«Il mio progetto scelto per l’area pedonale del centro storico di Taipei»

«Sono figlio di figli del miracolo economico italiano e in famiglia sono praticamente tutti architetti, ragion per cui, se da una parte mi è capitato di accompagnare sin da piccolo i miei nella quotidianità dell’architetto, dall’altra posso dire di aver fatto presto esperienza della varietà di questo quotidiano, cosa che tutt’oggi esercita su di me una forte attrazione». Alessandro Martinelli, 40 anni, cresciuto tra il lago d’Iseo e Pedrengo (svezzato a pane e architettura, tra Biennali di Venezia e viaggi europei di formazione), racconta così la sua passione per l’architettura, la quale dai primi passi di bambino, in terra bergamasca, l’ha portato nel 2014, dopo un lungo peregrinare tra studi e progetti lavorativi, a trasferirsi a Taiwan, dove oggi vive e lavora.

«Dopo aver fatto le elementari con il metodo Montessori a Bergamo ho studiato al Collegio vescovile Sant’Alessandro, medie e Liceo scientifico, dove ho vissuto anni chiave per la mia formazione in ragione dell’insegnamento offerto dai docenti così come delle attività extracurricolari a cui ho partecipato. Proprio queste mi hanno permesso di fare esperienze a cui mi sono spesso rifatto negli anni a seguire». Diplomatosi nel 2000, Alessandro ha poi iniziato un lunghissimo percorso di formazione in architettura. «Tra gli architetti in voga negli anni ‘90 c’era lo svizzero Mario Botta, famoso a Bergamo per il progetto del Centro pastorale Giovanni XXIII di Seriate e della Biblioteca Tiraboschi di Bergamo, entrambi completati nel 2004. Nel 1996 Botta ha anche fondato una nuova scuola, l’Accademia di architettura, Università della Svizzera Italiana, a Mendrisio, animato dal desiderio di creare un ambiente dove i migliori progettisti mondiali potessero incontrarsi. Iscrittomi a questa attratto dalla sua unicità, ho avuto la fortuna di studiarvi incontrando personalità come Botta, oppure il premio Pritzker per l’architettura Peter Zumthor, oppure ancora il famoso curatore d’arte Harald Szemann. Per il lungo internato richiesto sono però tornato in Italia e ho lavorato per Stefano Boeri, oggi famoso per il Bosco Verticale di Milano, ma non solo. All’Accademia ho anche avuto modo di sviluppare una ricerca sui giovani studi di architettura europei, un lavoro sospinto dal diffondersi dei voli low-cost e dalla rete di contatti che il sistema dell’internato aveva permesso di creare a me e ai miei compagni di università. Questa ricerca, confluita poi in una pubblicazione premiata dall’Ordine Ticinese degli Ingegneri ed Architetti, mi ha portato ad apparire sulle mappe dell’architettura italiana sviluppate dalla rivista di settore Domus nel 2007, un momento in cui, grazie alla collaborazione con mio padre, ho anche visto realizzato il mio primo progetto, il nuovo oratoriparrocchiale di Pedrengo».

Dopo la laurea nel 2006, Alessandro è stato selezionato per frequentare il prestigioso Master di perfezionamento del Berlage Institute di Rotterdam. «Nel 2007 mi sono quindi trasferito in Olanda, dove ho stretto amicizie in un contesto ancora più internazionale di quello offerto dall’Accademia. In particolare, ho stretto un profondo legame con due colleghi taiwanesi, Hanju Chen e Tammy Liu, marito e moglie, i quali sono stati poi i primi motori del mio trasferimento in Estremo Oriente. Dal 2009 al 2014, terminato il Berlage, sono entrato nel mondo accademico, muovendomi tra Canton Ticino, Rotterdam e Barcellona. A causa degli effetti della crisi economica del 2009 e alcuni cambiamenti nell’organizzazione delle istituzioni in cui lavoravo, ho dovuto però presto abbandonare Olanda e Spagna e, dopo aver iniziato il mio dottorato presso l’Accademia di architettura, nel 2011 sono stato assunto dall’i2a - International institute of architecture di Vico Morcote, Lugano, ex sede europea del South California Institute of Architecture di Los Angeles. In questo periodo ho conosciuto anche un architetto russo, Maria Lezhnina, poi diventata mia moglie nel 2020, e ho riallacciato i rapporti con i miei colleghi taiwanesi del Berlage, i quali, una volta tornati a casa avevano cominciato a collaborare con un’importante università locale. Così, tramite alcuni viaggi di lavoro a Taiwan, ho conosciuto Monica Kuo, direttrice del dipartimento di architettura del paesaggio della stessa università, la Chinese Culture University di Taipei, la quale nel 2013 mi ha proposto di unirmi al suo team di docenti».

Completato il dottorato, nel 2014 Alessandro, costruitosi un bagaglio pieno di esperienze, progetti e premi nel settore dell’architettura, accetta l’offerta di Monica Kuo, vola a Taiwan e nel 2015 apre anche uno studio di progettazione con i suoi due colleghi taiwanesi, BIAS Architects & Associates. «Negli anni abbiamo avuto modo di collaborare con molti architetti importanti e realizzare progetti e mostre di rilievo internazionale. Ci siamo per esempio aggiudicati il progetto di test-site per la pedonalizzazione del centro storico di Taipei e una serie di progetti di spazio pubblico per le città di Keelung, New Taipei e Jinshan (dove oggi stiamo realizzando un ponte pedonale che consente di accedere a un’area naturalistica in prossimità dell’Oceano Pacifico)».

In Estremo Oriente Alessandro e sua moglie si sentono a casa (la pandemia a Taiwan non è stata drammatica, merito di istituzioni e cittadini), ma per il futuro «vorrei trovare occasioni di lavoro anche in Europa, soprattutto in Italia. Mi piacerebbe essere una sorta di “ponte’”, soprattutto perché ho avuto modo di conoscere diverse culture e abitudini. Se poi penso a un figlio mi piacerebbe che questo possa crescere a tutti gli effetti a cavallo tra le culture e prendere il meglio da ciascuna, così come comprenderne le differenze e rispettarle tutte».

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