Dall’UniBg ai Paesi Bassi ingegnere in missioni spaziali

LA STORIA. Il 35enne bergamasco Daniele Mangini è in campo anche per la prima missione europea di difesa interplanetaria. Opera oggi come team leader alla Airbus Defence&Space. Racconta la tua storia scrivendo a: [email protected].

Da Bergamo ai Paesi Bassi passando per lo Spazio. È la storia di Daniele Mangini, trentacinquenne originario di Valbrembo, che da ormai cinque anni vive e lavora a L’Aia nel settore dell’Ingegneria aerospaziale. «Durante il dottorato in Ingegneria e scienze applicate, sotto la supervisione del professor Marco Marengo, all’Università di Bergamo – racconta il giovane – mi sono affacciato per la prima volta all’Ingegneria aerospaziale. Ho avuto modo di entrare a fare parte di un gruppo di ricerca che collaborava con l’Agenzia spaziale italiana e con l’Agenzia spaziale europea, in cui l’obiettivo era quello di realizzare delle nuove tecnologie di scambio termico che potessero funzionare anche nello Spazio, in assenza di gravità. Sono stato coinvolto in tutte le fasi di progetto, dalla fase iniziale di design, all’assemblaggio e test di questi dispositivi. Ho avuto la fortuna di testarli in assenza di gravità, in modo da verificare se funzionassero davvero in quelle condizioni. L’Agenzia spaziale europea ha finanziato infatti delle campagne di volo parabolico dove uno speciale aeroplano, eseguendo una particolare traiettoria parabolica durante il volo, permetteva di testare l’esperimento come se fosse nello Spazio. È stata per me un’avventura emozionante fluttuare come un astronauta e nel frattempo lavorare all’esperimento in real time».

I risultati ottenuti sono stati così rilevanti che l’Esa ha deciso di investire ulteriormente in questa tecnologia: nel 2027 si testerà un prototipo sulla Stazione spaziale internazionale. «Questa esperienza di dottorato mi ha permesso prima di fare un Post-Doc in Inghilterra, e poi di fare il grande salto nell’industria aerospaziale europea trasferendomi nei Paesi Bassi. Sono infatti partito per l’estero nel 2017. Ero stato assunto all’University of Brighton (Uk) come Post-Doc, ancora per studiare in assenza di gravità sistemi di scambio termico innovativi. Mentre lavoravo in Inghilterra è arrivata la grande chiamata dell’industria aerospaziale europea. Dopo un processo di selezione piuttosto impegnativo, mi è stato comunicato che ero stato scelto come nuovo coordinatore scientifico a livello europeo dall’Agenzia spaziale europea. Il posto era nei Paesi Bassi (Estec, ossia il Centro scientifico e tecnologico per eccellenza dell’Esa che ha sede vicino ad Amsterdam). Avrei dovuto coordinare un team scientifico di circa 50 università europee e centri di ricerca durante tutte le fasi di design, assemblaggio e test di numerosi esperimenti che venivano testati sulla Stazione spaziale internazionale. Diciamo che non avrei mai pensato di trasferirmi in Olanda prima, ma il lavoro proposto sembrava essere molto stimolante e alla fine ho deciso di accettare».

Dal 2018 quindi Daniele vive nei Paesi Bassi. «E da allora sono sempre stato coinvolto in attività del settore spaziale. Dopo avere lavorato circa due anni e mezzo all’Esa, sono stato assunto come project manager e esperto termico in una azienda che realizza speciali telecamere per l’osservazione della Terra dallo Spazio. Nei due anni di lavoro in questa azienda abbiamo realizzato quattro di queste speciali telecamere. Una di queste verrà lanciata l’anno prossimo, ed è parte di una delle più complesse missioni spaziali mai realizzate (Hera) e la prima missione europea di difesa interplanetaria: andrà a visualizzare da distanza molto ravvicinata un asteroide che orbita fra la Terra e Marte. Da pochi mesi lavoro alla Airbus Defence&Space, come Team leader engineering. Sono attualmente manager di un team di 20 ingegneri che lavorano nella progettazione di pannelli solari per importanti missioni spaziali. È davvero stimolante coordinare un team di ingegneri cosi bravi e appassionati».

