Tasse sulla casa
Comodo bancomat

Ad aprile è cresciuto del 72% il numero delle domande di mutuo. Qualcosa si muove nel settore casa. Ma quel che rimane sulle spalle dei contribuenti è il carico delle imposte sugli immobili. L’Irpef si avvia alle scadenze del suo corso mortifero e già un nuovo salasso fiscale incombe all’orizzonte. L’Imu e la Tasi gravano sui proprietari di beni immobili, il che vuol dire sulla stragrande maggioranza dei cittadini. In Italia la casa è come la macchina, cioè di proprietà, e quindi per la mano pubblica un cespite sicuro.

Se lo Stato ha bisogno di nuove entrate, fa come con la benzina: aumenta le aliquote ed è sicuro di riempire le casse. In questo caso il beneficiario dei nuovi balzelli non è tanto il governo centrale quanto le istituzioni locali. Sono loro ad avere bisogno di liquidi perchè il Tesoro ha tagliato i finanziamenti. Con un’abile mossa si è reclamizzato un alleggerimento dei tributi per poi addossare ai Comuni la responsabilità di farsene carico. Morale: hanno tolto da una tasca per mettere il malloppo nell’altra. E preso dalla doppia mazzata il ceto medio traballa. Come fa a investire, se vede ridursi le entrate per effetto della crisi ed al contempo crescere il carico dei tributi!

Nel 2011 le imposte sul mattone erano di 32 miliardi; nel 2014, tre anni dopo, sono salite a 42 miliardi di euro. La cosa che colpisce è il costo del denaro: non è mai stato così basso nella storia d’Italia. Centocinquant’anni fa, nel 1861, era del 5%, adesso è calato al 3%. Un miracolo che solo le iniezioni di denaro della Bce hanno reso possibile. Eppure tutto è fermo o quasi. Ad aprile, annuncia Bankitalia, i prestiti al settore privato sono scesi dell’1,4 %. A dispetto di tutte le aspettative il rilancio dell’economia italiana non si vede all’orizzonte. Le imprese chiedono meno finanziamenti alle banche e, come le famiglie, stanno a guardare. Senza il segnale chiaro che lo Stato molla la presa e quindi offre margini di spesa per i consumatori, l’offerta Quantitative easing della Bce sino al 2016 andrà sprecata.

C’è un solo modo per il governo per rimettere in moto l’economia : rendere possibile una riduzione significativa delle imposte con un taglio alle spese improduttive. La riluttanza dei governi ad abbassare la spesa pubblica fa però capire che per i politici toccare quei fili significa rischiare di rimanere fulminati. Abbiamo avuto con l’esecutivo Monti la commissione tagli capitanata dall’economista Francesco Giavazzi, seguito da Cottarelli con il governo Letta; adesso Renzi ha incaricato i suoi uomini di fiducia guidati dall’economista Gutgeld, dal nome ebreo-tedesco che suona di buon auspicio perchè significa «buon denaro». Ma il risultato è il nulla. Per tagliare le spese parassitarie bisogna incidere ad esempio sui bilanci delle Regioni, che gestiscono i soldi (tantissimi) della sanità pubblica E quelli sono voti. Come sono voti le assunzioni clientelari soprattutto al Sud, per cui il politico ottiene consenso solo se promette posti e benefici. Chi per esempio va a toccare le migliaia di forestali della Sicilia e della Calabria quando la Lombardia ne ha più o meno 400?

Solo nel comune di Solarino, nove mila abitanti in provincia di Siracusa, i forestali sono 437. In tutta la regione Piemonte 406. Per nostra fortuna l’economia assistenzialista sta lasciando il passo a quella funzionale . Ma ci vuole tempo per assorbire i disoccupati che la razionalizzazione dei posti di lavoro pubblici provoca. Con le elezioni nel 2018, al governo restano al massimo 18 mesi per agire. Poi si entra nell’immancabile fibrillazione elettorale. Troppo pochi per un cambio radicale. Quindi niente illusioni, a tirare la carretta saranno sempre i soliti. Anzi, le solite casette.

© RIPRODUZIONE RISERVATA