Nomine e riforma
Alla sanità sale la febbre

A non più di dieci giorni dalla nomina dei nuovi direttori generali della sanità lombarda e a meno di venti dall’entrata in vigore della riforma che «rivoluzionerà» l’assistenza socio-sanitaria in Lombardia, l’intero mondo che ruota attorno a questi temi è in totale fibrillazione.

Le due scadenze non sono di poco conto, e non soltanto per gli addetti ai lavori, ma anche - e soprattutto - per tutti noi, che abbiamo bisogno di buoni ospedali e di adeguati servizi di presa in carico di ogni «fragilità» su tutto il territorio. Fin qui, il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, è stato abile, riuscendo a tenere insieme la propria coalizione «lusingandola» con lo storico obbiettivo di riformare la «31», la legge fondante il Servizio sanitario regionale varata l’11 luglio del 1997, e a cui la politica lombarda ha cercato di mettere mano più volte nel corso degli ultimi anni senza tuttavia riuscirci.

A Maroni va il merito di avercela fatta? Forse, a patto che prima si risponda a un’altra domanda: era davvero così necessario riformare radicalmente la «31» oppure bastava un onesto «maquillage», ritoccando qua e là e perfezionando un sistema che resta comunque uno tra i migliori del mondo? Ma il dado è tratto e questa riforma - che cancella le Asl tramutandole in Agenzie di tutela della salute e «allarga» gli ospedali, trasformandoli in Aziende socio sanitarie territoriali e affibbiando loro ruoli e organizzazioni mai ricoperti prima - va applicata. Va da sé che le capacità di chi sarà chiamato a dirigere questa o quella Ats, questa o quella Asst, decreteranno il successo o meno della nuova riforma.

Ecco perché - per Maroni, ma non solo - le «scadenze» di questi giorni sono sfide che non si possono perdere.E anche qui l’astuzia politica del governatore ha messo a segno un colpo da par suo. Pure lui (come tutti) «stanco» della politica, Maroni ha «raccolto» l’invito della sinistra a puntare sulla meritocrazia e ha messo a punto una prova psicoattitudinale (preparata dalla società Telexi) per selezionare i cento miglior dirigenti tra cui scegliere i quaranta che dovranno guidare i nuovi vertici della sanità lombarda. Il risultato del quizzone svoltosi il 5 dicembre è un vero capolavoro, visto che praticamente due su tre dei 49 manager attualmente in carica sono stati bocciati: con una mano Maroni ha scelto i più preparati, con l’altra - senza colpo ferire - si è tolto di dosso una lunga lista di manager che la politica (per appartenenze, per interessi, per scambi di favore, per quel che si vuole...) doveva continuare a sopportare, ma che il buon senso (e la prova dei fatti) non poteva tollerare oltre.

È pur vero che - per legge - chi non ha passato il test può comunque essere nominato ai vertici di una Ats o di una Asst, ma con che faccia Regione Lombardia lo presenterebbe come il «meglio del meglio»? Una pietra tombale sui mediocri sembrerebbe dunque essere stata messa, ma da qui a dire che la politica ha fatto un passo indietro nelle nomine dei manager ce ne passa: crederci è lecito, dubitarne, altrettanto. Perché é pur vero che Maroni deve affidarsi ai più bravi stretto dalla necessità di far bella figura a tutti i costi, ma è altrettanto vero che nelle biblioteche dei partiti il «Cencelli» continua a essere il manuale più consultato.

E mai come questa volta le scelte di Maroni avranno significative ripercussioni su Bergamo, che oggi più che mai ha bisogno di manager preparati e fortemente motivati per rilanciare i propri ospedali e favorirne l’integrazione con il territorio. Dei cinque su cui pare si baserà il rinnovamento della sanità lombarda - Marco Trivelli (Niguarda di Milano), Giuseppe Rossi (Polo ospedaliero di Lodi), Enzo Belleri (Civili di Brescia), Carlo Nicora (Papa Giovanni di Bergamo) e Mara Azzi (Asl di Bergamo) - due lavorano attualmente nella nostra città. Resteranno? Resteranno tutti e due? Se ne andranno? E se si, chi verrà al loro posto? Le grandi manovre (quelle vere) sono cominciate da poche ore e si concluderanno, via via sempre più frenetiche, poco prima della mezzanotte del 23 dicembre.

Molto dipende da Maroni e molto dipende dalla Lega. Carlo Nicora - manager ineccepibile - è in quota a Forza Italia versante Cl. Non fa mistero di voler restare a Bergamo, ma pare che negli ultimi mesi si sia fatto sostenere anche dalla Sinistra locale, la qual cosa potrebbe aver irritato l’ala leghista che - per dispetto - potrebbe chiederne il trasferimento. Di certo a Maroni potrebbe far comodo a Milano, dove il governatore ha scoperto sei strutture di grande peso (il Sacco-Fatebenefratelli, il San Paolo, l’Istituto Tumori, il Policlinico, il Besta e la stessa Ats). Il giudizio del test - «idoneo per una Asst metropolitana o un Irccs» - potrebbe forse già dire qualcosa.

Ma chi mettere al suo posto? Pur attraversando un momento di grazia, la Lega non sembrerebbe volerne approfittare, tanto che anziché puntare sulla «combinata» Asst Papa Giovanni (Azzi?) e Ats, sembra preferisca la nuova Asst di Seriate (dove mandare la Azzi - il risultato del test la indica «coerente» con questo ruolo) e la Asst di Treviglio (dove al posto di Ercole - respinto al test - potrebbe arrivare Francesco Locati, già direttore sociale dell’Asl di Bergamo oggi a Varese). Una scelta legittima, ma certo di retroguardia perché fra tre anni (quando presumibilmente scadranno i nuovi dg) le condizioni politiche potrebbero essere diverse. Anche la Azzi, stimatissima da Maroni, farebbe molto comodo a Milano, e nel caso se ne andasse, sostituirla sarebbe un bel problema. Da Milano (Pio Albergo Trivulzio) potrebbe rientrare Claudio Sileo, già direttore sanitario dell’Asl, o, da Varese, lo stesso Locati. Stando così le cose, la nuova Ats potrebbe essere affidata a un uomo di Angelo Capelli (Ncd), il consigliere regionale che con Fabio Rizzi ha scritto la legge di riforma. Potrebbe essere Massimo Giupponi (già direttore sociale dell’Asl di Bergamo oggi a Lecco, un tempo in quota a Cl), ma siamo ancora nel campo delle ipotesi.

E al Papa Giovanni? Se Nicora dovesse andarsene, potrebbe tornare Marco Salmoiraghi, già direttore sanitario dei «Riuniti», oggi all’Areu (emergenza-urgenza). Ai test si è piazzato bene, ma Nicora non resterà a guardare. E un outsider è sempre dietro l’angolo.

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