La vita di Matilde appesa a un filo
Tre casi in Italia: «Ma lei combatte»

Albano Sant’Alessandro. Papà Mirko racconta la vita dura della piccola colpita da una malattia rara «I medici le avevano dato un anno, ne ha già due».

Nella cameretta arancione e verde di Matilde ci sono orsacchiotti e immagini di angioletti, libri di favole e costruzioni. Ci sono i Puffi, adesivi attaccati alle pareti e la classica giostrina con le apine che penzola, rassicurante, sopra la culla di ogni bambino nato dagli anni Ottanta in poi. C’è proprio tutto, nella stanzetta di Matilde: tutto, tranne lei. A casa manca da cinque settimane. E, a dire il vero, ha dimorato tra le pareti variopinte dell’abitazione di Albano Sant’Alessandro - a due passi dal Santuario della Beata Vergine delle Rose - soltanto per tredici dei suoi venticinque mesi di vita. I restanti, «Mati» li ha trascorsi in trincea: lottando contro una malattia incurabile. Si chiama «deficit della proteina trifunzionale mitocondriale», una patologia metabolica genetica di cui esistono soltanto tre casi in Italia e meno di cento nel mondo: un difetto dell’ossidazione degli acidi grassi caratterizzato da un ampio quadro clinico, che si rivela nella forma più aggressiva nel periodo neonatale. Cardiomiopatia, ipoglicemia, miopatia dei muscoli scheletrici, neuropatia, ed epatopatia non sono che alcuni dei tanti risvolti di questo male spietato, che non lascia scampo ai lattanti: nessuna speranza, per loro, di superare l’anno.

Ma poi è arrivata Matilde: più unica che rara pure in questo, capace di fare marameo a statistiche e pubblicazioni scientifiche. Lei, che ha reso possibile l’impossibile. Se è vero che dietro a ogni nome si cela il destino di chi lo porta, il suo era già scritto nell’etimo di quelle sette lettere: significa «colei che combatte con forza». «Lo scorso 25 marzo ha spento due candeline: un traguardo che sembrava utopia. E, ogni giorno che passa, riscrive la storia della sua malattia. Ci avevano preparati: sarebbe volata in cielo entro il compimento del dodicesimo mese. Ma lei ha deciso che non sarebbe andata così: voleva continuare vivere» racconta papà Mirko Ferri, 33 anni, che ogni sera, appena stacca dal lavoro, si precipita al San Gerardo di Monza per abbracciare la sua piccina e sostenere mamma Marta. Sono ricoverate dal 7 aprile e le dimissioni appaiono un miraggio lontano.

A guardarla bene, la cameretta porta i segni di questa logorante battaglia. Sulla scrivania, tra un pupazzo e l’altro, si mimetizza un cardiomonitor. Poco più in là un saturimetro, per il controllo dello stato di ossigenazione del sangue. Nell’armadio più spazioso - laddove ogni madre stipa scorte di pannolini o scatole di balocchi ingombranti - si cela una mini farmacia: garze, siringhe, cerotti, bottoni per la PEG (gastrostomia endoscopica percutanea, il solo modo per alimentarla), i tubicini per il CVC (catetere venoso centrale) e il suo latte speciale. Perché Matilde non mangia. Non parla. Non cammina. «Le somministriamo una bevanda a basso contenuto di grassi a catena lunga. Non sa deglutire: sebbene per noi sia un’azione meccanica, elementare, richiede il coinvolgimento di più di trecento muscoli. Capita che fatichi persino a gestire la sua saliva. Sopravvive grazie agli zuccheri, che però le danno un’energia momentanea: pertanto, deve ingerire latte ogni tre ore durante il giorno, e ininterrottamente la notte. Senza cibo si spegne, diventa ipotonica: ogni volta che tiene la testolina in giù, a penzoloni, sappiamo che dobbiamo correre in Pronto soccorso».

Chiusa tra quelle quattro mura, Marta ha dato vita a una pagina Facebook «Matilde6unica» (https://www.facebook.com/lucaferri1991/?hc_ref=SEARCH) per aggiornare amici e sostenitori sulle condizioni della sua piccolina, in perenne lotta contro un nemico chiamato Cpk. Un enzima - i cui valori solitamente si attestano tra i 150 e i 300 - che in lei è arrivato persino a sfiorare i 50mila. Non solo: mettendo in luce alcune criticità dell’ospedale brianzolo, questo personale diario di bordo si prefigge di raccogliere fondi a favore di Abm, associazione per la tutela del bambino con malattie metaboliche, di cui il marito è diventato vicepresidente. «Vorremmo migliorare gli spazi, potenziare la struttura e i servizi del centro metabolico. E, ovviamente, supportare la ricerca. Domenica 18 giugno, alle 17, a Spirano – mio comune d’origine – scenderanno in campo giocatori di serie D e lega Pro, compreso l’ex atalantino Ferreira Pinto, per una partita benefica a favore di Abm». C’è da scommettere che gli spiranesi si stringeranno intorno alla famiglia Ferri con un caloroso abbraccio. Proprio come succede ad Albano. «Il gruppo dell’oratorio ha preso a cuore la nostra storia, creando una rete di supporto, morale e pratico. Ad esempio, c’è una signora che stira i miei panni quando Marta è in ospedale».

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