Quei ragazzi indifesi
e le insidie digitali

Spegniamoglieli, di notte, i cellulari. Magari, andando a scuola più riposati, saranno meno aggressivi e depressi. I dati sul cyberbullismo allarmano e la Lombardia punta a una legge condivisa che contrasti il fenomeno. Colpisce gli adulti il cyberbullismo tinto di sesso, ma è altrettanto grave quello che attacca ogni tipo di «minoranza» che esca dallo standard vincente fissato da quel particolare gruppo. L’illusoria vicinanza della rete sostituisce la fatica del contatto personale. Ma è ciò che si cerca, nel bene e nel male. Dieci anni fa li piazzavamo davanti ai cartoni.

Adesso nel passeggino gli passiamo in automatico lo smartphone, sonaglio tecnologico. Appena camminano, fan da sè. La scuola spinge sul digitale. Il mercato spinge sul digitale. Cos’altro devono usare per esprimersi, se dalla nascita conoscono questo? Anche per insultarsi, anche per ferire, anche per vendicarsi? Certo. I loro fratelli e sorelle maggiori, quando simpatizzano con qualcuno, non escono a due per conoscersi e saggiare il terreno, perché potrebbero essere catturati e messi in rete, bollati prematuramente come coppia e messi alla berlina.

Discrezione l’è morta, come la privacy. Aggiungi la sparizione dell’allenamento alla fisicità che dà il gioco di gruppo giocato da bambini: vero, libero. Dell’allenamento sociale dei litigi senza madri o nonne al seguito. Dell’apprendimento delle regole di convivenza nei rapporti fra pari; il venir meno dei doveri del fratello maggiore perché non c’è una sorella minore. Ora, quando arrivano la tempesta (ormonale) perfetta, lo smarrimento della preadolescenza, guai a scuola o in famiglia, il canale di sfogo non può che essere cyber. E tanti saluti alle sagge riflessioni sulla risonanza, la ridondanza, la moltiplicazione del danno. L’istinto di distruzione non regolato dal confronto con la realtà fisica si espande senza confini.

E il genitore si stacca per un momento dal suo smart e sbigottito constata che il bambino è diventato un energumeno. Ma subito controlla in Google e tira un respiro di sollievo perché , siccome in rete si trova di tutto, trova anche l’assicurazione che non è di sicuro colpa di suo figlio. Un così bravo ragazzino. Tutto suo padre/madre.Non stupisce che le vittime del bullismo a distanza siano in maggior numero le femmine, tendenzialmente più individualiste, meno capaci di proteggersi col gruppo e più affamate di relazioni personali. Basta uno scostamento dal modello del branco per diventare il bersaglio ideale: isolato e disorientato. Sparano i maschi, ma anche le altre femmine. Nel desiderio di farsi accettare si compiono imprudenze che la rete fa pagar care. E poi ci si odia fino all’anoressia, alla depressione, al suicidio. E gli altri? Le paludi del conformismo cominciano presto: piuttosto che diventare vittima, meglio stare con la maggioranza.

Una legge sul cyberbullismo serve come segnale agli adolescenti, ma è in fondo un cerotto su una piaga sporca. Tranquillizza gli adulti che non sanno come gestire la faccenda, ma non guarisce la ferita sociale di una generazione che va riportata a poche cose autentiche, a poter gustare relazioni umane e affettive proporzionate, a emozioni che derivino da esperienze concrete. Quindi? L’uso della rete è ormai parte dell’educazione affettiva familiare. Come in tutte le educazioni, non si assorbono le dichiarazioni, ma i vissuti.

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