Ancora una manciata di giorni di attesa e venerdì 20 settembre uscirà “Verdena 20th Anniversary Edition”, versione rieditata e rimasterizzata del primo album della band bergamasca. Era il settembre 1999, e in qualche modo quella pubblicazione rimescolava le carte della musica italiana di allora, portando in scena un rock oscuro e grezzo, figlio degli anni ’90 nel mood (a base di rabbia e disillusione) e nei suoni, con tutta la freschezza e l’istintualità di una band di provincia che si affaccia al mondo.
L’uscita di “Verdena” dei Verdena fu un evento per tutti. Il senso di urgenza musicale che i giovanissimi Alberto e Luca Ferrari insieme a Roberta Sammarelli sapevano esprimere sul palco e in sala di registrazione non passò inosservato. Quell’anno la band bergamasca fece il botto vincendo il Premio PIM di Repubblica come “Miglior gruppo rivelazione del 1999“, mentre “Valvonauta” passava in tutte le radio, network compresi, e loro davano vita a una carriera musicale che continua con successo ancora oggi.
L’edizione che celebra l’anniversario sarà arricchita da contenuti inediti e versioni differenti dei singoli che hanno fatto la storia di quell’album, oggi riproposto in due formati: doppio cd e triplo vinile. Oltre al lavoro originale – con una versione differente della prima traccia, “Ovunque” – il malloppo conterrà un secondo disco, titolo “5 Relitti, 2 Residui, 2 Avanzi e un Demo”, con due tracce già contenute nell’ep “Valvonauta” (“Bonne Nouvelle” e “Piuma”). Gli inediti saranno invece “Corpi” e “Fiato Adolescenziale”, registrati entrambi da Giorgio Canali nella stessa sessione fiorentina del disco ma non inseriti in quel frangente e qui mixati da Alberto Ferrari all’Henhouse. Sempre nel secondo disco anche le versioni acustiche di “Fuxia”, “Oggi” e “Ormogenia” (quest’ultima recuperata da vinile perché dispersa) unite a una versione “primordiale” di “Ormogenia” e da un live di “Shika”. Due lp dedicati all’album d’esordio originale (rimasterizzato da Giovanni Versari) e il già citato “5 Relitti, 2 Residui, 2 Avanzi e un Demo” per la versione in vinile.
Tuttavia, Verdena a parte, che cos’altro usciva in quel fatidico 1999 a Bergamo? Lo abbiamo chiesto ad Alessio Gentili, creatore dell’omonimo fondo musicale dedicato alla produzione artistica autoprodotta di tutte le band di Bergamo e provincia. Il progetto, intitolato Il mondo sommerso, è nato nel 2015 in occasione della sua tesi di laurea: da allora Alessio ha raccolto tantissimo materiale conservato digitalmente presso la Biblioteca “Di Vittorio” di CGIL Bergamo (via G. Garibaldi 3/E, Bergamo) e la Biblioteca Comunale di Ponte Nossa.
Spulciando il fondo di Alessio, si scopre che il 1999 è stato un anno particolarmente interessante per la musica in levare. Usciva infatti “Un mondo in levare” degli Arpioni, di cui abbiamo parlato con Franco Scarpellini “Quel disco è nato fra il ’98 e ’99 perché avevamo avuto l’occasione di fare un album in studio, uno splendido studio nei paesi Baschi in cui ci siamo chiusi per quindici giorni vivendo, dormendo e mangiando assieme mentre provavamo e scrivevamo. Secondo me è anche quello concettualmente più organico allo ska vero e proprio e ci sono un paio di canzoni di quell’album che suoniamo ancora live. Poco dopo, tra l’altro, abbiamo conosciuto Tonino Carotone e iniziato la lunga collaborazione con lui”.
