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La straordinaria esperienza di SuperBergamo, raccontata da chi l’ha vissuta

Articolo. Il collettivo è stato un sostegno a chi ne aveva bisogno durante le settimane più dure del coronavirus, attraverso i kit con beni di prima necessità e ad altre attività d’aiuto fondamentali. Un’azione all’insegna del mutualismo, della solidarietà e della cura degli altri

Lettura 7 min.

La pandemia di covid-19 ha ridisegnato i significati di diversi aspetti delle nostre vite. Fra questi a cambiare il proprio valore è stata la città, almeno in due diverse direzioni. Da un lato la paura della città come luogo del contagio, un’urbanofobia che per molti è andata a sostituirsi alla paura degli spazi urbani come luogo dell’insidia di presunti criminali, quali immigrati, rom e altri tipi di marginalità. Dall’altro la città come primo motore di una serie di movimenti di solidarietà che si sono attivati settimana dopo settimana in diverse città italiane per non abbandonare le persone più deboli e povere del territorio, le prime ad essere colpite dalle conseguenze socio-economiche di un virus che non è mai stato “la stessa barca” per tutti.

A Bergamo S.U.P.E.R., Supporto Popolare Unitario e Resiliente, conosciuto anche come SuperBergamo, ha attivato una decisa reazione solidale all’angoscia e alla solitudine portata dal contagio. È una vicenda entusiasmante la loro e abbiamo pensato che sarebbe stato utile farcela raccontare dai diretti interessati, Pietro Bailo del Maite di Città Alta e molti altri.

L’iniziativa – racconta Pietro – è nata da un messaggio nella chat interna del Maite: ‘Ho un’idea pratica per supportare gli over70 del quartiere, portargli a casa la spesa o ordinargliela on line. Qualche volontari*?” Una domanda a cui è arrivata una risposta massiccia: “In poche ore, si è organizzato praticamente tutto. Numero telefonico, volantini appesi in giro, centralino a rispondere, rete di volontar*. 50 in 2 giorni. Diventati poi 200 nel tempo. Tutt* assicurat*, con DPI consegnati e formati per quanto possibile dall’impossibilità di vedersi”.

Un’idea di “mutualismo dal basso” che ha preso subito piede: “come eravamo disponibili per i nostri genitori, nonni, amici, ci si è messi e messe a disposizione di tutte e tutti quelli che ne avevano bisogno. Abbiamo affrontato la nostra paura e l’impotenza di fronte a questa situazione sconosciuta, ci siamo dotat* di consapevolezza epidemiologica e abbiamo cominciato. Nel giro di una decina di giorni si sono aggregate, ed è stato fondamentale, alcune realtà amiche (Ink Club, Pacì Paciana, Kascina Popolare, Club Ricreativo Pignolo, Arci Bergamo, Popolare Ciclistica). Questo ha permesso di coprire molte più zone ed essere più efficaci nel servizio”.

Il valore di condivisione degli intenti ha permesso a S.U.P.E.R. di mettere in campo forze importanti: “basti pensare che abbiamo creato un magazzino di preparazione e smistamento dei kit solidali nei locali di Ink Club o alla disponibilità di Spazio Jurka che si è occupato di creare e consegnare kit solidali nella zona della bassa bergamasca, evitandoci di dover fare decine di km di strada”.

Da qui è partito il lavoro rivolto alle persone bisognose che “nella nostra città sono le stesse di tutte le città, ovvero le fasce deboli (anziani, disabili, ammalati, famiglie numerose, immigrati con o senza permesso di soggiorno, etc.)” Ma non solo, racconta Marco: “durante la fase 1 i bisognosi erano tutti e avremmo potuto essere noi: c’era la famiglia borghese che aveva bisogno di farmaci e cibo, c’era il padre, ristoratore separato che non aveva più soldi per fare la spesa, c’era la donna, in attesa del primo figlio, che aveva bisogno di integratori per la gravidanza e contenitori per l’urinocultura, il muratore e la moglie governante, abituati a lavoro e a non chiedere nulla a nessuno, che richiedevano, con vergogna un kit solidale per far mangiare i figli… e poi le centinaia di persone di tutte le estrazioni sociali che si adoperavano per far arrivare, tramite noi, spesa e farmaci ai parenti ammalati o isolati o anziani”.

