Spesso c’è ancora la convinzione per cui ad un luogo, connotato come tale da determinate caratteristiche, debba corrispondere una richiesta da soddisfare. Ci sono però spazi che hanno idee e obiettivi più forti di qualsiasi categorizzazione, che tentano piccole rivoluzioni. Oggi voglio allora raccontare tre storie differenti, accomunate dalla volontà di fare arte contemporanea in ValSeriana.
Ci si può chiedere come sia possibile che proprio l’arte contemporanea – quella che oggi si fatica a riconoscere come tale nella sua matrice estetica – riesca ad abitare da anni territori icasticamente più chiusi alle innovazioni.
Fino del Monte, Leffe e Ponte Nossa, lontani dalla centralità cittadina dell’elitarismo culturale, riescono ad accogliere centri di diffusione artistica con passione e grande risposta da parte del pubblico. A volte, infatti, è proprio nella semplicità del contesto che quanto sembra difficile e incomprensibile trova la via migliore per esprimersi. Nel lavoro di Franca Pezzoli, Patrizia Bonardi e di Emilio e Franca Morandi l’arte non scompare nella grandezza della città, ma si rende tassello significativo dell’identità di un paese e della sua attrattività sociale.
«Casa Matteo» di Franca Pezzoli arte contemporanea a Fino del Monte
La signora Franca Pezzoli ha una voce calda e accogliente, di quelle che subito mettono a proprio agio. Le chiedo di raccontarmi da cosa è nato il suo spazio e quali ragioni danno linfa vitale, ancora oggi, dopo 27 anni, alla sua presenza come divulgatrice culturale in ValSeriana. «Il mio spazio, dal 1995, era originariamente un atelier d’arte, sede di laboratori per la decorazione della porcellana. Sono rimasta a Clusone fino a marzo 2022, quando mi sono trasferita a Fino del Monte».
Oggi Franca opera in una casetta di montagna dall’architettura moderna, in via Bì e Cardas 1, con un ampio giardino arricchito da sculture. «Casa Matteo», centro culturale, porta il nome di suo figlio, venuto a mancare nel 2018: «Quell’anno non volevo più continuare a fare questo lavoro, credevo fosse finita un’epoca. Poi, affrontando il dolore, mi sono resa conto che sarebbe stato molto peggio non andare avanti con questa mia passione». Oggi Franca Pezzoli è una fucina di eventi tra presentazioni di musicisti e scrittori, promozioni di tecniche artistiche innovative, esposizioni. «Non ho alcuno scopo di lucro, concedo lo spazio gratuitamente, aiuto chi ha bisogno di sostentamento o semplicemente di farsi conoscere. Adoro creare percorsi e possibilità, associando artisti giovani ed emergenti ad alcune pietre miliari, tra cui Longaretti, Rognoni o Lucchi».
È una solidarietà artistica e culturale non scontata, se si considera che spesso in questo campo conta chi arriva prima, chi comunica meglio, chi è più performante. Per Franca, però, l’arte è sempre stata una questione di famiglia e ora non riesce a non riservarle tutta la delicatezza e l’empatia serbata per gli affetti più cari. Inserita in un sistema dell’arte spesso spietato nei confronti della buona volontà senza un diretto ritorno economico, le chiedo di provare a raccontare quale sia la ricchezza del vivere in un contesto periferico, lontano dalle mode e dall’attrattiva cittadina.
«Guarda, io posso solo guardare l’evidenza: nessuno ha tenuto aperto tanti anni quanti ne ho io alle spalle. Ho toccato con mano la meraviglia di alcune persone nei confronti della piccolezza del mio spazio in proporzione alla grandezza degli artisti ospitati. Il segreto è come sai trasmettere la passione: non esiste un posto per l’arte, dipende tutto da come si sanno accogliere i visitatori». Nell’umanità del suo approccio, Franca Pezzoli tradisce così il protocollo per cui debba esserci timore reverenziale nei confronti dell’arte contemporanea. «Se non ami l’arte, in fondo, sei soltanto un mercante. Non trasmetti nulla, vendi e basta. Io, onestamente, ho imparato ad accontentarmi di poco, ma la ricompensa umana è sicuramente maggiore».
