effetto spiazzante, e talvolta ambiguo, sulla dialettica maggioranza-opposizioni. Il Pd ha stabilito che il suo principale avversario è la Lega, ma analoga chiarezza non è trasferita sui grillini: vanno contrastati o sono da soccorrere, da redimere in quanto fratelli separati?

I dem corrono il rischio di essere ininfluenti, benché le stiano provando tutte: assemblea nazionale, nuovi vertici provvisori, sguardo sulle periferie. Tuttavia, la voce è flebile, i ragionamenti deboli e spesso confinati alla piccola cucina domestica. In questo contesto, e nel dibattito sotto traccia sul tipo di rapporti da tenere con i Cinquestelle, può essere letta l’idea del sindaco Gori di invitare Boeri e non Di Maio alla prossima Festa dell’Unità a Ravenna. Un cinguettio estivo o qualcosa di più, in un partito dai precari equilibri? L’utilizzo della sponda dell’economista milanese può essere un contributo alla riflessione: il presidente dell’Inps è sornione ma tosto, è di area, fino a ieri ha interloquito con i grillini sul ricalcolo dei vitalizi agli ex parlamentari, non ha avuto problemi a polemizzare con Renzi, mentre la stessa Cgil ne ha criticato l’attivismo politico. Il profilo, insomma, di un arruolabile nella stagione del lutto.

Pur ricordando, tuttavia, che il Pd dei tanti generali e della poca truppa è già affollato da vecchi protagonismi delusi e da nuovi attivismi (Calenda) e che da sempre alle Feste di partito si invitano, anche dall’opposizione, esponenti del governo e competitori. Forza Italia, da parte sua, è imbarazzata: non può non condividere alcune decisioni della Lega (flat tax), ma deve pur sempre ricordarsi che Salvini è l’alleato indispensabile sul territorio, anche se in marcia con il bottino elettorale. Il vice premier gioca su tre forni: il governo con i grillini, le amministrazioni locali con Fi, l’Europa con i sovranisti. Berlusconi non parla, ha altri problemi e l’apprezzabile arrivo di Tajani non restituisce il modello vincente degli anni d’oro. Le opposizioni mancano soprattutto sul principio ispiratore del contratto di governo, come s’è visto nella vicenda Boeri e Cassa depositi e prestiti: i due soci contraenti colmano l’inesperienza del rodaggio replicando le prassi inveterate delle trascorse élites che avevano finora messo sotto accusa, costruendo il proprio consenso. In breve: il governo del cambiamento, che ha fatto dell’estraneità al potere la propria ragione sociale, non può sfuggire alla logica del potere chiamato pure ad espellere l’autonomia dei tecnici. Niente di scandaloso, purché si eviti di parlare di cambiamento. In assenza di una credibile alternativa politica, rimane il primato dell’opposizione dei numeri che hanno la testa dura: non più la seduzione della percezione della realtà, ma la sovranità della realtà stessa. I numeri, per esempio, di Boeri sulla stretta ai contratti a tempo determinato. E quelli di Tria, tecnico puro che infatti si rivolge al premier e non ai due vice, il garante dei conti pubblici sui mercati e in Europa. Il bonario professore considerato un corpo estraneo, la traiettoria di un economista prestato al sovranismo giunta quasi alla rottura nei giorni scorsi. Opposizione interna, dunque, nelle istituzioni e nell’amministrazione. Oppure affidata alle singole personalità, ai corpi intermedi: vedi il ritrovato smalto di Confindustria (statalismo, non c’è visione industriale) e forse la stessa Cgil in via di contrordine causa il ritorno dei voucher. Supplenze necessarie, senza dimenticare che lo spread è sempre in agguato e aspettando il secondo tempo, quello della legge di bilancio. Quando l’alieno Tria, che sta con i piedi per terra, dovrà ricordare una cosa sgradita ma che Salvini e Di Maio sanno: con il nostro debito pubblico e con la ripresa rallentata, il piatto forte e discusso del governo (reddito di cittadinanza, flat tax e revisione della legge Fornero) andrà restituito alla dura realtà.

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