Tutte le avventure, tra l’Inghilterra e i Paesi Bassi, Daniele le ha sempre vissute con Marisa. «Marisa è spagnola e stava facendo l’Erasmus a Bergamo mentre ero all’università quando ci siamo conosciuti. Inizialmente pensavamo entrambi che la nostra storia era destinata a finire col suo ritorno in Spagna dopo l’Erasmus. Ma cosi non è stato. Dopo l’Erasmus abbiamo continuato a sentirci e vederci molto spesso. E sono ormai sei anni che viviamo insieme. Dal nostro amore è nato il nostro bellissimo Martin, che ormai ha già un anno. Mi sento estremamente fortunato ad avere questa famiglia al fianco. Una famiglia magari atipica e non convenzionale, con il papà bergamasco doc, la mamma spagnola e Martin che sta crescendo in Olanda. Ma vedo che da quando Martin è con noi, le piccole differenze si annullano e ci sentiamo una famiglia normalissima. Inoltre, date le buone connessioni con Bergamo e Siviglia, e grazie al fatto che il nostro lavoro ci permette anche di operare da remoto, abbiamo molto spesso la possibilità di vedere i nonni e i parenti, che sono pazzi per Martin». Nei Paesi Bassi quindi Daniele ha costruito la propria famiglia e si sente quasi come a casa, anche se l’Italia e Bergamo mancano sempre.

«Non esiste un posto ideale nel mondo, questo l’ho imparato viaggiando tantissimo. Nel dottorato ho infatti vissuto per circa quattro mesi in Brasile e durante la mia tesi di laurea in Canada per sei mesi. Questo tanto viaggiare mi ha fatto anche imparare che si può stare bene anche quando non si è nella propria comfort zone. Con Marisa mi sento a casa anche quando siamo in Spagna a trovare i suoi genitori e amici. Coltivare una mentalità europea credo che sia utile per il lungo termine, soprattutto per la nostra generazione. Uno dei vantaggi dell’Olanda è sicuramente un buon bilancio vita privata e vita lavorativa. Si rispettano gli orari di ufficio e la sera non si ricevono quasi mai chiamate lavorative. Anche i weekend sono rispettati come tali. Lati negativi sono sicuramente il clima, piuttosto noioso da novembre a fine marzo e il fatto che non ci siano montagne. Essendo un grande appassionato di montagna, ogni tanto ho un po’ di sofferenza. Fortuna che a Bergamo ritorno spesso, e qualche weekend in montagna lo riesco a fare per godermi la “mia” Valle Brembana.

«Sono e mi sentirò sempre bergamasco. È stato particolarmente difficile e doloroso vedere la mia città in ginocchio durante il periodo Covid. Mi sentivo davvero impotente vedere da lontano questo dramma che ha sconvolto Bergamo. I miei genitori e mio fratello Luca sono tutti medici e sono stati ovviamente tra i primi a contrarre il virus. Ero davvero molto in ansia per i miei genitori quando era chiaro che i sintomi erano quelli da Covid. Fortunatamente è andato tutto bene in famiglia, a parte questi spaventi iniziali. Ma ragionando a mente fredda, che cosa avrei potuto fare anche se fossi stato lì?».

E il futuro? «Ho imparato a non fare grossi piani per il lungo termine. Questo comporta molto spesso un grosso dispendio mentale e molto spesso alla fine nascono opportunità che ti portano in luoghi che nemmeno immaginavi. Nel lungo periodo mi piacerebbe ovviamente ritornare, ma si vedrà insieme a Marisa e a Martin. Non si esclude la possibilità di ritornare in Spagna, piuttosto che a Bergamo. Vedremo, ora è importante focalizzarsi in quello che si sta facendo qui in Olanda, e cercare di farlo al meglio delle proprie capacità».

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