Blu cancella le sue opere a Bologna
«Ha ragione: la street art muore in strada»

Blu, il più famoso street artist italiano, ha scelto di cancellare le proprie opere pur di non vederle staccate dai muri dove sono nate ed esposte in un museo. La rimozione dei graffiti è una protesta contro la mostra «Street Art. Banksy & Co.» che aprirà il 18 marzo a Bologna.

Abbiamo chiesto al bergamasco Paolo «il Baro» Baraldi, artista classe 1977 molto attivo sul fronte dell’arte urbana, di spiegarci meglio il gesto del writer bolognese. «Sono molto d’accordo con lui. Fare una mostra istituzionale con opere tolte dalla strada e messe fuori contesto è una forma di prevaricazione. L’arte urbana nasce, si sviluppa e muore – sottolineo muore – in strada».

Quindi non è giusto porsi il problema della sua conservazione?

«No, perché l’arte urbana è “site-specific”: se il luogo dove si dipinge viene abbattuto, ristrutturato, coperto dalla pubblicità o da un’altra opera fa parte del gioco. Se questo meccanismo si rompe – ad esempio strappando le opere al loro contesto per metterle in un museo o in una galleria d’arte – è giusto reagire. In questo caso ha reagito l’artista più rappresentativo di tutti, e ha fatto bene».

Portare la street art nei musei è un modo per addomesticarla?

«Sì, è un modo per “pettinare” una pratica che ha una dimensione intrinseca di illegalità. Ma io spero e credo che nessun writer miri a finire incorniciato nel salotto di un amministratore delegato. Si tratta di arte pubblica, che nasce nelle periferie degradate o lungo le direttrici di traffico. Che senso ha possedere un pezzo di uno street artist famoso? È puro feticismo. Per combattere questa visione, io stesso ho cancellato alcuni miei lavori subito dopo averli finiti, ad esempio ho dipinto una ciminiera in provincia di Lodi appena prima che venisse abbattuta».

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