«Come mai non mi avete fatto il test?»
Botta e risposta tra Bossetti e il pm

«Quel dna non mi appartiene». Per la prima volta, Massimo Bossetti, imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio ha messo in dubbio, nel corso del suo interrogatorio, che il dna trovato sul corpo della ragazza uccisa sia suo.

«È un dna strampalato, e che per metà non corrisponde», ha detto il carpentiere a proposito della mancata corrispondenza tra il dna nucleare e quello mitocondriale.

L’interrogatorio è iniziato alle 9.40. in aula anche la moglie Marita Comi. È botta e risposta tra il pm Letizia Ruggeri e Massimo Bossetti.

BOSSETTI MOLTO DETERMINATO
«È dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda - ha proseguito Bossetti - visto che non ho fatto niente e voi lo sapete»
. Il pm Letizia Ruggeri ha ribattuto che un giudice ha ritenuto che dovesse rimanere in carcere e un altro che gli elementi a suo carico sono stati giudicati tali da sostenere un giudizio. «Evidentemente la vicenda non è strampalata come dice lei» ha ribattuto il pm.

E poi Bossetti, molto carico e determinato nelle risposte, ha ribadito: «Quel dna è a metà, è pieno di errori: tirate fuori le prove vere». Il muratore ha anche parlato della conoscenza con il papà di Yara, Fulvio Gambirasio: «L’ho visto qualche volta in un cantiere a Palazzago, dopo la scomparsa di Yara. E poi a un distributore di benzina, davanti alla palestra».

«LA AZZOLIN NON PUO’ AVERMI VISTO»
Smentita la testimone Alma Azzolin: «Non è possibile che mi abbia visto all’Eurospin a comprare birre e lamette da barba: io non compro la birra lì: in quel supermercato ci sono sotto-marche».

Facciamo un passo indietro sulla teste oculare: in una mattina («Dalle 10 alle 12, martedì o giovedì, non so essere più precisa») di tarda estate del 2010 («Da metà agosto a metà settembre, non so essere più precisa») Alma Azzolin, che da Trescore due volte la settimana portava la figlia quindicenne agli allenamenti di ciclismo a Brembate Sopra («Poi di solito la aspettavo per due ore in auto, all’incrocio tra via Caduti dell’Aeronautica e via Locatelli»), era nel parcheggio del vicino cimitero. «Ero ancora in auto, quando arriva una macchina grigia familiare - ha raccontato in aula -. Al volante un uomo con gli occhi chiari, il viso scavato e i capelli corti. Mi fissava e il suo sguardo mi ha impressionato, messo a disagio. Poteva fermarsi più in là, visto che il parcheggio era vuoto, e invece è venuto verso di me. Ma mi sono tranquillizzata, quando ho visto arrivare di corsa una ragazzina: avrà avuto 13/ 15 anni, alta 1,60, con capelli mossi e lunghi e l’apparecchio ai denti. È salita in auto. Pensavo fosse un padre che stava aspettando la figlia. Poi quell’uomo l’ho rivisto giorni dopo al supermercato Eurospin, poco distante dalla palestra. Quella volta mi guardò in modo normale».

La donna, quando comparvero le foto di Yara dopo il delitto, cominciò a rimuginare: «Ero certa di averla vista, ma non ricordavo dove». La stessa cosa quando venne arrestato Bossetti. Poi, l’illuminazione arriva guardando la tv: «Mostrarono la foto dall’alto del parcheggio del cimitero e allora realizzai: ecco dove avevo visto quei volti». «È sicura, signora?», le chiede il pm. «Sì», risponde lei. Addita Bossetti in aula: «È lui l’uomo che mi fissava». Poi indica la stessa foto di Yara che aveva indicato al momento dell’interrogatorio del 24.11.14: «È la ragazza che era salita sull’auto».

MARITA IN AULA
La moglie Marta, dall’inizio dell’interrogatorio, lo guarda fisso negli occhi. In aula anche un giornalista tedesco, Ugo Gumpel, corrispondente per la tv Rtl.

Massimo Bossetti ha dovuto rispondere anche alle domande sul numero di volte che andava al centro estetico e dall’edicolante. «A fare le lampade 2-3 volte al mese» ha detto, ma la pm: «L’estetista dice 2 volte alla settimana». E sull’edicola, ancora lo scontro: «Ci andavo quasi tutte le sere a comprare le figurine per i miei figli» ha ribadito come la scorsa settimana. «L’edicolante dice di no» ha sottolineato il pm.

