Come e quanto sono cambiati i bergamaschi?

Per scoprirlo L’Eco di Bergamo e i sociologi dell’Università degli studi di Bergamo danno il via ad una grande indagine sociologica.

Il nostro viaggio prosegue, insieme a voi

«Un viaggio alla scoperta del futuro che costruiremo»: il titolo della nostra prima uscita, a settembre, riassumeva bene l’obiettivo di «Missione Bergamo». Fino a gennaio abbiamo proposto diversi interventi di esperti e personalità significative per la realtà bergamasca, avendo a tema le domande centrali sull’identità bergamasca (tutti i contributi si possono ritrovare sul nostro sito). Il viaggio ora riprende, con modalità nuove. La prima novità è una grande indagine sociologica sulle caratteristiche e le trasformazioni della nostra società, voluta da L’Eco di Bergamo in collaborazione con il gruppo di sociologi dell’Università degli Studi di Bergamo, diretti dal prof. Stefano Tomelleri. Un’indagine che proseguirà fino a maggio e che vedrà un bel gruppo di nostri collaboratori locali (vedi qui sotto) impegnati sul territorio ad intervistare tanti testimoni e protagonisti della vita delle nostre comunità.

L’indagine, e quindi le interviste, si concentreranno su quattro ambiti prioritari: la famiglia, il mondo del lavoro, la vita religiosa, e infine il senso civico e la partecipazione politica. Ogni giovedì, sulle pagine de L’Eco di Bergamo, accompagneremo l’indagine con altri articoli ed interviste di chi si sta già confrontando con le sfide del cambiamento e si trova impegnato tutti i giorni a sperimentare e costruire risposte nuove. In tutto questo rimane decisivo il vostro apporto. Continueremo a pubblicare tutte le idee, le proposte, i contributi che vorrete mandarci. Vorremmo coinvolgere tutti in questa grande discussione collettiva sul futuro della nostra provincia. Riguarda la nostra vita, ma anche quella dei nostri figli e nipoti. Per questo è un viaggio che solo insieme possiamo fare.

Inviaci anche il tuo contributo scrivendo a [email protected]

Gli obiettivi della nostra indagine

di Stefano Tomelleri
(Professore di Innovazione e ricerca sociale all’Università di Bergamo, e presidente dell’Associazione italiana di sociologia)

Qual è l’identità sociale dei bergamaschi e delle bergamasche di oggi? Quali sono i valori che qualificano il sentirsi di Bergamo? Come stiamo cambiando e in quale direzione stiamo andando? Queste sono le domande guida di una ricerca sociologica che nasce dalla collaborazione tra l’Università degli studi di Bergamo e il progetto Missione Bergamo promosso da L’Eco di Bergamo in un percorso multicanale. Insieme a un gruppo di sociologi e sociologhe (prof.ssa Vera Lomazzi, prof. Roberto Lusardi, prof. Lorenzo Migliorati del Dipartimento di Scienze Aziendali e la prof.ssa Marta Pantalone del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere) avviamo un’inchiesta sociologica in stretta collaborazione con i giornalisti de L’Eco di Bergamo.

Per circa sei mesi da marzo in poi, i giornalisti andranno a intervistare i bergamaschi e le bergamasche per chiedere il loro punto di vista sui cambiamenti avvenuti in questi anni. Non è la prima volta che giornalisti e sociologi lavorano insieme, scambiandosi idee e confrontandosi sul campo di ricerca. Una delle più importanti scuole di sociologia, la scuola di Chicago, conta tra i suoi padri fondatori un giornalista, Robert Park. Agli inizi del Novecento, Park ha iniziato la sua carriera come giornalista, lavorando per il quotidiano di Minneapolis «Star Tribune». Questa esperienza giornalistica ha influenzato il suo approccio alla ricerca sociologica, poiché Park riteneva che il giornalismo offrisse una formazione preziosa nell’osservazione diretta della società e nell’analisi delle dinamiche sociali. In quegli anni, principalmente dagli anni Venti in poi, la città di Chicago stava attraversando una profonda trasformazione del suo tessuto urbano, con la presenza della grande industria automobilistica, i primi imponenti flussi migratori, le gang giovanili, la crisi economica del 1929, e molto altro ancora. Era necessario un modo di fare ricerca nuovo, capace di interpretare quanto stava accadendo nelle persone e nella vita collettiva.