Fatti due conti a S.U.P.E.R. hanno partecipato circa 200 persone, e ciascuna ha vissuto l’esperienza a modo proprio, come racconta Francesca Olmo. “Inizialmente è stato utile distogliere lo sguardo dal mio piccolo per dare le giuste proporzioni al disagio percepito. Parlare con le persone che chiamavano, confortarle e rassicurarle mi ha fatto realizzare quanto avessimo in comune, quanto simili fossero i nostri sentimenti, quanto uguali siamo come esseri umani. La solidarietà è stata la naturale cornice di una relazione reciproca fondata sull’esistenza e sulla resistenza. Si è instaurata, talvolta, una grande empatia con gli utenti, che raccontavano di sé: problemi, ricordi, paure ...e alla fine ci si salutava, ora con la voglia di ridere, ora con il conforto del sentirsi, uniti, più forti”.

Nella testimonianza di Francesca ad un certo punto emerge una parola: disincanto. Uno dei sentimenti dominanti del nostro tempo, quella sensazione che tutto vada male ma non si possa fare niente: “Il disincanto sopravvenuto in occasione di fatti di opportunismo ha nutrito di complessità un sentimento altrimenti un po’ naif: la bontà. La ricchezza dell’esperienza fatta con S.U.P.E.R. ha dato un senso esistenziale ad un periodo disorientante. Stiamo tracciando nuove rotte? Spero di sì”.

Nelle parole delle donne e degli uomini di S.U.P.E.R. si percepisce passione e voglia di fare, ma non tutto è stato semplice: “Certamente ci sono stati momenti difficili – spiega Anna Grassi – trovarsi faccia a faccia con la solitudine e la paura, le morti, le difficoltà che hanno travolto famiglie e singoli, costretti a rivolgersi a sconosciuti per richieste intime e personali. Allo stesso tempo questo è stato ciò che ha reso speciale questo periodo: avere un punto di vista privilegiato di cosa è stata la nostra città, esplorare vicoli, condomini, cortili che altrimenti mai avrei potuto vedere; trovarsi, al pianerottolo, alla cassa, ai semafori, a dirsi, senza dirsi, quanto possono essere forti gli umani quando si associano e si uniscono”.

S.U.P.E.R. è stata anche un’occasione di unire cultura e solidarietà con il progetto Brigata Ermanno Olmi: chiunque può “adottare” un film di un regista bergamasco e devolvere una quota a SuperBergamo. Ce lo racconta Chiara Cremaschi, curatrice e inventrice della Brigata: “Chi compra i pacchetti di film fa una donazione a SuperBergamo. Invece, attrici e attori che ho contattato e sto contattando, fanno da madrine e padrini adottandone uno e questo sì, serve per la promozione, ma non è ‘solo un’azione promozionale’. Stanno arrivando molte ‘adozioni’, da attrici e attori importanti, non rispondono a tutti. Vuol dire che hanno capito il progetto e che per loro non è solo elemosina”.

I risultati dell’iniziativa secondo Chiara “sono ottimi. Siamo partiti con sette film, ora online ce ne sono ben 35, ed altri arriveranno presto. Un buon interesse ha riscosso il pacchetto ‘a tema’ sui film della resistenza, rilasciato il 25 aprile; mentre a breve metteremo online un pacchetto di soli film di animazione contenenti delle opere davvero particolari. Da lì ad organizzare un’asta di quadri e fotografie di artisti che si esprimono con queste altre arti il passo è stato breve”.

Come vi abbiamo raccontato in queste settimane, gli artisti sono tra quelli che professionalmente stanno pagando il blocco di quasi tutte le attività culturali: “non a caso – continua Chiara – tra i volontari di SuperBergamo tanti sono artisti che, senza più impegni professionali, si sono messi a disposizione. Abbiamo voluto attivare i tanti artisti che conosciamo che sapevamo sarebbero stati ben contenti di supportare l’iniziativa anche in altro modo, donando ad esempio la loro opera alla causa”.

La cifra raccolta da S.U.P.E.R. per la propria attività di sostegno è impressionante: al 31 maggio 74.223 €, di cui 57.518 € utilizzati, come illustrano Emanuele e Dimitri: “Abbiamo speso circa 5.000€ per assicurare i volontari, 960€ per DPI e circa 45.000€ per il servizio spese. E abbiamo in mente di investirne altri sui progetti in essere, previa comunicazione pubblica”. In altre parole le donazioni sono state tantissime e da ogni dove, “anche dall’estero, a dimostrazione del fatto che la solidarietà unisce le persone. Non smetteremo mai di ringraziare tutte le persone che si sono private di qualcosa per garantirlo invece a chi ne avesse più bisogno”.

La donazione però prevede anche una responsabilità dell’uso: “Ora stiamo valutando come muoverci per utilizzare al meglio ciò che resta, considerando che la crisi economica è solo all’inizio e che tante famiglie stanno avendo problemi a pagare affitti ed utenze. E considerando pure, nostro malgrado, che non è possibile escludere un eventuale secondo picco di contagi. Saremo in ogni caso trasparenti e pubblicheremo con cadenza settimanale il nostro bilancio”.