«Casa Matteo», così come l’atelier d’arte precedentemente a Clusone, attira sia persone da fuori che abitanti locali, divenendo vero e proprio polo aggregativo e centro gravitazionale: «La mia personale vittoria – aggiunge – è vedere come alcune ragazze tornino dopo anni con i loro figli, anche solo per un saluto. È il piacere della trasmissione: se io, donna, in un piccolo centro in Valle sono riuscita a costruire questo, spero possa diventare stimolo per altre ragazze nel credere l’arte un futuro possibile».
Possibilità concrete di conoscere da vicino il lavoro di Franca Pezzoli sono la personale di Gianfranco Uristani , «Nevicate», fino a fine novembre, oppure l’esposizione «Stella Maris» di Alfonso Rocchi presso il Centro Culturale San Bartolomeo (Bergamo), inaugurata lo scorso sabato e aperta fino al 19 novembre, tutti i giorni dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. L’arte, dalla periferia, arriva in centro città per portare una freschezza nuova, soprattutto nell’approccio e nella trasmissione ai visitatori. Dal 2 dicembre al 30 gennaio «Casa Matteo» ospiterà Tommaso Pizio con «La forza del colore e la vita delle forme»: durante l’evento inaugurale verrà presentata la scatola «Dolcetti con arte», realizzata dal marito di Franca, Filippo Bosio, maestro di pasticceria.
«BACS» di Patrizia Bonardi a Leffe
A Leffe, in via Donizetti 40/42, l’arte contemporanea affronta invece un dialogo serrato con la sociologia. «BACS Arte e Società» vuole promuovere, attraverso mostre e incontri, valori fondanti quali la cittadinanza attiva e l’impegno sociale. Lavora, in sintesi, per rendere visibile e tangibile il legame tra arte e vita. Patrizia Bonardi, artista e presidentessa dell’associazione culturale «artists.sociologists», ha ideato lo spazio nel 2016 in seguito alla sua tesi di ricerca accademica dal titolo «Incontri inattesi quando artisti e sociologi dialogano» (2009). L’obiettivo è quello di creare un’arte sempre più partecipata: all’interno dell’associazione, infatti, gli artisti mostrano il frutto delle loro ricerche ai sociologi e pensatori, che scrivono testi ispirati dalle loro opere.
Patrizia, un vero e proprio vulcano di idee, ammette che inizialmente lo spazio suscitò molto interesse, ma che con il Covid il coinvolgimento delle persone subì un rallentamento. Nonostante ciò, crede fortemente nella ricchezza di operare in uno spazio decentralizzato: «È proprio nei luoghi lontani dai riflettori che gli artisti riescono a mettersi davvero in gioco. Il nostro obiettivo è quello di dare spessore culturale e sociologico alla loro ricerca; essere un centro indipendente, poi, ci permette di sfruttare a pieno la libertà di proporre temi meno trattati dalle gallerie. Il nostro lavoro nasce da una forte esigenza di ricerca».
Importante diventa sicuramente anche il risvolto educativo per il territorio, che si trova a contatto con forme d’arte nuove, ma sicuramente appassionanti: «A volte passano di qui persone che non si sono mai imbattute nell’arte contemporanea e allora il nostro compito diventa di grande rilievo: non possiamo sprecare l’occasione di testimoniare che la nostra arte parli anche della loro vita. Non manca poi chi si meraviglia di come, anche in provincia, possano esserci degli spazi in cui le mostre hanno ricerche profonde alle spalle». Di fronte a questa ricchezza, però, si fa largo anche una problematicità concreta: «Ammetto che la difficoltà più grande è a livello comunicativo. La mancanza di fondi non ci permette di trasmettere i nostri eventi con agilità, nonostante le proposte non manchino mai!».