Bisognava intervistare e osservare da vicino chi stava vivendo in prima persona i cambiamenti in corso. Per capire cosa stesse succedendo, bisognava scendere per le strade e parlare con le persone.

L’impatto sociale del Covid
La nostra ricerca fa propria la convinzione che Bergamo, sebbene non sia paragonabile per dimensioni e problematiche alla Chicago degli anni Venti, abbia attraversato in questi ultimi anni trasformazioni profonde per il proprio tessuto sociale. Chiedersi dove stiamo andando è un modo per iniziare a elaborare riflessivamente alcuni cambiamenti non ancora interamente compresi.

L’impatto sociale della pandemia da Covid-19 è stato uno spartiacque dirompente per Bergamo e la sua provincia. Sappiamo, ad esempio, che nei mesi immediatamente successivi alla pandemia si è sviluppata una significativa trasformazione del mercato del lavoro, che ha portato poi, una volta rientrata la crisi, molte persone a scegliere di licenziarsi o di cambiare il proprio lavoro. Questo fenomeno ha assunto nel tempo una portata tale da essere definita Great resignation (le Grandi dimissioni). Ma il cambiamento non ha toccato solo il mondo del lavoro, la nostra impressione da studiosi della società è che abbia fatto emergere trasformazioni di più lungo periodo che riguardano il rapporto con la religione, la vita in famiglia, la partecipazione politica e civile. Sono cambiate alcune tendenze profonde della nostra realtà sociale e per capirle occorre tornare nuovamente a fare ricerca sul campo in larga scala. Speriamo di riuscire a interpretare il cambiamento e a restituire i risultati di questa indagine, che saranno poi presentati al pubblico bergamasco nell’autunno di quest’anno.

Tante interviste ai protagonisti della vita di un territorio

di Vera Lomazzi
(Docente di sociologia all’Università di Bergamo)

Un modo nuovo di fare ricerca
Come si può indagare il cambiamento nella società bergamasca dopo la pandemia, tenendo conto della complessità di un territorio così diversificato come quello della provincia di Bergamo? Per affrontare questa sfida, il gruppo di sociologi e sociologhe dell’Università di Bergamo e lo staff della redazione dell’Eco di Bergamo hanno unito le forze. Ricercatori e ricercatrici mettono a disposizione le proprie competenze nella metodologia della ricerca, lo staff della redazione offre invece - attraverso la rete dei collaboratori locali - la sua conoscenza capillare del territorio e le competenze professionali nella realizzazione delle interviste e nella comunicazione dei risultati. Accanto a questi due attori del progetto, non possiamo non citarne un terzo, fondamentale: il territorio e i suoi testimoni che nei prossimi mesi si renderanno disponibili a raccontarci le trasformazioni sociali che osservano.

Come si svolge una ricerca di questo tipo? Innanzitutto, è stata necessaria una fase di preparazione della rilevazione e di formazione sulla ricerca sociale e metodi di intervista. Voi direte: ma come, non è l’intervista il pane quotidiano di chi fa giornalismo? Certo che sì! Ma le modalità di interazione nella situazione di intervista possono essere molto diverse tra l’inchiesta giornalistica e l’indagine sociologica. È stato dunque importante “contaminarsi”. A partire dalle domande di ricerca relative alle trasformazioni in quattro temi clou (famiglia, lavoro, religione e politica), abbiamo condiviso le tracce di intervista e i collaboratori dell’Eco di Bergamo hanno iniziato a programmare le interviste. Ma intervistare chi? E perché?

