Ripresa debole
se l’edilizia non riparte

Dall’inizio dell’anno molti indicatori economici segnalano la fine della recessione economica, ma anche una ripresa ancora molto debole dell’attività economica. A gennaio il tasso di disoccupazione è sceso al 12,6%, tornando sullo stesso livello di dodici mesi prima. Il governatore della Banca d’Italia Visco, dopo gli interventi della Bce, si dice abbastanza ottimista sulla crescita dei Paesi dell’area euro e sostiene che l’Italia su riforme e Jobs act «ha mosso passi importanti nella giusta direzione nel mercato del lavoro».

Una conferma di ciò è giunta nei giorni scorsi dal Presidente dell’Inps Tito Boeri, secondo il quale nei primi venti giorni di febbraio «ben 76 mila imprese hanno fatto richiesta di decontribuzione per assunzioni a tempo indeterminato, come previsto dalla legge di Stabilità». Peraltro, prima che dalle statistiche, flebili sintomi di ripresa dei consumi emergono dalla vita di tutti i giorni. Gli analisti della Associazione degli albergatori segnalano una lieve ma costante ripresa della presenza degli italiani negli alberghi. Nel settore degli alimentari, una analisi della Coop evidenzia un ritorno ai consumi di qualità. Ad esempio, i piatti preparati, come zuppe ed insalate, stanno crescendo del 10%, come anche del 20% è cresciuto il consumo di cappuccini e cornetti al bar. È stata registrata una crescita del 10% della domanda di finanziamenti delle famiglie legati al rinnovo dell’arredamento e, in parte, all’acquisto di auto. Quest’ultimo settore, che è uno di quelli tradizionalmente più osservati in macroeconomia, lo scorso febbraio ha registrato in Italia 134 mila immatricolazioni, il 13% in più dello stesso mese del precedente anno.

Negli ultimi giorni, infine, l’Istat ha rilevato un aumento dei contratti a tempo indeterminato, nei primi due mesi dell’anno, pari al 38% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Si tratta di 79.000 nuove assunzioni, che rappresentano un buon segnale ma, allo stesso tempo, una goccia d’acqua nel mare della disoccupazione giovanile. Proprio con riferimento al gravissimo problema della disoccupazione, in particolare a quella giovanile, sono molti oggi a ritenere indispensabili interventi del governo che siano in grado di sollecitare una crescita sostenuta. Perché ciò avvenga, questi interventi dovrebbero in particolar modo concentrarsi sul rilancio del settore dell’edilizia che, con il suo consistente indotto, ha sempre rappresentato un punto di forza e di traino della nostra economia. Si tratta, peraltro, di una attività che, diversamente da altre, non può essere delocalizzata e la cui crescita, traducendosi interamente in aumento dell’occupazione, può dare un importante e immediato contributo al superamento di questo problema.

La crisi del settore edile, che è stata drammatica negli ultimi cinque anni, ha comportato la chiusura di oltre 12000 imprese; un calo dei lavori che ha raggiunto il 51%, determinando la perdita di circa 500 mila occupati, un quarto del totale. I timidi segnali di ripresa degli ultimi mesi, che hanno prevalentemente riguardato la compravendita di immobili e l’aumento nella richieste di mutui casa, non avranno sviluppi significativi se non saranno sostenuti da interventi innovativi di politica industriale e da riforme strutturali che siano in grado di liberare risorse. Occorre partire dalla convinzione che c’è estremo bisogno non di espansione di attività edilizia, ma di riqualificazione urbana e di ristrutturazione urbanistica ed edilizia. Esistono, ovunque, interi quartieri mal costruiti, non provvisti di servizi essenziali, fuori normativa sotto l’aspetto strutturale o impiantistico, troppe volte assolutamente privi di qualsiasi dispositivo antisismico, con forti carenze negli isolamenti termici ed acustici. Un segnale interessante è che nel corso della crisi l’unico settore edilizio che ha evidenziato una crescita è proprio quello riguardante gli interventi di riqualificazione urbana (+17,2%). Non a caso a questo settore è stato destinato dalla UE - dal 2014 al 2020 - un programma di interventi finanziari, per complessivi 7 miliardi di euro, che impongono al Paese un piano di rilancio dell’efficienza energetica in grado di creare circa 600.000 posti di lavoro. Nella giusta direzione si muove anche l’intervento governativo per la riqualificazione dell’edilizia scolastica, anche se gli stanziamenti appaiono ancora molto limitati. Molto opportune sono, pure, le recenti norme che intervengono sulla riduzione dei costi e sullo snellimento procedurale nelle concessioni edilizie. Altri interventi, però, si rendono necessari sul piano della legislazione urbanistica e fiscale. In particolare, sul piano urbanistico occorrerebbe pensare a piani di edilizia economica e popolare per la riqualificazione e il recupero di quartieri periferici che risultano degradati e inidonei a consentire costruttive convivenze sociali. Sul piano fiscale andrebbero fortemente incentivati processi di riqualificazione, oltre che delle periferie, anche di numerosi antichi centri urbani, spesso quasi abbandonati, allo scopo di favorire un loro graduale ripopolamento.

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