Poi Letizia Ruggeri si è concentrata sui rapporti con la famiglia, e in particolare con la mamma Ester Arzuffi. «In tv abbiamo visto la faccia di Giuseppe Guerinoni e ne abbiamo aprlato dato che i miei genitori lo conoscevano: era autista del pullman che usava mia madre per andare da Ponte Selva a Villa d’Ogna». Poi una domanda sibillina: «Si è chiesto come mai sia nato a Clusone e non a Ponte San Pietro?». «No», ha detto Bossetti, «era un desiderio di mia madre». Ma il pm insiste: «Però suo fratello è nato a Ponte San Pietro».

«GUERINONI? LO CONOSCEVANO I MIEI GENITORI»
E poi ancora sul dna: «Non si è stupito che a sua madre sia stato fatto l’esame del dna? Non ha collegato la cosa a Giuseppe Guerinoni?». «Ma no, lo stavano facendo a tante persone» ha risposto Bossetti. «Ma stavamo cercando un uomo...» ha commentato la pm. «A quel punto Bossetti ha sbottato: «Ma cosa vuole che ne sapessi se si poteva fare anche alle donne. E poi lei non può continuare a insistere su questo dna» ha detto alterato.

Il muratore di Mapello già qualche minuto prima aveva ribadito: «Non ho fatto niente e lo sapete».

«NEGATO CON IL PC»
Si parla in aula anche delle ricerche sul computer: «Non ho mai fatto ricerche su ragazzine o tredicenni» ha detto, smentendo quando invece risulta dall’analisi dei suoi due computer di casa. «No, assolutamente - ha risposto -, sono sincero, non esistono ricerche di questo genere nei nostri computer, assolutamente».

Bossetti ha aggiunto che talvolta «in intimità, quando i bambini erano a letto» lui e la moglie guardavano dei siti pornografici. Mai, però, quelli riguardanti ragazzine. «A me piace anche la cronaca nera», ha aggiunto e, per questo, faceva ricerche o leggeva i giornali.

Durante l’interrogatorio si parla anche di un foglio word trovato sul pc di casa: si tratterebbe, secondo quanto spiegato dal pm, di una proposta a un rapporto sessuale con Marita Comi, firmato «Massi». «Non sono io e non ne so nulla», «non so chi sia» ha risposto Bossetti,, anche se le indagini sono già risalite all’autore del biglietto, identificando l’uomo che lo avrebbe scritto.

«CASA E LAVORO»
Non faccio sport, leggo il giornale, “L’Eco di Bergamo”». E navigare in Internet? «Non sono capace, sono negato» ha detto, con Letizia Ruggeri che ha insistito: «Non le crede nessuno che non sia in grado di fare una ricerca su Google». In aula un brusio con l’avvocato Camporini che ha ribattuto ironico: «Noi sì», frase ripetuta anche da qualcuno in aula.

Il pm si è addentrata sulla questione delle navigazioni online: «Alle 9.55 del 29 maggio 2014 sul pc di casa sua è stata trovata una ricerca di link a ragazzine con espliciti riferimenti sessuali». Bossetti quella settimana era in ferie: «Ero in giro a fare preventivi, non ricordo dove fossi quella mattina, ma non sono stato io a fare ricerche di questo tipo». Anche il legale Camporini ribatte: «La cella lo identifica nella zona di casa, ma si tratta di un raggio di 30 km».

«STUPITO CHE NON MI AVESSERO FATTO IL TEST DEL DNA»
Si torna sempre sulla questione del dna: «I carabinieri - ha proseguito il carpentiere - non mi hanno mai chiamato di effettuare il test del dna e mi sono stupito: io passavo tutti i giorni davanti alla palestra di Brembate». E aggiunge: «È una cosa troppo anomala». Il pm commenta: «Signor Bossetti, la sua utenza ha agganciato la cella compatibile alla zona del centro sportivo alle 17.45. Le indagini si sono concentrate sui numeri individuati dopo le 18, parliamo di oltre 120 mila movimenti telefonici». «Ma forse voi eravate concentrati su un furgone bianco» non si fa trovare impreparato Bossetti. E il pm: «Sta di fatto che il dna è suo e non di altri».

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