93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

#psicogeografie: come William Blake mi ha salvato la vita. Storia di un’intuizione e un percorso di analisi

Articolo. A volte segni che possono sembrare banali, se li sappiamo cogliere, portano a grandi cambiamenti nella nostra vita. La psicoterapia non ci cambia, ma ci fa diventare noi stessi; non ci evita la morte, ma ci rende più vivi

Lettura 4 min.
William Blake, Illustrazione a «The Grave» di Robert Blair, object 15 «The Reunion of the Soul & the Body» (wikicommons)

Ho sempre considerato le stazioni ferroviarie come il vero e proprio centro di una città. Spesso è lì che si arriva ed è da lì che si parte. Sono luoghi che riescono ad essere a un tempo centrali e periferici, in quanto liminali fra il centro urbano e l’altrove. Per questo, probabilmente, attirano persone e personaggi di vario tipo.

Nel periodo dell’università ho frequentato la stazione di Bergamo da pendolare, sfrecciando fra le pensiline degli autobus e i binari, non riuscendo a vedere e contattare, se non superficialmente, la realtà viva di quel luogo. In seguito, dopo la laurea, per molti anni ho lavorato come educatore sull’unità mobile per le dipendenze, un camper gestito dalla Cooperativa di Bessimo in collaborazione con il SerD di Bergamo, che opera un servizio di prossimità e di riduzione del danno per tossicodipendenti attivi. Questo mi ha portato a vedere ciò che comunemente viene definito «invisibile», un’umanità che spesso resta fuori dai radar. Più che invisibile, rimane nella visione periferica, ai margini della realtà comunemente percepita: dove lo sguardo non si posa volontariamente, se non di sfuggita.

In una trasfigurazione da “fantasy urbano”, questa dinamica è ben descritta in « Nessundove » di Neil Gaiman, in cui il protagonista si ritrova in una Londra parallela e sotterranea, invisibile alla superficie. Se la si guarda in profondità, insomma, ogni città rivela parti nascoste di sé.

Anche a distanza di anni, ricordo con affetto quel periodo, e sono sempre più convinto che quella popolazione, fatta di persone senza fissa dimora, dipendenti da sostanze, migranti, italiani e stranieri senza lavoro, persone con problematiche psichiatriche, rappresenti le fondamenta della nostra società. Senza queste persone e chi se ne prende cura, tutta la società crollerebbe.

Tuttavia, dopo anni di quel lavoro, stavo vivendo un momento di stasi, quasi di stagnazione e, con una laurea in psicologia, stavo decidendo a quale scuola di specializzazione in psicoterapia iscrivermi. Le candidate erano una scuola junghiana e una di analisi bioenergetica, un approccio corporeo con cui ero entrato in contatto grazie ai consigli una amica e collega e, indirettamente, tramite un libro di Valerio Evangelisti, « Il mistero dell’inquisitore Eymerich », dove uno dei diversi piani temporali in cui si svolge la trama è dedicato alla (complicata) vita di Wilhelm Reich, allievo di Freud e maestro di Alexander Lowen, creatore appunto dell’analisi bioenergetica. All’epoca ero molto intellettuale e introverso, e temevo superficialmente che l’approccio corporeo fosse troppo “ginnico” per me, quindi, per sciogliere le perplessità, stavo leggendo « Bioenergetica » di A. Lowen.

In quel periodo, da mesi, mi ronzava in testa un brano musicale, ma non riuscivo a ricordare da quale disco venisse. Era un riff di sintetizzatore e chitarra, almeno così risuonava nel mio cervello, ma non riuscivo a trovarlo nella mia collezione di cd, sebbene fossi sicuro venisse da qualcosa che avevo (eravamo in tempi precedenti allo streaming e ascoltavo poco la radio). Depeche Mode? L’ultimo dei Coil? No. Chi allora?
Finalmente, una notte, vengo svegliato alle 3 da un’illuminazione! Il riff era parte del primo brano di «Themes from William Blake’s The Marriage of Heaven and Hell» dei norvegesi Ulver!

