Meno bimbi
segno del declino

Siamo messi peggio dei gorilla. «Siamo» chi? E in che senso peggio dei gorilla? I gorilla sono collocati dagli studiosi al livello di «pericolo critico», il penultimo prima del rischio di estinzione. Gli italiani sono in una situazione analoga o forse addirittura peggiore. La battuta l’ha fatta il professor Andrea Lenzi, presidente della società italiana di endocrinologia. Il professore ha presentato un piano, insieme con il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, per far fronte alla situazione. In effetti nel 2013 sono nati 508 mila bambini, 64 mila in meno rispetto al 2008. È come averne «perso» ogni anno 12 mila.

Da notare che nei neonati sono compresi i figli degli extracomunitari, generalmente più prolifici degli italiani. La prospettiva è inevitabile: se la situazione continua così, è sicuro che la «gente italica» andrà in minoranza e poi, a lungo andare, sparirà. Resta solo di stabilire quando.

Non sono però soltanto le cifre a parlare. Ci sono anche degli inquietanti dati medici. Lo stesso rapporto, dice che, in 50 anni, il numero degli spermatozoi nel maschio italiano si è dimezzato. Diverse patologie, poi, disturbano sia i maschi che le donne, patologie diverse fra di loro e presenti in diverse fasi della vita.

Questo nel rapporto Lenzi-Lorenzin. Ma il rapporto arriva in una opinione pubblica surriscaldata dalla discussione sui matrimoni omosessuali, dopo il risultato del referendum irlandese. Quest’ultimo avvenimento ha contribuito in maniera determinante a spostare la discussione sull’omosessualità dal piano dell’antropologia a quello della morale, dalla domanda sul chi è l’uomo a quella del che cosa fare. E questa ha quasi completamente oscurato quella. Ormai l’enfasi è una sola direzione: bisogna capire e accettare l’omosessuale. Tutti d’accordo.

Ma nessuno si chiede: questo che cosa comporta? Non è detto, infatti, che tutti gli atteggiamenti ritenuti buoni abbiano conseguenze soltanto buone. Ora, tra le tante conseguenze dell’accettazione dell’omosessualità, ne va ricordata una: le coppie omosessuali hanno molte più difficoltà a generare. Non potendo generare di loro, devono ricorrere a uteri in affido, a inseminazioni eterologhe e così via. Le difficoltà culturali, morali, si assommano a quelle banalmente fisiologiche. È probabilmente cattivo gusto parlarne, proprio perché non ne parla nessuno, ma ci sono. Sono i problemi di fertilità e infertilità che si legano a quelli denunciati dal rapporto Lenzi-Lorenzin.

Di fronte a una situazione generale di questo tipo, Louis Ferdinand Céline, scrittore giustamente «maledetto», ma visionario e intuitivo la sua parte, direbbe che si sta andando «di corsa verso la catastrofe». Non solo si va verso la fine, ma si benedicono i motivi per andarci, almeno alcuni motivi e non i meno importanti. La conseguenza è che non solo si va verso la fine ma ci si va di corsa. Da aggiungere che, in genere, è anche proibito dirlo e chi lo dice rischia il linciaggio (per informazioni rivolgersi al card. Parolin, reo di aver parlato di «sconfitta dell’umanità» dopo i risultati irlandesi: ha dovuto far fronte a una specie di lapidazione morale).

Naturalmente, nel mio piccolo, piccolissimo, non vorrei rischiare anch’io una lapidazione. Mi pare di dover sussurrare semplicemente che, accanto al ripensamento morale dell’omosessualità, ci deve essere un ritorno del ripensamento del suo significato d’insieme per l’uomo e la donna. Dopo aver dimenticato l’antropologia per fare posto alla morale, bisogna rifare il tragitto inverso.

A meno che ci si voglia accodare al parere di quel mio amico, il quale, scanzonatamente, ama ripetere una considerazione che può essere riassunta più o meno così. «Per non complicarci la vita, restiamo in Lombardia, dice l’amico. È esagerato dire che la Lombardia è già sparita parecchie volte? I Celti, poi i Galli, poi i Romani, poi gli Ostrogoti, poi i Longobardi... Se ci è andata bene siamo figli illegittimi di qualche lanzichenecco, o di qualche francese del ’500 o di qualche spagnolo del ’600. Spariremo un’altra volta». È una battuta, scanzonata, appunto, di un amico scanzonato. Ma è proprio solo una battuta?

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