Non è figlia d’arte e non nasce cuoca: la “vocazione”, per Krizia Algeri, classe 1986, arriva all’età di 22 anni. Una scelta consapevole, dettata dalla passione e dalla creatività che l’ha portata – in questi 15 anni di esperienza – a lavorare nelle cucine e nei dolci laboratori di grandi maestri della ristorazione italiana, oltre a costruire un bellissimo progetto personale. «Ho studiato al liceo scientifico, ho una laurea in Ingegneria e ho svolto un praticantato in banca quando avevo 20 anni, poi ho capito che quella non era la mia strada» ci racconta la pasticciera.
Dopo anni passati sui “numeri”, arriva la scelta di seguire il cuore verso un settore più estroso, come quello dell’arte dolce, al quale non aveva mai pensato in termini lavorativi. E sì che i numeri valgono anche in questo campo perché, come ricorda Krizia, «la pasticceria è un settore molto quadrato e preciso» che viene completato da una buona dose di creatività, alla ricerca dell’equilibrio perfetto tra sapori, colori e consistenze (come in ogni ricetta che si rispetti) «e riflette molto il mio carattere».
«Quando ho deciso di farne un lavoro, ho iniziato studiando i curriculum dei grandi chef. Tutti iniziavano da giovanissimi mentre io avevo già 22 anni e partivo da zero. Lì ho capito che avrei dovuto darmi da fare… almeno il doppio degli altri!». Inizia così la sua avventura: Krizia frequenta esperienze di stage in ristoranti e pasticcerie della bergamasca per “farsi le ossa” e poi decide di puntare in alto. «In quel periodo iniziavano a spopolare i programmi tv di cucina, gli chef si facevano conoscere anche davanti alla telecamera e non restavano più solo dietro ai fornelli». Questo aspetto l’ha aiutata a fare selezione e a scoprire i più grandi nomi della ristorazione.
Le esperienze con Gualtiero Marchesi e Luigi Biasetto
«Nel 2010 – ci racconta – ho avuto la fortuna di entrare nella brigata del Relais & Chateaux L’Albereta a Erbusco (Brescia), a casa di uno dei più grandi maestri della cucina italiana, Gualtiero Marchesi», il primo chef a ricevere l’ambito riconoscimento delle Tre Stelle Michelin in Italia. «All’inizio ero di supporto al capo pasticcere, ma dopo solo un anno di lavoro ho preso il suo posto».
Due anni in Franciacorta le permettono di approfondire la pasticceria da ristorazione. Per completare la sua formazione, grazie anche al consiglio di Iginio Massari, Krizia approda a Padova alla corte di Luigi Biasetto, tra i migliori maître pâtissier in Italia, riconosciuto e premiato per le sue creazioni d’avanguardia, nonché il primo italiano – insieme al suo team – a diventare Campione del mondo di pasticceria nel 1997. Ci resta per tre anni, ad approfondire competenze tecniche e di gestione. Qui, dopo meno di un anno, le viene affidata la responsabilità della partita dei semilavorati, quella che si occupa di preparare tutte le basi del laboratorio.
Ci siamo chiesti come viva una giovane donna questo tipo di esperienze. E la risposta ce la dà proprio Krizia. «Non ho mai trovato grosse difficoltà in brigata, fortunatamente insieme a me c’erano anche altre donne» racconta ricordando quando per le prime volte ha realizzato che l’impegno – fisico e mentale – del settore è più gestibile da un uomo. Impegno fisico, viste le lunghe ore di lavoro, ma anche mentale, soprattutto quando si opera in contesti con «un’impostazione alla francese, dove alle direttive del capo brigata si risponde “Sì chef!”. Si fa silenzio e si lavora».
Il rientro a Bergamo e la nascita di Pasticceria Krizia
«In effetti, le difficoltà più grosse le ho avute alla conclusione di queste esperienze: rientrata a Bergamo faticavo a trovare realtà che avessero un’impostazione così precisa e funzionante» ci racconta. E quindi? «A quel punto mi sono resa conto che, seguendo uno dei desideri che ho sempre avuto da piccola, dovevo realizzare un mio progetto personale». D’altronde, uno spirito da imprenditrice lo ha sempre avuto: Krizia ha sempre saputo di voler creare qualcosa, ma ancora non sapeva cosa. Fino a quel momento.
«Il biennio 2015-2016 lo abbiamo interamente dedicato alla progettazione». Parla al plurale perché a credere nel suo sogno c’è anche Emanuele, suo compagno (nel lavoro e nella vita). Si sono conosciuti proprio da Gualtiero Marchesi, dove Emanuele ricopriva il ruolo di maître. «Nel progetto “Pasticceria Krizia” abbiamo unito le forze: fin dall’inaugurazione nel dicembre del 2016, i clienti trovano la nostra proposta – dolce e salata – raccontata in sala grazie al sorriso e all’accoglienza di Emanuele» svela la pastry chef.
Com’è essere una donna della ristorazione?
Krizia ed Emanuele hanno scelto di gestire il progetto insieme, per far fronte a quello che – secondo la pasticciera – è ancora oggi uno dei principali motivi per cui una donna fatica ad affrontare il mondo della ristorazione. Ovvero, come si concilia il lavoro con la famiglia? «Noi abbiamo scelto di unire le due cose, ma non tutte hanno la stessa fortuna» (o lo stesso coraggio, ndr).
Fortuna o tenacia: alla domanda «hai mai riscontrato pregiudizi di genere nella ristorazione?» Krizia risponde di no. Ma forse è anche merito suo. «Quando dimostri di essere capace, ottieni più spazio. Mi è capitato con Marchesi, quando ho ottenuto un ruolo di responsabilità in solo un anno» – il suo primo vero anno di esperienza in cucina – «e anche da Biasetto quando, nonostante fossi l’ultima arrivata, riuscivo a farmi spazio con idee e suggerimenti».
«La ristorazione di alto livello – continua – è un mondo fatto di regole. Sono regole fondamentali affinché tutto funzioni alla perfezione, ma soprattutto sono regole che tutti, uomini o donne indistintamente, devono rispettare».
Le creazioni di Krizia che celebrano le donne
Il dolce per eccellenza dell’8 marzo è la torta mimosa: un morbido pan di spagna avvolge un cuore di crema pasticcera. Alla Pasticceria Krizia questa golosità, che ricorda il fiore simbolo di questa ricorrenza, colora le vetrine in formato torta, monoporzione e mignon.
«Ma se – oltre a questa scelta più classica – volessi dedicare un dessert a tutte le donne, quale sarebbe?» le chiediamo in chiusura di questa piacevole chiacchierata. La risposta è bellissima (oltre che buonissima): «alle donne dedicherei un lievitato perché è un dolce che ha bisogno di molte lavorazioni e passaggi: proprio come noi, è una ricetta ricca e generosa, ha bisogno di grande cura e amore, necessita dei giusti tempi… ma il risultato è sempre eccellente!».