Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
Nel periodo che segue la commemorazione dei cento anni dalla nascita di Gianni Rodari sembra semplice e naturale pescare accenni e spunti sul nostro mondo di oggi dalla sua vasta produzione di poesie, filastrocche e racconti. Sembra che Rodari abbia saputo mettere in parola, con un’arguzia e una poesia straordinari, i richiami, le preoccupazioni e le speranze di tutti noi, sia nella nostra versione bambina sia in quella adulta. Non stupisce quindi che nella filastrocca «La luna di Kiev» si sia (ri)trovato un messaggio potente, in questi tempi cupi di violenza e conflitto. Ed è infatti Gianni Rodari uno dei protagonisti della serie di letture organizzate per accompagnare le famiglie bergamasche durante l’estate. Nella cornice del progetto «Storie nel Verde», iniziative teatrali organizzate con il contributo del Comune di Bergamo nei parchi della città, «Storie di Pace» è una rassegna di letture di grandi autori che, con toni che portano leggerezza e speranza, hanno scritto sulla follia della guerra e sulla «assoluta necessità della pace».
È da queste stesse ispirazioni e con questa stessa urgenza che nasce anche la rassegna «Il leone nel pozzo», a sua volta ospitata all’interno della più ampia iniziativa di «Storie nel verde». L’idea che ha fatto concepire «Il Leone nel pozzo», nata da Chiara Magri, dell’associazione Tartaruga, è di organizzare letture bilingui per bambini e bambine dai 6 anni e per adulti, in più appuntamenti, a ingresso libero. L’iniziativa fa parte anche del progetto più ampio dell’associazione Tartaruga dal nome «Semi di pace – racconti e musica da terre inquiete», in cui l’attrice e regista sceglie di dare voce alla cultura e alla narrazione popolare per parlare di popoli che reagiscono a difficoltà, miserie, guerre, sopraffazioni.
«Il leone nel pozzo», in particolare, nasce per sensibilizzare le persone a ciò che sta accadendo nei paesi coinvolti nel conflitto russo-ucraino. Alla narrazione si alternano Inna Mudrey e Chiara Magri, ma il progetto prevede anche la partecipazione di altri artisti: il musicista Dudù Kouaté e la cantante ucraina Veronika Zhytnyk, anche grazie al coinvolgimento dell’Associazione italo-ucraina di Bergamo.
«La lettura ha debuttato a Canonica d’Adda il 1 luglio», spiega Inna Mudrey, «dove, per l’occasione, sono state invitate alcune famiglie ucraine rifugiate accolte nel territorio comunale. C’è stata una bella accoglienza da parte di tutti. Anche per le altre date contiamo di invitare famiglie ospitate nel nostro territorio: è sicuramente un’occasione per far incontrare queste persone con la cittadinanza e permettere ad adulti e bambini di avere un momento di condivisione».
La mescolanza di italiano e ucraino dà già una cifra musicale alla narrazione: bambini e adulti che non conoscono l’ucraino possono seguire queste parti di lettura tra suoni e melodie delle parole sconosciute, sottolineate anche da una forte dimensione ritmica. I bambini del pubblico, infatti, vengono coinvolti come una piccola componente artistica sonora, ad accompagnare la narrazione con piccoli strumenti melodici o a percussione. L’ascolto diventa così, per più piccoli, anche un’occasione di partecipazione: saranno anche chiamati a fianco alle narratrici a prendere decisioni sulle vicende dei protagonisti della storia.
Dopo il debutto a Canonica d’Adda, sono previsti vari altri appuntamenti nel comune di Bergamo: giovedì 28 luglio, alle 10.45, le narratrici saranno ospitate dalla Ludoteca Giocagulp del Parco Turani, mentre a settembre potremo incontrarle per tre mercoledì di seguito: il 7 alle 16.30 alla Biblioteca Galizzi, il 14 alle 17 nella suggestiva Arena del Parco Goisis e il 21 alle 16.30 al Parco di Loreto “Beata Caterina Cittadini”.
La fiaba raccontata è stata scelta da Chiara Magri: è la storia di un leone che spadroneggia nella foresta, uccidendo decine di animali ma mangiandone uno solo. «Per contrastarlo si riunisce l’Assemblea degli animali», racconta Inna. «Per risparmiare la vita a molti animali, decide di trattare con il leone e di scegliere una vittima alla volta da inviargli, per placare la sua fame». Ovviamente, la scelta della vittima da mandare al leone è difficile e risulta sempre arbitraria e ingiusta.
«Questa favola è adatta per parlare anche ai più piccoli di prepotenza ma anche di quanto sia complicato prendere decisioni di fronte alle avversità, di quale sia il valore della propria vita in relazione a quella degli altri», commenta Chiara Magri nella presentazione del progetto.
Continua Inna: «Alla fine, l’Assemblea sceglie di inviare da lui la volpe, la più furba di loro, per trovare uno stratagemma che ponga fine ai soprusi del Re degli animali. La volpe saprà sfruttare la sua intelligenza, ma gli animali non potranno cantare vittoria troppo presto…». Come tutte le favole, la storia del «Il leone nel pozzo» avvisa, ammonisce e mostra con chiarezza. In questo caso, attraverso le vicende degli animali vediamo ciò che accade a chi viene preso dalla smania di potere, che acceca e obnubila l’intelligenza, e come l’unione permetta di trovare delle soluzioni; ma anche quanto la fratellanza possa essere un equilibrio fragile, da proteggere e preservare. Nella presentazione, Chiara Magri propone una riflessione sulla radice del nome Ucraina:
«Il toponimo Ucraina deriva dall’antico slavo orientale u okraina, formato da u (”vicino, presso”) e okraina (”periferia”) la radice slava kraj (”limite”, “bordo”). Pertanto ukraina significa “sul confine”. Il confine è una soglia dalla quale il mondo passa, le culture si mescolano, l’immaginario narrativo lievita come il pane, cresce come il grano».
Il confine è infatti quel luogo duplice che, per sua natura, cambia a seconda della prospettiva: è la spaccatura che divide due paesi o la linea che, accompagnandoli, li unisce l’uno all’altro? Un pensiero che torna con forza a ricordarci, oggi, che la realtà può essere ribaltata da un momento all’altro, a seconda di come le cose vengono interpretate, solitamente da chi si arroga il diritto di prendere delle decisioni in modo iniquo, senza tenere conto dei diritti di tutte e tutti.