Tenaris, tagli e investimenti
A rischio 836 lavoratori

Anche la Tenaris Dalmine è colpita dalla crisi. Nella giornata di lunedì 28 settembre all'Unione industriale di Bergamo si è svolto un incontro tra la direzione aziendale e il coordinamento sindacale degli stabilimenti italiani del gruppo. Presentato il piano industriale 2010-2011, sono stati presentati i tagli che verranno fatti dall'azienda: «La chiusura dello stabilimento di Piombino - si legge in un comunicato dei sindacati -, un forte ridimensionamento delle attività produttive di Costa Volpino e un graduale disimpegno delle attività dello stabilimento Fapi di Dalmine. In più una pesante razionalizzazione e riorganizzazione degli organici per tutti gli altri siti produttivi, servizi e strutture impiegatizie».

Sui livelli occupazionali gli effetti di tale piano aziendale determineranno «allo stato attuale una riduzione complessiva di 1024 unità lavorative su 2814 attualmente in forza». Nello specifico si parla, nella Bergamasca, di 836 esuberi: 717 a Dalmine (ossia il 32,3% degli attuali 2218 dipendenti) e 119 a Costa Volpino su un totale di 247 lavoratori. Verrebbe addirittura chiuso poi il sito di Piombino in Toscana dove oggi si contano 124 dipendenti, mentre ammonterebbero a 64 gli esuberi ad Arcore, su un totale di 225 persone che vi lavorano, pari al 28,4% del totale dei dipendenti.

«Il coordinamento sindacale - continua il comunicato - valuta negativamente l'impatto occupazionale e dichiara 10 ore di sciopero in tutti gli stabilimenti del gruppo, in parte utilizzabili per effettuare le assemblee di informazione con i lavoratori». Nelle giornate dell'8, 15 e 19 ottobre sono stati calendarizzati i prossimi incontri.

Il piano industriale presentato dall'azienda parla anche degli investimenti, stimati dal gruppo in 114 milioni di euro nel 2010-2011 e finalizzati a un riposizionamento strategico che garantisca la continuità aziendale nel lungo termine. «Gli investimenti, concentrati sugli impianti strategici, sono destinati all’ampliamento delle gamme di prodotto per dimensioni e complessità tecnologica, alla razionalizzazione impiantistica delle linee di finitura-filettatura, al miglioramento di produttività ed efficienza - si legge in un comunicato dell'azienda -. Si dovrà quindi definire un riassetto organizzativo coerente con gli investimenti in macchinari e automazione, con le nuove modalità del lavoro, con la nuova gamma di prodotti e con i volumi di mercato previsti».

«I fattori che hanno determinato questo mutamento sono - spiega l'azienda - l’incremento esponenziale della concorrenza internazionale, causato dall’aumento di capacità produttiva a livello mondiale. La Cina ha accresciuto del 55% la sua capacità produttiva dal 2005 al 2009 e sta continuando ad investire in nuovi impianti: oggi la sua capacità è di 28 milioni di tonnellate di tubi senza saldatura l’anno, superiore al fabbisogno complessivo mondiale (pari a circa 27 milioni di tonnellate l’anno)». Senza contare il «ridimensionamento strutturale dell’attività di alcuni settori industriali destinatari di tubi senza saldatura, il progressivo ed irreversibile calo di economicità di alcune tipologie di produzioni standard e scarsamente differenziate (come ad esempio i tubi di piccolo diametro per applicazioni meccaniche, per il settore automotive, per la termica)».

«Le soluzioni organizzative - sottolinea l'azienda - saranno discusse con le rappresentanze sindacali, valutando congiuntamente la gestione di tutti gli strumenti a disposizione per minimizzare i riflessi sulle persone».

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