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«Sono fragile e non è facile», Mr.Rain a «Lazzaretto Estate 2022»

Intervista. Il rapper: «Sono alla ricerca di me stesso. Mi esprimo meglio con le canzoni, anche con i genitori». Venerdì 15 luglio al Lazzaretto di Bergamo con il suo «Crisalidi Tour»

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Mr.Rain

Mattia Balardi ha scelto di chiamarsi Mr.Rain non tanto perché è un rapper, soprattutto perché quando piove riesce meglio a scrivere, a produrre, a pensare ai suoi videoclip. Naturalmente fa un’eccezione in questo tempo di siccità tanto che s’è già rinchiuso in studio, pur avendo da poco licenziato il suo ultimo disco «Fragile»: copertina spartana, niente libriccino, niente testi da leggere, solo canzoni da ascoltare.

Le porta dal vivo al Lazzaretto di Bergamo il 15 luglio prossimo (inizio ore 21.30; biglietti disponibili qui) e l’occasione è buona per incontrare dal vivo uno dei nuovi «cantautori a respiro tronco» in grado di emozionare il suo pubblico mettendo a nudo i propri sentimenti. «In effetti sono rientrato subito in studio dopo aver licenziato l’album; di solito non accadeva. Mettevo nel mezzo almeno un anno, ma stavolta non voglio perdere la felicità che mi ha regalato “Fragile”. Non ho un vero progetto, e non so dove andrà a finire la musica, sto sperimentando».

Prima di «Fragile» c’è stato un album “pieno di pioggia” dal titolo «Petrichor». In quel percorso Mr.Rain è partito alla ricerca di sé, raccontando la battaglia tra le due persone che sente di aver dentro. «Quello era il resoconto di un conflitto a partire da una canzone come “Fiori di Chernobyl” o “Nemico di me stesso”. In quel disco raccontavo un dualismo, la lotta tra le due anime che vivono dentro di me».

Stavolta si è messo a nudo, parlando delle sue fragilità. Ma tra i due dischi qualche affinità salta fuori.
«Sono dischi che fanno parte di un progetto più ampio: la ricerca di me stesso. Sono un introverso, lo sono sempre stato. Riesco ad esprimermi meglio attraverso le canzoni, la musica. Per parlare con mio padre ho scritto “A forma di origami”, lo stesso ho fatto per dire delle cose a mia madre. Non riesco tanto a parlare, la musica mi aiuta».

UB: La musica è il suo psicoterapeuta?

MR: Effettivamente ha un potere catartico per me, mi mette all’altezza di una comunicazione che altrimenti trovo molto faticosa.

UB: Non dev’essere stato facile parlare delle personali fragilità? Nel pezzo che dà il titolo al disco ammette: «Sono fragile, e non è facile».

MR: Questo album l’ho scritto in quattro o cinque giorni, seguendo l’urgenza con cui si presentavano le canzoni. Brano dopo brano ho imparato ad accettare e utilizzare le mie paure come punti di forza. Rispetto ai lavori precedenti, dove cercavo di schermarmi, ho lasciato che tutto venisse a galla in un flusso di coscienza continuo. Una canzone come «Fiori di Chernobyl» l’ho riscritta cinque o sei volte, stavolta, a parte «Crisalidi», che fa da cerniera tra questo e il disco precedente, tutti gli altri pezzi li ho composti di getto. Ho dato la priorità al mio essere spontaneo. In studio ho ricercato quel senso di spensieratezza che provavo quando scrivevo le mie prime canzoni.

UB: Lei ha firmato una sorta di «Avvelenata» (la canzone di Francesco Guccini, ndr) nei confronti del mondo che gira attorno alla musica. Con chi se la prende in «Non fa per me»?

MR: Volevo fare una fotografia del panorama musicale attuale, di quel che capita di vedere e ascoltare in circolazione. E mi sono reso conto che il mondo della musica non è affatto meritocratico. Radio e tv non riescono a connettersi con quel che piace alla gente, ai giovani, e questo credo sia un peccato. Ci sono migliaia di artisti che fanno milioni di streaming e non si vedono né in radio, né in televisione. Beh, credo che questo non vada bene.

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