Con questo tipo di indagine lo scopo non è tanto quello di raggiungere una rappresentatività statistica della popolazione che vive in provincia di Bergamo, quanto quello di osservare la realtà sociale attraverso lo sguardo di attori del territorio che, per il proprio lavoro o ruolo, hanno un osservatorio “privilegiato”. Suddivisi in base a 14 aree geografiche, i collaboratori dell’Eco di Bergamo hanno individuato tra i 5 e gli 8 osservatori privilegiati in ogni area e per ciascun tema. Complessivamente, questo significa che s aranno realizzate circa 350 interviste che permetteranno di comprendere da vicino i principali cambiamenti in corso. La scelta degli osservatori privilegiati segue alcuni criteri condivisi nel gruppo di progetto, individuando alcune figure che, nell’ambito delle comunità rappresentano dei punti di riferimento o che, in ogni caso, hanno la possibilità di interfacciarsi con una pluralità di esperienze.

In partenza, nella lista delle persone da intervistare non abbiamo dunque un nome, ma un ruolo nella comunità: per esempio, la farmacista e il barista, il parroco e l’imprenditrice, la presidente di un’associazione e l’assessore, la dirigente scolastica e l’allenatore sportivo. Le persone specifiche sono poi identificate e contattate dai collaboratori dell’Eco di Bergamo anche alla luce della copertura territoriale. Le interviste raccolte saranno poi analizzate e interpretate dal gruppo di ricerca utilizzando tecniche tipiche dell’indagine sociologica. È importante precisare che il contenuto delle interviste sarà trattato seguendo gli standard etici della ricerca scientifica e nel rispetto della protezione dei dati personali secondo la normativa vigente. Ciò significa che, per esempio, il materiale di intervista sarà analizzato in forma anonima e restituito in forma aggregata. A partire dal mese di settembre, i risultati saranno poi restituiti al pubblico e al territorioche, generosamente, ha condiviso le proprie osservazioni. Ciò avverrà sia attraverso le pagine dell’Eco di Bergamo sia nell’ambito di eventi pubblici

Non limitarti a leggere, progetta con noi la provincia che vorresti abitare

In questo contenitore puoi ritrovare tutti i contributi che abbiamo proposto per Missione Bergamo da settembre a gennaio: dal calo delle nascite alla transizione economica ed ecologica, dalla città che educa a come sta cambiando il lavoro, e a come il lavoro cambia il nostro territorio. E ancora i temi ambientali, urbanistici e della sanità, così come la domanda sui valori di fondo che sono alla base della nostra identità e convivenza.

E in questo spazio continueremo a pubblicare tutte le proposte che ci invierete. A partire da quelle che i lettori ci hanno inviato nelle ultime settimane:

Ho letto molte proposte sensate, quasi tutte in favore di una città (allargata all’hinterland) più sostenibile, a misura d’uomo. Quindi, mi unisco al coro: più mezzi pubblici anche in fascia oraria notturna ed a prezzi allettanti per tutti, compresi coloro che vivono appena fuori città (perché distinguere in tre zone?); più ciclabili vere, sicure, distinte dalle vie pedonali e carrali; spazio alle persone a scapito delle auto, per vivere la città nelle strade, nelle piazze e nei parchi, non solo in occasione di feste e spettacoli, ma anche solo per sedersi e giocare a carte, a scacchi, al pallone o a bocce, come ho visto fare in alcune città europee, senza essere obbligati a sedersi e consumare al tavolino di un bar. Che lo spazio pubblico lo sia davvero. Diamo la città ai cittadini. Che sogno!
Virna

Certo, investire nei mezzi pubblici è la soluzione per ridurre il traffico congestionato che affligge, ormai a tutte le ore, la nostra città e la provincia. Andare e tornare dalle valli senza fare colonne è ormai impossibile. Abbiamo investito troppo sulle auto e non sui treni, bus e piste ciclabili. Un’altra cosa da fare sarebbe ridurre il trasporto su gomma. Lo vedete quanti camion ci sono in giro? In Svizzera hanno in progetto di eliminarlo totalmente, noi apriamo cantieri costosissimi che durano anni e non risolvono i problemi del traffico. Viviamo in una delle zone più inquinate del pianeta e non prendiamo posizione contro chi ci guadagna che le cose non cambino. Generazioni di amministratori ma la mentalità non cambia. Sarò pessimista ma se non si interviene a breve avremo la viabilità paralizzata e la salute sempre più compromessa. Stiamo a vedere..
Alessandro Arzuffi

