Bossetti alla Corte: «Se mi condannate
sarà il più grave errore del secolo»

«Se mi condannerete sarà il più grave errore del secolo». Massimo Bossetti, imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio, ha giocato le sue ultime carte. Durante l’ultima udienza del processo il muratore di Mapello ha cercato di convincere la corte della sua innocenza.

Bossetti si è presentato in tribunale con una polo azzurra e jeans, ha iniziato a parlare verso le 9.20 leggendo un testo scritto, a fianco dei suoi avvocati. «Non vedevo il momento di poter parlare - ha detto Bossetti rivolto ai giudici della Corte d’Assise - non vedevo l’ora di potervi guardare negli occhi per spiegarvi che persona sono, che non è quella che è stata descritta da tanti in quest’aula. Sarò uno stupido, sarò un cretino, sarò un ignorantone ma non sono un assassino: questo deve essere chiaro a tutti».

Il presunto assassino di Yara Gambirasio si è poi rivolto al pubblico e ai giornalisti, voltandosi per guardarli: «Non è come sono stato dipinto. Sono stato denigrato, umiliato, su di me sono state dette cose vergognose. I miei avvocati mi difendono con convinzione, dopo un’indagine a senso unico. Ancora oggi vi supplico, vi imploro, datemi la possibilità di fare questa verifica, ripetete l’esame sul Dna, perché quel Dna trovato non è il mio. Se fossi l’assassino sarei un pazzo a dirvi di rifarlo. Sarei felice di incontrare i genitori della piccola Yara, di guardarli negli occhi perché conoscendomi saprebbero che l’assassino è ancora in libertà, poiché anche loro sono vittime di chi non ha saputo trovare il colpevole. E’ impossibile, molto difficile assolvere Massimo Bossetti, ma se mi condannerete sarà il più grave errore del secolo».

Nel corso delle sue dichiarazioni spontanee nel’ultima udienza del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, Massimo Bossetti, oltre a ripetere più volte di essere «una persona di cuore» che viveva soltanto «per mia moglie e per i miei figli», ha voluto anche raccontare «un episodio» per descriversi, spiegando di aver «adottato a distanza» un bimbo di una famiglia in Messico. «Mi sono sentito gratificato perché il mio aiuto si è reso utile e ho dato la possibilità a un bambino di proseguire gli studi come vorrebbero tutti per i propri figli». Più volte, poi, il muratore di Mapello ha detto di essere stato «insultato, denigrato e anche istigato a confessare qualcosa che non potevo confessare, perché io non sono la persona che è stata dipinta in quest’aula». Al termine delle dichiarazioni ha detto che lui sta «già subendo un ergastolo, due anni di vita rovinata», spiegando anche che «accetterò il verdetto qualunque esso sia perché pronunciato in assoluta buona fede».

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