Recupero il disco e lo metto nello stereo, e lo ascolto in dormiveglia. Eccolo, il riff che mi risuonava nelle orecchie da tempo! Lascio scorrere la musica, finché non arriva una sorpresa inaspettata: alla traccia 4, che corrisponde al capitolo «La voce del Diavolo» del capolavoro pre-romantico di William Blake, sento – espressi con le parole di uno dei miei poeti (e artisti) preferiti, su un tappeto sonoro fornito da una band che definirei metamorfica, da tanti stili ha cambiato negli anni – gli stessi concetti che stavo leggendo in Lowen: l’unità funzionale di corpo e mente, il concetto di energia e quello di piacere, e un superamento sia del moralismo con cui si sono scontrati a suo tempo Blake, ma anche Freud, Reich e Lowen (e numerosi artisti a me cari), oltre che di quell’intellettualismo che, da qualche parte in me, sentivo mi stava costringendo in confini autoimposti.

Questa è stata la scintilla che mi ha fatto muovere il passo finale e scegliere di iscrivermi alla specializzazione in analisi bioenergetica. Due mondi che pensavo essere incompatibili: la professione psicoterapeutica in generale e corporea in particolare, e tutto quel filone vagamente oscuro che va dal Romanticismo alla musica metal, passando per Decadentismo e letteratura gotica che tanto sollazzava le derive del mio intelletto, si trovavano estremamente affini nelle parole di Lowen e in una pagina di Blake.

A volte l’intuizione funziona così: una conoscenza che il pensiero non riesce a cogliere (avrei potuto passare anni a valutare vantaggi e svantaggi di quella scelta) può essere risolta in un lampo. Nel mio caso è stata la combinazione fra il suggerimento musicale insistente e pervasivo e l’intuizione notturna e onirica che mi ha portato al disco prima e a Blake poi. La cosa singolare è che il brano musicale che sentivo nelle orecchie non è stato quello rivelatore, ma è stato comunque quello più riconoscibile che mi ha portato alle parole che avevo bisogno di sentire. Mi è capitato altre volte che mi venisse voglia di ascoltare una canzone particolare e di trovare in un’altra canzone di quel disco dei suggerimenti utili!

Questo è ovviamente un esempio di come ha funzionato per me allora, date le mie passioni per certa musica e certa letteratura. I messaggi dal profondo della nostra psiche possono arrivare in vari modi inaspettati, attraverso i sogni o, appunto, le intuizioni, i proverbiali “lampi di genio”. Alcuni di questi messaggi riusciamo a comprenderli e a metterli bene a fuoco anche ad anni di distanza; da una prospettiva diversa e forse più distaccata è più facile capire il senso di quello che ci succede, a più livelli. Ci sono sogni la cui comprensione varia e si fa sempre più complessa e completa col passare del tempo.

Quello che mi è successo può essere visto inoltre come un esempio di quella che C. G. Jung definiva la funzione trascendente: mi sentivo struggere nella tensione fra due tendenze opposte, la stasi della mia situazione di allora e la mia introversione intellettuale da un lato, e la vitalità di una scelta fuori dalla mia zona di confort. La tensione che si crea nello stare fra due opposti apparentemente inconciliabili crea l’energia necessaria alla nascita del tertium non datur: il simbolo, l’unica cosa capace di tenere assieme gli opposti. Nel mio caso: «Il Matrimonio del Cielo e dell’Inferno» di William Blake che, già emblematico dal titolo, univa Mente e Corpo.

Anni dopo, ad ogni modo, ho seguito anche i corsi della scuola junghiana che era in lizza con la scuola bioenergetica. Un’esperienza bellissima e arricchente, che sono convinto di essermi goduto appieno anche grazie all’essermi prima riappropriato della vitalità del mio corpo. La psicoterapia a mediazione corporea mi ha aiutato ad aprirmi e ad essere di più me stesso. Anni di esperienza, personale e professionale, nella psicologia del profondo mi hanno reso manifesto che l’analisi non ci cambia, ma ci rende “di più” noi stessi, grazie al dialogo con i misteri che ci abitano a cui riusciamo a dare un Senso e, in analisi bioenergetica in particolare, allo scioglimento delle tensioni psico-corporee che indossiamo nostro malgrado, per esempio bloccando la respirazione. Lowen diceva che, se è ovvio che non respirando moriamo, dobbiamo riconoscere che respirando meno siamo meno vivi.

Per questo posso dire che la psicoterapia (e Blake) mi han salvato la vita: senza questi percorsi non sarei morto, ma sicuramente sarei molto meno vivo.

Approfondimenti