Da Seriate al Cern di Ginevra per svelare i segreti delle particelle

LA STORIA. Gli studi in Fisica a Milano e Parigi, Stefano Manzoni a 35 anni è «Research Staff» nel progetto Atlas. «Studio le ragioni per cui l’Universo è come ci appare».

«La passione per la fisica? Le materie scientifiche mi sono sempre piaciute, ho frequentato però il liceo classico perché mi piacevano molto anche le materie umanistiche e in particolare filosofia. Poi nel corso del liceo, durante le normali lezioni di fisica e matematica e alcuni corsi extracurricolari, la mia curiosità per la fisica è cresciuta sempre più. Dopo la maturità ho pensato che la fisica potesse darmi degli strumenti utili per capire il mondo, certo magari in modo parziale, e così ho deciso di intraprendere questa strada che piano piano mi ha sempre più entusiasmato». Stefano Manzoni, 35 anni, originario di Seriate, racconta così quel desiderio di comprendere il mondo che l’ha portato da sette anni a vivere a Ginevra in Svizzera, dove lavora al Cern all’esperimento Atlas. «Atlas è uno dei quattro principali esperimenti all’acceleratore di particelle Lhc del Cern. La sua missione è quella di spingere i confini della conoscenza scientifica per spiegare quali sono i costituenti fondamentali della materia e le forze fondamentali che li legano. Atlas, in poche parole, è stato progettato per scoprire le ragioni per cui il nostro Universo è come ci appare oggi». Svelare i segreti della cosmo attraverso lo studio delle collisioni fra particelle all’interno di Atlas è una sfida scientifica e tecnologica senza precedenti. Migliaia di scienziati provenienti da 42 paesi del mondo collaborano a questo esperimento. Il rivelatore Atlas è non soltanto estremamente complesso ma anche enorme, considerato che si tratta del più grande apparato mai costruito per la fisica delle particelle.

Dopo il Sarpi

«Dopo il liceo Sarpi mi sono iscritto alla facoltà di Fisica all’Università statale di Milano. Il mio percorso di studi si è quasi da subito focalizzato sulla fisica delle particelle e già dalla mia laurea triennale ho iniziato a lavorare all’esperimento Atlas, a cui continuo a lavorare tuttora. Dopo la laurea magistrale ho iniziato i tre anni di dottorato, un percorso in co-tutela tra l’Università di Milano e l’Università Sorbona di Parigi: ho frequentato il primo anno a Milano come pendolare da Bergamo, poi il secondo anno di dottorato, a novembre 2015, mi sono trasferito a Parigi per un anno fino a dicembre 2016. Cambiare città ha significato conoscere e collaborare con nuove persone, ma il mio lavoro di ricerca non è cambiato molto. L’idea è che ovunque, sia stando al Cern sia da remoto, si abbia accesso agli stessi dati e si possa lavorare alla preparazione dei risultati. All’inizio del 2017, poi, per l’ultimo anno di dottorato mi sono trasferito a Ginevra per lavorare direttamente al Cern».

