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La biblioteca del runner, consigli di lettura per appassionati di corsa

Articolo. Quattro libri per alimentare il nostro folle amore per questo sport attraverso le storie di atleti straordinari: correre, ma anche leggere

Lettura 4 min.

Che c’azzecca la corsa con i libri? Nonostante al primo impatto possano sembrare due attività agli antipodi in realtà la narrativa ha compiuto frequenti incursioni nel mondo del running: ci sono scrittori famosi che hanno provato a raccontare la propria personale passione o che si sono messi a decantare le vicende più o meno curiose dei grandi atleti del passato e ci sono trame di romanzi in cui la corsa diventa occasione di riscatto, di crescita, di conoscenza di sé.

Ho provato a selezionarne alcuni senza la minima pretesa di essere esaustiva (impresa di per sé impossibile) ed escludendo intenzionalmente le guide dei coach e i manuali di auto motivazione, seppure alcuni siano molto belli e altrettanto utili e meritino sicuramente la lettura. Quelli che troverete di seguito sono quattro titoli abbastanza recenti che sembrano fatti apposta per emozionarci e farci venire una irrefrenabile voglia di allacciarsi le scarpe ed uscire per strada a macinare chilometri. Sono tutte storie vere (anche se alcune talmente mirabolanti da sembrare ai limiti della realtà) e hanno la peculiarità di trasmettere entusiasmo ad ogni pagina. Insomma sono una forma di “doping” benefico e a buon mercato da tenere sulla mensola della libreria e utilizzare al bisogno.

“Born to Run” di Christopher Mc Dougall (2009)

Immaginate una folle corsa di 80 km tra i canyon della Sierra Madre Occidentale (siamo in Messico) che ha per protagonisti l’ultramaratoneta più forte del pianeta, una coppia di surfisti ventenni festaioli, un seguace del barefoot running (la corsa a piedi nudi), un ex lottatore ritiratosi dalla civiltà, un giornalista e un manipolo di Tarahumara, il popolo-corridore che vive da sempre isolato in queste zone e i cui membri (uomini, donne e bambini) sono noti per la straordinaria capacità di correre per decine e decine di chilometri senza apparente fatica, senza subire mai infortuni e calzando solo dei sottilissimi sandali in pelle.

Non è la trama di un cartone animato di Hanna&Barbera ma quello che accadde veramente nel 2006 alla prima edizione della Copper Canyon Ultramarathon e che Christopher McDougall ci narra lungo 400 pagine mozzafiato in cui sono svelati i retroscena organizzativi di questa impresa e molto di più. La gara infatti è il pretesto per raccontare le vite straordinarie di alcuni dei più grandi ultrarunner della storia e per spiegare la teoria antropologica che vede nell’abilità dell’homo sapiens di correre a lungo per cacciare gli animali la chiave di svolta della nostra evoluzione. Se volete scoprire perché tutti noi siamo nati maratoneti (e anche sapere come è finita la sfida di cui sopra) dovete assolutamente leggerlo.

“L’arte di correre” di Haruki Murakami (2013)

Questo è un grande classico dei libri sulla corsa. Murakami è uno scrittore affermato e con la sua scrittura pulita ed essenziale è in grado come nessun altro di mettere a nudo i pensieri che attraversano la testa di chi corre. In questo libro non troverete storie di risultati eclatanti o di imprese ai limiti dell’impossibile ma tutta la pervicace, puntigliosa determinazione che porta una persona a correre quasi ogni giorno, per anni, con qualsiasi condizione atmosferica.

E al contempo c’è il tentativo di rispondere ad una domanda amletica: “Perché lo faccio?”. La riposta è una presa di coscienza illuminante per tutti noi: correre è un’arte. Non un passatempo per rimanere in forma (come i profani possono pensare) ma un insieme di gesti consueti che ci aiutano entrare in contatto con noi stessi e, di conseguenza, ad accettare i nostri limiti e sviluppare le nostre potenzialità. Per esempio per Murakami correre è un modo per coltivare la creatività artistica, superare la timidezza, sfogare la rabbia o la frustrazione. Sta a noi trovare il nostro senso quando la corsa diventa una forma di meditazione.

“Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella (2014)

Inizialmente proposto come libro “per ragazzi”, quest’opera del giornalista Giuseppe Catozzella è una intensa storia di corsa che tutti dovrebbero leggere. Il libro, premio Strega Giovani 2014, racconta la vita di Samia Yusuf Omar, giovanissima atleta somala che partecipò appena diciassettenne ai Giochi Olimpici di Pechino nel 2008. All’epoca il video della batteria dei suoi 200 metri fece il giro del mondo: lei, gracile e affusolata in mezzo alle massicce atlete olimpioniche, arrivò ultima con oltre 10 secondi di ritardo dalla prima ma sostenuta dall’applauso di tutto lo stadio.

Samia morì pochi anni dopo nel tentativo di attraversare il mediterraneo su un barcone inseguendo la libertà e il sogno di diventare un’atleta professionista in Europa come il suo idolo Mo Farah. Catozzella riesce a tratteggiare con delicatezza e umanità il ritratto di questa ragazza, poco più che bambina, piena di talento, entusiasmo e determinazione nell’inseguire un grande sogno. Libro certo fondamentale per comprendere il dramma dell’immigrazione ma che ci permette anche di capire cosa vuol dire vivere la corsa come occasione di riscatto per sé e per la propria famiglia. Nelle parole e nelle scelte di Samia ci sono quel coraggio e quel senso di responsabilità che invece di schiacciarla a terra con il loro peso le mettono le ali ai piedi e la guidano verso traguardi impensabili. Perché la corsa può essere anche un’occasione di riscatto.

“L’arte della vittoria” di Phil Knight (2016)

L’autobiografia del fondatore della Nike (come recita il sottotitolo del volume) per molti aspetti è un inno allo spirito imprenditoriale americano e alla tanto decantata figura del self made man. La trasformazione di Phil Knight da studente di economia a miliardario creatore del marchio più iconico del running mondiale è un’appassionante cavalcata costellata di fallimenti e slanci, di amicizie e di scontri, di folli intuizioni e ferrea determinazione. Ma quello che mi è piaciuto di più sono le storie delle persone che si intrecciano alla nascita delle celebri scarpe da corsa.

Per esempio quella del leggendario allenatore Bill Bowerman, co-fondatore della Nike e padre di alcune brillanti intuizioni che fecero crescere in qualità tecnica il marchio, come la suola a forma di waffle realizzata fondendo una miscela di gomma in uno stampo per dolci. Oppure la storia di Steve Prefontaine, atleta geniale, spregiudicato e fortissimo – negli Stati Uniti famoso come una rockstar – morto a soli 24 anni in un incidente stradale, all’apice della sua carriera. Vale la pena godersi l’intreccio di questa storia vera in cui il fallimento (temuto, sfiorato, ad un certo punto anche desiderato) diventa il carburante essenziale per la ripartenza. Lezione che ogni buon atleta conosce bene.

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