Lutto nel mondo del calcio
È morto il «gabbiano» Angeleri

Lutto nel calcio. È morto Stefano Angeleri, 84 anni. Centrocampista, ha vestito la maglia dell'Atalanta per 317 partite in campionato, attraversando tutti gli anni Cinquanta: un record, superato nell'Atalanta da Bellini. Il suo soprannome era «gabbiano».

Lutto nel mondo del calcio e dell'Atalanta. Nella notte tra lunedì 30 e martedì 31 gennaio è morto Stefano Angeleri, 84 anni. Centrocampista originario di Castellazzo Bormida, in provincia di Alessandria, ha vestito la maglia nerazzurra per 317 partite in campionato, attraversando tutti gli anni Cinquanta: un record, superato nell'Atalanta solo da Gianpaolo Bellini. Il suo fu un record anche per presenze in serie A, con 281 partite. E pensare che quando la Juve gli comunicò di averlo ceduto all'Atalanta nell'operazione che portò in bianconero Giacomo Mari, Angeleri non nascose il suo disappunto: «Ma dove mi mandate a giocare?» domandò stizzito.

In realtà il giocatore rimase a Bergamo poi per tutta la vita (abitava in viale Giulio Cesare, nel quartiere di Borgo Santa Caterina), amato per la sua generosità, il suo temperamento e la sua determinazione. Il suo soprannome in campo divenne «gabbiano», per la sua abitudine di tenere le braccia allargate mentre correva, quasi fossero ali. Quando i medici gli scoprirono un leggero soffio al cuore e lo obbligarono a interrompere la sua attività agonistica, reagì arrabbiandosi parecchio: «Il mal di cuore mi viene quando non mi fanno gicoare» sibilò.

A carriera conclusa divenne allenatore, con 96 panchine nell'Atalanta: prima nelle giovanili e poi per tre stagioni anche nella prima squadra. La prima nel 65/66 quando l'obiettivo salvezza fu conquistato grazie al determinante pareggio casalingo contro il Torino all'ultima giornata. Angeleri fu poi confermato nella stagione successiva che fu chiusa dall'Atalanta con un onorevole 11esimo posto.
Al suo posto arriva poi Tabanelli, ma Angeleri viene richiamato a tre domeniche dalla conclusione per salvare la squadra che continua a guidare anche nel successivo campionato, ma solo per 20 giornate. In rotta di collisione con il gruppo Masserini-Pezzoli, viene esonerato dal neopresidente Mino Baracchi. Risulteranno vani i tentativi di salvezza effettuati dai suoi successori: prima Silvano Moro e infine da Ceresoli.

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