Ascolta: Nuvoloni
Altro disco ska nato quell’anno è “Metropoli?” dei Plazmon, band attiva dal giugno 1995 al giugno 2000. Quell’anno il gruppo realizza il classico disco della maturità, come racconta lo stesso Paolo – Il Baro – Baraldi: “I Plazmon eravamo io, Dario Offredi alla batteria, Nicola Moioli al basso, Giacomo Vicentini alle tastiere, Bruno Fumagalli e Antonello Ruzzini al sax e Paolo Buzzetti alla chitarra. Quando abbiamo affrontato lo sforzo economico, notevole per dei ragazzi poco più che ventenni, di produrre ‘Metropolis?’ avevamo alle spalle circa trecento live in giro per l’Italia e un po’ di pezzi registrati che abbiamo sistemato, risuonato e inserito nel disco. Non ne uscì molto ma credo che sia stato uno dei prodotti meglio concepiti nel panorama dello ska italiano di quegli anni”.
Ascolta: Metropoli?
Risale al 1999 anche “Indian elefant trouser”, esordio dei Jabberwocky, band allora composta da Dulco Mazzoleni a voce e chitarra, Fabrizio Cornolti, Marco Cubano alla tromba, Andrea Molinari al sax, Christian Ravelli alla chitarra solista, Mattia Vavassori al basso e Igor Malvestiti alla batteria, tutti componenti di precedenti progetti confluiti in questa sorta di fucina sperimentale.
“Alle prove a volte partecipava gente capitata per salutare qualcuno tra noi” racconta Dulco srotolando il filo dei ricordi: “Provavamo in un angolo di un magazzino edile a Osio Sopra e in altri quattro posti tutti ugualmente improbabili, ma la vivevamo come un’officina e ci permise di sviluppare una idea di gruppo aperto utile per i successivi progetti”.
L’esordio dei Jabberwocky si ispira ad “Alice nel paese delle meraviglie” di Carroll e conta undici tracce in un mix fra psichedelia, progressive e combact folk in assoluta libertà, come racconta Dulco: “La settimana di registrazione a Ponti sul Mincio è stata un’iniziazione a un quindicennio di vagabondaggi, vivevamo ancora tutti con la mamma e il papà e quel disco era proprio l’espressione di una libertà totale”.
Cambiando completamente genere e dirottando verso il blues, nel 1999 usciva anche “Mister Nobody”, secondo lavoro dei Midnight Breakfast dopo alcuni demo tape e il disco d’esordio “Somebody Is Knocking Upon My Door”. Un album significativo, che porta ancora oggi in scaletta la title track, “All around me” e “Looking for money”. I ringraziamenti in copertina una serie di special thank’s a il Transit, la Beck’s, mamma Fender e papà Gibson che ben inquadrano la vita e le atmosfere dei Midnight in quegli anni. Tutt’altro che secondario anche l’impegno civile dell’operazione, visto che il gruppo, in accordo con Emergency, usa parte del ricavato delle vendite del disco per aiutare nella vita le vittime delle guerre civili.
I pezzi sono tutti firmati dal cantante e chitarrista Marco Valietti, la tracklist aggiunge anche quattro cover, per un totale di dodici brani. A riguardo il critico musicale Silvano Brambilla su Il Blues scrive così: “segue il linguaggio puro ed istintivo del downhome blues dalla struttura minimale ma intensa. Non ci sono assoli perditempo, Valietti suona la chitarra in continuazione con fraseggi brevi, contratti e vibranti, mentre il canto è basato su tonalità roche è profonde. Superlativa la ritmica, in cui la seconda chitarra, Stefano Alberini, svolge un gran lavoro di rifinitura, mentre basso, Vanni Grassi e batteria, Beppe Rovetta, sono la somma più esplicita di come fare da supporto ad un blues”.
Ultima uscita bergamasca del 1999 è “Pangea” dei Cidodici, realtà dall’anima metal, nata solo l’anno prima, la cui attività è proseguita fino al 2014. Di quella formazione faceva parte Mario Psycho, oggi dj e prima cantante di Psychonnection, A.B.Normal, Reborn & Sloedeathpangea. Un classico gruppo di culto in un anno abbastanza fecondo per la scena bergamasca, che da quel momento in poi, complice probabilmente il boom dei Verdena, crescerà fino alla vitalità dei primi anni Zero e del presente