Per gli enti pubblici
scatta la riforma green

Non si potrà più dire «carta canta», ma pazienza, va bene lo stesso, avremo comunque «le carte in regola» per poter procedere nei nostri diritti e nelle nostre incombenze amministrative. Da oggi scatta il piano di adeguamento informatico della pubblica amministrazione per la produzione dei documenti originali in formato digitale. Il che non significa che non vedremo più un foglietto in giro, perché il cambiamento sarà «soft», lento e graduale, in modo da consentire agli uffici in ritardo di adeguarsi e rimandare la scadenza prevista.

I tempi indicati dal decreto legislativo del governo prevedono infatti una certa elasticità e un’entrata a regime variabile rispetto alla data fatidica del 12 agosto. A tutto questo va aggiunto che la rivoluzione è già partita, poiché molti uffici appartenenti agli enti statali, locali e ad altri dipartimenti si sono già adeguati, dall’anagrafe ai catasti, per non parlare delle Poste. Però è chiaro che è un giorno storico per la pubblica amministrazione: il 12 agosto è un «epoch making», siamo entrati in un’altra era, quella digitalizzata.

I benefici di questa nuova era immateriale non saranno soltanto un risparmio di tempo (se proprio non si è un bradipo della tastiera ci vuole molto di più a compilare un atto con la penna che con un personal computer), ma soprattutto in termini di denaro e di rispetto dell’ambiente.

Il risparmio calcolato – tra fatture, certificati medici, fascicoli e altri documenti di varia natura prodotti – è di un miliardo e 935 mila fogli all’anno, che se impilati formerebbero una colonna alta 812 chilometri (da Bergamo a Napoli), pesante 870 mila tonnellate, pari a una foresta di due milioni di alberi alti 15 metri. Ci sarebbero diecimila tonnellate di anidride carbonica in meno.

Se passiamo al bilancio economico, in tutto fanno 3,2 miliardi di euro risparmiati, una cifra stellare che potrebbe essere impiegata dallo Stato in molti modi: dall’occupazione al Welfare, dall’ambiente al contenimento del debito pubblico.

È molto probabile che cambierà anche il panorama «ambientale» dei luoghi della pubblica amministrazione, sostanzialmente risalente ai tempi di Kafka: immaginatevi gli uffici senza fax, moduli da compilare con la biro (perché se scompare la carta, scompariranno anche le penne, quelle legate con lo spago o la catenella tipiche degli uffici statali o comunali), pesanti armadi o archivi carichi di faldoni, cartelle, dossier e altre scartoffie. Si vedranno uffici asettici con scrivanie pulite e schermi del computer. Cambierà anche la musica: non sentiremo più il rumore del bollo apposto in calce del documento.

Una vera e propria rivoluzione che cambierà la vita dei cittadini e quella degli impiegati abituati a protocollare pedissequamente foglio su foglio ogni nuovo atto pervenuto all’amministrazione, a produrre fotocopie, a inviare fax, per poi catalogare, smistare, archiviare.

Si entra in una nuova dimensione fatta di siti on line dove trovare modelli da compilare, applicazioni sullo smartphone, penne elettroniche, schermate, pen drive e persino «nuvole» digitali in cui immagazzinare l’immenso materiale «immateriale» prodotto dagli uffici pubblici, senza più limiti di spazio o di tempo, perché il cyberspazio è infinito.

«Una pubblica amministrazione dematerializzata – ha detto recentemente Carlo Mochi Sismondi, presidente del Forum della Pubblica Amministrazione – garantisce non solo una migliore reperibilità delle informazioni altrimenti perse in archivi in tutta Italia, ma anche un efficace monitoraggio di alcuni numeri chiave per l’economia pubblica». Paradossalmente, i pubblici uffici giocheranno necessariamente «a carte scoperte».

Ma certo, il risultato più importante, con l’aria che tira, al di là dei cambiamenti di metodo di lavoro e di costume, sarà certamente l’immenso risparmio che ne ricaveremo.

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