Tre personaggi a Venezia
nelle età cruciali della vita

«Il cipiglio del gufo» (Einaudi, pagine 387, euro 21) è l’ultimo romanzo di Tiziano Scarpa, già premio Strega e Premio SuperMondello, nel 2009, con «Stabat mater».

Tre personaggi, tre storie, tutte ambientate soprattutto a Venezia, dove è nato e tuttora risiede lo scrittore. Tre «parti», possibili alter ego, cittadini interiori, dello scrittore. Rappresentanti, rispettivamente, ha dichiarato l’autore in un’intervista, di altrettante fasi critiche della vita: trenta, cinquanta, settant’anni. Capitoli brevissimi, che dipanano, in continua regolare alternanza, i fili delle tre storie (o della storia una e trina). L’ordine di apparizione è inverso a quello anagrafico: prima il più anziano, Nereo Rossi, il radiotelecronista di calcio più famoso d’Italia, cui è stata diagnosticata una malattia degenerativa del cervello. Poi Adriano Cazzavillan, professore di liceo che coltiva, nei dopocena, l’ambizione di scrivere un best seller. Dovrà vivere una lunga avventura per salvare il figlio hikikomori.

Il più giovane è Carletto Zen, improvvisatore ritrattista, che cerca di affascinare vedove mature e facoltose per averne, anche, ritorni materiali. Tre modi di cimentarsi con il mestiere di vivere, di rapportarsi con le parole, la scrittura, l’immaginazione, la «creazione». Alle «Care parole» si rivolge Nereo Rossi, nel diario che comincia a scrivere, convinto che lo avrebbero, una per una, abbandonato, nel progressivo sfacelo delle sinapsi. Per contrastare la fuga, si esercita a descrivere tutto ciò che vede, inseguendo allo sfinimento i vocaboli più specifici e acconci. Come «cavedio»: cui è toccato in sorte di significare un certo tipo di cortili interni, ricetti di polvere semiabbandonati, «come i ripostigli della mia mente, in cui si stingono e sgretolano tutti i ricordi che perderò».

La sua cattiva coscienza è il fratello poeta, Antioco, rimasto, poverissimo, nella miserabile stamberga della loro infanzia. Lui, le parole non le ha vendute. A lui, anche per più o meno inconscio desiderio di rivalsa, il famoso Nereo riuscirà a far riconoscere la Bacchelli, traverso i buoni uffici del più giovane deputato del Parlamento italiano: tal Vincenzo Famigli, sceso in campo nell’agone politico partecipando alle elezioni dell’immaginario comune di Caratello d’Adda, in provincia di Bergamo. Perso nei reami di Alzheimer, sotto sopracciglia folte di peli sconclusionati, anarchicamente irraggianti in direzioni diverse, Antioco scruta il fratello, dopo anni di lontananze, con «cipiglio severo». Il cipiglio del gufo. 

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