La carriera e le attività

«Quando sono arrivato non sapevo quanto a lungo sarei rimasto – ricorda –: ho conseguito il dottorato nel dicembre 2017 e non mi sono più mosso da Ginevra fino a oggi». Prima ha ottenuto un contratto con l’Istituto di fisica subnucleare olandese Nikhef, «era un contratto post-doc di tre anni durante il quale sono sempre rimasto al Cern». Dopo questi primi tre anni, terminati nel 2021, Stefano ha vinto un contratto con il Cern come Senior Research Fellow e poi un altro contratto di cinque anni come Research Staff, avviato a settembre 2023. «Quindi adesso la prospettiva è quella di rimanere al Cern almeno altri cinque anni». Stefano vive da più di sette anni a Ginevra e da nove è «fuori» dall’Italia. «Oramai da più di 10 anni lavoro a uno dei quattro grandi esperimenti che sono costruiti all’interno dell’acceleratore Lhc del Cern: le particelle, in questo caso protoni, sono portate a una velocità prossima a quella della luce e poi vengono fatte scontrare in punti specifici attorno ai quali sono costruiti i rilevatori. Il mio lavoro è quello di analizzare i dati che il rilevatore Atlas registra a partire da queste collisioni. In particolare le mie analisi si concentrano sulla misura delle proprietà del bosone di Higgs, che è la più importante particella scoperta dagli esperimenti di Lhc al Cern. Il bosone di Higgs è stato scoperto nel 2012, dopo essere stato teorizzato per la prima volta nel 1964 dal fisico Peter Higgs. Fino alla sua osservazione sperimentale, questa particella era il principale pezzo mancante per verificare il modello standard, che è la teoria fisica che descrive le interazioni fondamentali tra particelle. Il bosone di Higgs ricopre un ruolo centrale nel modello standard perché permette a tutte le particelle fondamentali di avere una massa. Dal 2012 in poi gli esperimenti al Cern si sono concentrati sulla misura delle proprietà di questa nuova particella, con una sempre maggiore precisione, per capire se sono compatibili o meno con quelle previste dalla teoria. La misura più importante a cui ho contribuito di recente è la misura della massa del bosone di Higgs che al momento è la più precisa misura al mondo di questa proprietà. Tutte queste ricerche sono estremamente complesse e l’esperimento Atlas è enorme, coinvolge quasi seimila persone, per cui nel mio lavoro non sono mai solo ma collaboro sempre con team che variano dalle 10 alle centinaia di persone».

«Gioco di squadra»

L’aspetto collaborativo, spiega Stefano, «nel fare scienza a livello sperimentale è uno degli aspetti che mi piace di più. Mi motiva l’idea di lavorare con altri per uno scopo comune». A Ginevra Stefano si trova bene e si è ambientato senza particolari difficoltà. «Ci sono molte relazioni che si creano sul posto di lavoro. Il Cern ha una grande comunità di italiani e questo aiuta. Molte persone conosciute durante il percorso universitario le ho poi ritrovate come colleghi al Cern. C’è una certa continuità nelle relazioni che poi si riversano anche all’esterno del lavoro. L’altra cosa di cui sono molto contento, vivendo a Ginevra, è che se mi guardo intorno l’orizzonte non è molto diverso da quello di Bergamo: ci sono le montagne e sono molto vicine. Quindi quando c’è tempo, con amici e colleghi, si approfitta per arrampicare e sciare. Senza dimenticare che torno molto di frequente a Bergamo. Stare a Ginevra mi permette di tornare spesso e di sentirmi ancora vicino ai miei affetti e amici che mantengo a Bergamo e alla mia famiglia».

La differenza con l’Italia

Le differenze con l’Italia però ci sono. «Io ho una compagna, Cristina. Abbiamo vissuto insieme a Parigi e ci siamo mossi insieme a Ginevra. Qui ci sono differenze sicuramente rispetto a Bergamo, ma Ginevra non è neppure la città dello stereotipo svizzero dove tutto è rigidamente ordinato. È una piccola scheggia di Svizzera inclusa nella Francia, ci sono tante organizzazioni internazionali ed è molto vivibile». E il futuro? «Ora ho un contratto di cinque anni e poi dipenderà dalla fortuna di trovare una strada coerente tra i vari contratti che vengono proposti. Al momento questi cinque anni mi sembrano un orizzonte temporale abbastanza lungo. Anche la mia compagna è molto soddisfatta del suo lavoro a Ginevra e qui stiamo bene. Poi si vedrà. C’è una parte di noi, ovviamente, che si chiede quando e se si vorrà rientrare nel proprio Paese, penso sia normale. La domanda rimane sempre sospesa, ed è la strana condizione in cui si vive all’estero, “vorrò mai rientrare? Quando?”. L’idea di essere in un posto diverso da casa non è ancora svanita completamente dopo sette anni, ma allo stesso tempo mi sembra sempre più plausibile vivere a lungo termine a Ginevra, e lavorativamente parlando sono nel posto migliore in cui potrei stare».

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