Bergamo è una città economicamente ricca però ci sono tante cose da migliorare. Nonostante l’apparente ricchezza, ci sono poche opportunità di lavoro per giovani e donne in particolare. La politica di non assumere e formare in azienda, in Italia, non crea benessere sociale e economico. Non si può dire che la scuola deve formare anche per il lavoro. Le aziende devono fare la loro parte affiancando gente con esperienza ai nuovi lavoratori, una cosa che non vogliono fare perché dicono che costi troppo. Con questa mentalità non c’è futuro nel trasmettere il know-how. Io sono inglese e nessuna azienda in Gran Bretagna o in altre nazioni si permetterebbe di fare certe domande alle donne giovani, qualificate e non, e volenterose, se intendono fare famiglia. Qui ci sono troppe aziende piccole con una tale mentalità. E infatti è la nazione con meno donne e giovani che lavorano. La meritocrazia spesso non esiste e si usa ancora il sistema arretrato delle conoscenze. Ed è anche per questo che le aziende vanno male. Inoltre, dire che i giovani non vogliono lavorare è un insulto. Gli stipendi in Italia, in generale, sono molto bassi e Bergamo non è un’eccezione. Dal 1990 il potere di acquisto è sceso solo in Italia mentre in tutte le altre nazioni è cresciuto. Poi, per incoraggiare a fare figli ci vogliono politiche permanenti che vanno dalla nascita all’indipendenza economica di un figlio, dando, come in altre nazioni, dai 150 euro in su per ogni figlio, al mese e non una tantum! Più aiuti economici alle famiglie sono necessari. Per quanto poi riguarda la paesaggistica, la Bergamasca è troppo cementificata con edifici e piccole industrie brutti, troppo vicini ai centri abitati. Tante belle zone rovinate con industrie vecchie e abbandonate. (...) Edifici scolastici e non che hanno bisogno di essere mantenuti e modernizzati, invece di costruire poli nuovi. Se l’Italia ha necessità di più fondi, un’idea sarebbe introdurre le targhe auto private. Così facendo tanti ricchi sarebbero disposti a pagare molte migliaia di euro, come avviene in alcune nazioni, come una tassa in più che farebbe una differenza per le finanze dello Stato. Sono necessari più controlli sulle dichiarazioni degli imprenditori e che paghino le tasse che gli spettano. Per la transizione ecologica bisogna infine ridurre l’inquinamento industriale e quello stradale e creare più aree verdi. Rinnovare la flotta degli autobus. Una missione deve essere quella di lasciare un’eredità sana e speranze per le future generazioni.Vi ringrazio dell’opportunità di esprimere opinioni e suggerimenti.
Susan Holmes

Bisogna estendere il bike sharing (muscolari ed elettriche) anche alla provincia. Inoltre l’unico mezzo che dalla provincia alla città ha un senso è la Teb.
Raffaella Usnaghi

Eliminare l’isolamento di Bergamo: la grande Bergamo collegata da una rete ferroviaria europea. Raddoppio Bg-Brescia, Bg-Lecco, Bg-Carnate: rendere tali linee idonee all’alta velocità. Intorno a Bergamo esse dovranno fungere anche da metropolitana. Le linee tranviarie allungarle: una fino a Clusone e l’altra fino a Piazza Brembana. Solo le ferrovie porteranno Bergamo in Europa.
Angilberto B.

Transizione ecologica: sì, è tutto bello ma occorre partire dalle piccole cose per raggiungere le grandi. Proporrei una visita in Svizzera. Copiare le cose buone e belle non è peccato.
Gia Pizzinelli

Penso che l’identità bergamasca si possa identificare, indipendente dall’essere un lavoratore dipendente o un imprenditore, in: gran lavoratori, visionari e generosi. Spero che questo prosegua con le nuove generazioni.
Marco Manenti

© RIPRODUZIONE RISERVATA