«A Bruxelles promuovo lo sport
nelle scuole, rete di 21 nazioni»

Le radici in Bergamasca, gli studi in Scozia. Il volontariato in Bielorussia, l’Erasmus in Estonia, il lavoro e la residenza a Bruxelles. Una fidanzata ucraina. Andrea dice: «Ho sempre cercato di fare esperienze un po’ particolari e diverse dai soliti standard»: come non credergli? Andrea Castagna, classe 1992, è cresciuto a Caravaggio, nella stessa via di Riccardo Montolivo, talento atalantino che partendo da quella strada raggiunse la serie A e la Nazionale.

Anche lui, il «Casta», di strada ne ha fatta parecchia: oggi lavora per l’Enas (European Network of Academic Sports Services), un’associazione internazionale non governativa che si occupa della promozione di sport e attività fisica a livello di scuola superiore. In pratica, una rete di università europee, fondata nel 1997 a Chambéry e dalla Francia allargatasi sino a contare, attualmente, 120 membri di 21 nazioni diverse. «Io mi occupo di coordinarne le attività – spiega Andrea – e di veder realizzati i progetti distribuiti in tutta Europa. L’anno scorso, ad esempio, mettemmo in scena a Trento un forum di tre giorni ricco di dibattiti, proposte e attività: avremmo dovuto ripeterlo ora a Sterling, ma causa covid oggi ci muoviamo solo on line». La scelta della Scozia, tra l’altro, non era stata casuale: «In questo periodo è importante coinvolgere le università del Regno Unito, così da approfondire gli effetti della Brexit: lo sport è in grado di offrire eccezionali occasioni di discussione e confronto».

E non solo: nulla come lo sport costituisce fonte di dialogo e di incontro. «Organizzare tornei e competizioni non è mai stato il nostro focus, ma se un’università ha validi progetti in tema noi garantiamo supporto. Fra gli appuntamenti saltati, ma solo per ora, c’erano anche un torneo di basket programmato a Tel Aviv, a cui avrebbero partecipato ragazzi sia israeliani che palestinesi; e una corsa di beneficienza in programma a Vigo, in Spagna».

Certo, questi sono i giorni in cui Zoom si è sostituito alle strette di mano. «Ma conto sulla possibilità di ritrovare al più presto tutte le dinamiche del mio lavoro, fatto di incontri fra persone e cooperazione fra istituti. L’ho sempre trovato molto appagante». È a questo genere di futuro che Andrea pensava durante i giorni del liceo, e poi da studente universitario con indirizzo storico, e ancora mentre conseguiva la specializzazione in Scienze politiche a Glasgow. «Ho mirato a una formazione di un certo livello ma, purtroppo, in Italia le prospettive non erano invitanti. Cercavo un rapporto diretto con i professori e invece mi scontravo con un apparato burocratico impenetrabile: così ho scelto la Scozia, anche perché ho sempre voluto migliorare il mio inglese. Timori? Certo, ma rimanere a Milano sarebbe stato il piano B. E con il senno di poi posso dire di aver fatto la scelta giusta».

E dunque il tragitto personale ha preso una direzione ben precisa, passando per un paio di tirocini e sfociando in una domanda all’Enas di Bruxelles: assunto a 26 anni, tempo indeterminato e trattamento economico adeguato. «Soprattutto, ci si sente valorizzati: a me è stato affidato il compito di coordinare questo network, un incarico di responsabilità che difficilmente in Italia mi sarebbe stato assegnato un solo anno dopo la laurea. Naturale che tanti giovani italiani, per nulla rassegnati a un futuro incerto in patria, guardino oltre il confine, perché ormai è talmente facile muoversi che chi ha spirito e volontà ci mette poco a fare le valigie. Un peccato per la nostra nazione, che perde un intero patrimonio di talento».

Lo sa bene, lui, che a Bruxelles è in continuo contatto con tanti coetanei in arrivo dal Belpaese: «Sono vicepresidente di una rete di giovani italiani, la Regib: abbiamo deciso di creare un’associazione di volontari che si mette a disposizione di chi arriva per vivere, studiare, lavorare. Diamo una mano per affrontare le questioni logistiche e burocratiche, garantiamo riferimenti per le necessità più disparate, che siano anche una visita alla città o un corso di yoga».

Anche perché chi vuole, lassù, trova tutto. La capitale del Belgio è una città internazionale costantemente connessa con il resto d’Europa: «Dalla finestra di casa vedo il Parlamento europeo: qua ci si sente davvero immersi in questa dimensione di livello superiore, che non ti annulla bensì ti amplifica. Ci sono conferenze ovunque, proposte a getto continuo: se sei interessato, che so, alle patate dolci, sicuramente trovi un forum sulle patate dolci. E non si tratta solo di semplici questioni culturali: ho un amico appassionato di agricoltura, un altro di energia e combustibili, ed entrambi hanno trovato lavoro nei propri settori di competenza».

Scontati gli incroci politici che dettano le agende della vita cittadina. «Quando bloccano le strade per il Consiglio europeo e vedi sfrecciare la macchina con le bandierine tricolori sai che dentro c’è Giuseppe Conte. Un paio di anni fa ho avuto anche modo di parlare con Antonio Tajani, che all’epoca qua era presidente del Parlamento». Inevitabile anche il dazio da pagare alle questioni contingenti: «La sicurezza è prioritaria, per strada girano i militari e nessuno ha dimenticato gli attentati del 2016 e tutti quei morti. Poi va detto che il Belgio, in generale, è un po’ caotico, ha i suoi problemi e le diatribe storiche fra fiamminghi e valloni: ma in fondo ci si può vivere senza problemi, qui sono stati due anni senza governo e in tale frangente hanno pure affrontato l’emergenza covid».

Oggi, a Bruxelles, Andrea vive con Anna, una ragazza dell’Ucraina conosciuta in Scozia e poi ritrovata nel cuore delle Fiandre. «Quando è venuta con me in Italia è rimasta affascinata dai territori e dai paesaggi, un po’ meno dalle zanzare. A volte ragioniamo sul futuro senza escludere, a fronte di proposte davvero significative, la possibilità del ritorno: sarà difficile, ma non mettiamo limiti all’avvenire. Intanto, in Belgio, mi consolo con la presenza della comunità italiana, davvero forte: l’altro giorno, al mercato, ho trovato anche il taleggio».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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