Ma SuperBergamo ha anche un valore “politico” fortissimo. Alternativo alle istituzioni, ma in collaborazione con esse – in questo caso il Comune di Bergamo, altri comuni della Provincia e Caritas con i Centri d’ascolto. Contrapposto all’urbanofobia di cui dicevamo all’inizio e a favore della reciprocità, un valore che nei prossimi anni diverrà sempre più fondamentale. Federico: “l’emergenza covid-19 ha svelato una delle tante contraddizioni incardinate nella nostra società, ovvero lo spazio pubblico concepito come somma aritmetica di spazi privati: lottizzazione di dehors, bancarelle, oppure delimitazione oraria di vie per la movida... Quando lo spazio della città si è svuotato, mostrando tutta la sua inconsistenza pubblica, abbiamo portato nelle case di molti non solo cibo, ma soprattutto relazioni e solidarietà, riconnettendo il pubblico con il privato”.

Il 25 aprile S.U.P.E.R. ha festeggiato la Liberazione, ed è interessante capire quale significato abbia assunto quest’anno una festa senza cortei, in casa. Matilde e Bea: “I valori della Resistenza per noi non si celebrano una volta all’anno nelle piazze. La nostra resistenza è quotidiana, si concretizza nelle scelte che abbiamo fatto tutti i giorni. La Resistenza di oggi è quella che permette alle famiglie, rimaste senza lavoro, di poter mangiare; è quella che non lascia soli i nostri genitori, i nostri nonni, i nostri figli, i nostri amici; è quella che ha tamponato attivamente l’emergenza e che domani non dimenticherà di chiedersi i nomi dei responsabili di questa enorme catastrofe. Siamo persone ‘normali’ eppure abbiamo creato oggi ciò che solo ieri sembrava impossibile. Abbiamo messo da parte ogni giorno la nostra paura e il nostro individualismo e insieme resistiamo perché vogliamo una società migliore, fatta di Solidarietà e Partecipazione”.

L’emergenza intanto si affievolisce e il territorio bergamasco sta cercando di ripartire, tuttavia S.U.P.E.R. non si ferma, anzi. Ogni martedì alle 18.00 il gruppo di gestione di SuperBergamo si ritrova per fare il punto della situazione. Sono circa 35 le persone partecipanti e c’è un grande interesse all’interno. Così racconta Valeria: “C’è un grande bisogno di ragionare il presente, partendo dalla pratica quotidiana. I gruppi interni che sono nati, confluiscono qui per raccontare le proposte e scegliere assieme quali direzioni prendere. Si sono creati così all’interno di Super Bergamo dei gruppi di riflessione formati da professionisti rispetto ad alcune tematiche. In particolare si è creato il gruppo cultura, il gruppo di riflessione sul tema minori e il gruppo libri”.

Dal gruppo cultura è nato il progetto GAP – Gruppi Artistici Popolari, “a supporto delle lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e con lo scopo di portare in giro sollievo attraverso l’arte”. Per i minori c’è il gruppo SuperEdudi volontari professionisti nel settore educativo, che intende pensare ai minori e tentare di portare al centro bambini/e, preadolescenti e adolescenti”. La questione libri viene invece supportata “dal gruppo SuperLibri, in collaborazione con alcune librerie indipendenti di città e provincia. Andrà ad aiutare le famiglie in difficoltà economica ad affrontare un’altra importante quanto inevitabile spesa: quella dei libri e delle letture scolastiche per l’estate”.

Quindi cosa diventerà S.U.P.E.R.?Lo scopriremo presto – chiosa Pietro – Molti di noi, soprattutto le associazioni, sono impegnate a sopravvivere in questo momento. Nessun decreto, statale, regionale o comunale prevede il supporto degli enti non profit o di volontariato. Ci troviamo a non riuscire a far fronte alle spese di gestione ordinarie. Ad oggi non sappiamo se e quando potremo riaprire e soprattutto, con che modalità. Ci occupiamo di socialità, musica e teatro. I tre aspetti più duramente colpiti dalle misure di contenimento. Saremo in grado di sopravvivere a tutto ciò? Forse sì, ma dovremo farlo con le nostre sole forze. Ma se non sopravviveremo, cosa perdono tutt*? Cosa perde Bergamo? Ecco, questa è la domanda che invitiamo a porsi. Noi continueremo a praticare quotidianamente mutualismo, solidarietà e cura”.

Sulla pagina di SuperBergamo (link qui sotto) troverete tutte le prossime attività.

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