Non posso allora non promuovere, grazie a queste righe, le proposte in gioco al momento presso «BACS». Proprio ieri (domenica 5 novembre 2023) è stata inaugurata la personale di Salvatore Manzi (Napoli, 1975), «Videtur», a cura di Stefano Taccone. Fino al 26 novembre sarà possibile per i visitatori capire cosa significa “sembrare’”, tra visione e apparenza, certezza e ignoranza. Dal 9 dicembre al 16 marzo, invece, «BACS» ospiterà «I sentimenti dell’acqua», una collettiva con opere di Patrizia Bonardi, Elisa Cella, Alfredo Colleoni, Arianna Iezzi, Chiara La Ghigi, Piera Legnaghi, Daniela Monica, Ettore Moschetti, Valentina Persico, Dolores e Carlo Previtali. Alcuni sociologi e liberi pensatori simpatizzanti con «artists.sociologists» scriveranno testi ispirati alle opere in mostra, tutte accomunate dal tema ambientalista sulla scia del libro «Il tempo e l’acqua» di Andri Snaer Magnason.
«BACS» ama anche lasciare traccia delle ricerche artistiche e sociologiche compiute: sono stati infatti pubblicati due grossi volumi «Dialogo fra artisti e pensatori sociologici» - qui i link al primo volume e al secondo volume –,con le prime cinque mostre collettive dell’associazione. « Mare Bandiera » di Patrizia Bonardi e a cura di Stefano Taccone, invece, racconta una mostra personale della presidentessa di «BACS», mentre «Respiro dentro» è l’ultimissimo risultato dello studio della Bonardi all’interno delle arti visive, in dialogo con l’ecologia contemporanea. Sono esempi tangibili della qualità della ricerca messa in atto e del desiderio di condivisione.
«Artestudio Morandi» di Emilio e Franca Morandi a Ponte Nossa
Ponte Nossa custodisce invece la storia di una coppia, Emilio e Franca Morandi, che ha reso l’arte parte viva del loro amore. Via San Bernardino, al civico 88, accoglie «Artestudio Morandi», una casa a tre piani con uno spazio per le mostre temporanee, uno per la collezione permanente e uno come archivio di cataloghi e libri d’arte. La storia di questo spazio ha origine nel 1980, ma conserva le sue radici ancora più indietro nel tempo. Emilio Morandi racconta: «Per formazione, io sono un pittore che ha avuto la fortuna di partecipare a tante mostre internazionali. Negli anni Ottanta mi sono inserito in un circuito di artisti che da Londra, Parigi e dal Giappone venivano a trovarmi a Ponte Nossa. Così poi l’invito era ricambiato nei musei in cui esponevano loro; ho lavorato anche come performer in Sud America e in Finlandia, oltre che essere invitato diverse volte alla Biennale di Venezia».
In questa dimensione di scambio internazionale si sono gettate le basi della passione per la sperimentazione artistica, oggi vero motore di «Artestudio». «Oggi non mi interessa produrre quadri da vendere – continua il signor Morandi – voglio creare e collaborare a circuiti di promozione artistica e culturale. Lo scorso ottobre, per esempio, abbiamo organizzato due festival di performance di Ryosuke Cohen (Osaka, 1948): inizialmente a Ponte Nossa, per poi arrivare in città allo spazio Cento4, in Borgo Palazzo». Cohen è un artista che non produce più arte secondo l’idea della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che partecipano al progetto. Diventa interessante allora il moto Ponte Nossa – Città di Bergamo da parte di uno spazio d’arte no profit che ha a cuore la sensibilizzazione (non scontata) del contemporaneo.
«L’arte contemporanea è una passione di nicchia – continua Franca – e noi siamo rappresentazione anche nel luogo in cui scegliamo di operare: Ponte Nossa è periferia, ma è il centro del nostro mondo. Chi “fa” arte ci conosce, ci raggiunge; poi certo, è bello quando riusciamo a creare un movimento appassionato anche tra i cittadini che abitano attorno a Clusone». Emilio e Franca si supportano in tutto, con l’obiettivo di creare uno spazio aperto a idee e contaminazioni. «Quattro ragazzi hanno scritto la tesi sul nostro studio – raccontano ancora emozionati al telefono – In un momento di smarrimento, in cui si fa fatica a capire cosa è arte, mentre il Governo investe maggiormente sull’archeologia e il moderno, noi abbiamo una grande fiducia in questi giovani appassionati».
Attività realizzata con il contributo di Regione Lombardia nell’ambito del bando «OgniGiorno inLombardia», progetto «Campagna Le Magnifiche Valli tra Bergamo e Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023».