Troppa distanza sulla Tav:
compromesso impossibile

Nel governo è cominciato il gioco del cerino. Chi si prenderà la responsabilità della rottura, Matteo Salvini o Luigi Di Maio? Le posizioni sulla Tav sono diventate troppo rigide, l’uno è fortissimamente per il no e l’altro è cocciutamente per il sì, e il momento della verità è davvero troppo vicino per trovare una soluzione in extremis. Lunedì prossimo la Telt – la società italo-francese incaricata di costruire l’infrastruttura ferroviaria - pubblicherà i bandi per appalti da 2,3 miliardi (ci vorrebbe un atto del Consiglio dei ministri per impedirlo) senza i quali l’Italia perderebbe i primi 300 milioni di finanziamento europeo, e quella sarà la cartina al tornasole della stabilità della maggioranza.

Se Di Maio, che ha già spinto Conte ad allinearsi alle posizioni del movimento, immaginava un weekend di lavoro per tentare di isolare la Lega e farla cedere anche sulla pubblicazione dei bandi, Salvini ha deciso di fare come spesso gli capita in circostanze simili: è volato a Milano. «Se ne riparla lunedì, vado da mio figlio» ha lasciato detto. E così per ora il cerino è rimasto in mano a Di Maio. Che ha accusato l’«alleato» di irresponsabilità e lo ha diffidato sulle conseguenze adombrando la possibilità che saltino la definitiva approvazione della legittima difesa, il voto dell’aula del Senato sul caso Diciotti, per non parlare dell’autonomia delle Regioni… Ma niente, il capo leghista è andato ugualmente all’aeroporto. Magari ha anche staccato i telefoni. Tant’è che uno stretto collaboratore del leader grillino, il sottosegretario Buffagni, si è lasciato andare ad uno sfogo coi giornalisti: «Voi chiedete se la crisi si potrebbe aprire? La crisi è già aperta».

Poi naturalmente ha rettificato. Ma la sostanza è proprio quella: i margini per arrivare ad un compromesso sono inesistenti per come si sono messe le cose, e tutto potrebbe precipitare se, dopo il consiglio di amministrazione della Telt, i grillini presentassero una mozione no Tav in Parlamento. A quel punto rimarrebbero isolati, la Lega voterebbe come il Pd e Forza Italia per mantenere gli impegni internazionali presi dall’Italia e la crisi sarebbe davvero conclamata.

Cosa può succedere dopo lo sanno solo gli aruspici, tuttavia non è del tutto infondato prevedere elezioni politiche anticipate già in maggio, insieme alle europee. Il problema è che Di Maio, stretto all’interno dalla corrente Fico-Di Battista, le affronterebbe con un Movimento in crisi verticale di consensi, mentre la Lega volerebbe sopra il 34% dei voti.

Dal Quirinale si guarda la scena ma non risulta che Mattarella, a differenza di quando si trattava di ottenere il sì della Commissione europea sulla legge di Bilancio, si sia mosso per aiutare la maggioranza a trovare una via d’uscita. È una questione tutta interna alla maggioranza e al governo e il Quirinale non intende interferire, almeno fino a quando non venissero messi in forse gli impegni presi dall’Italia in sede internazionale.

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