«Nel ristorante a New York
i casoncelli sono nel menù»

Da bambino osservava la mamma intenta in cucina a preparare quei pranzi della domenica che profumano di famiglia: i tradizionali casoncelli, l’immancabile coniglio con la polenta, ma anche le quaglie e l’insalata russa. Stefano Terzi, 47 anni, parte da queste basi, dalle mani operose di mamma Lucia, per raccontare la sua vita da chef a New York e titolare di ViceVersa, famoso ristorante italiano a Broadway.

Originario di Bagnatica, è nella Grande Mela dal 1996, dopo un anno a Los Angeles sempre a fare il cuoco e a «scoprire» quell’America tanto raccontata e sognata. «Ho iniziato negli Stati Uniti da Laguna Beach, in California. Ci sono finito grazie a un ristoratore di Bergamo che ha creduto in me e mi ha dato la possibilità di fare quell’esperienza che tanto desideravo».

Un progetto che doveva durare qualche mese ma che si è trasformato in una vita nuova: «Il grazie va a Pierangelo Cornaro, titolare e chef della Taverna del Colleoni, nella magnifica Piazza Vecchia di Città Alta». Certo, tra i mentori, la mamma non si scorda affatto: «C’è lei nella decisione di intraprendere l’Alberghiero, l’inizio del cammino che mi ha portato dove sono ora – ricorda Stefano Terzi –. Mamma Lucia lavorava come cuoca in una casa di Gorle, poi veniva a casa e ci preparava sapori genuini e semplici, con la naturalezza di chi il cibo lo conosce bene. Io la osservavo per ore e ne ero affascinato».

Stefano inizia l’Alberghiero e durante la scuola lavora sempre in cucina in diversi ristoranti della provincia bergamasca: «Dopo il diploma, sono partito subito per Milano dove sono approdato da Raffaele Marzorati, alla Cassina de’ Pomm – ricorda –. Avevo solo 16 anni e dormivo nelle camere che aveva il ristorante, sopra la cucina. È qui che ho imparato la fatica di questo mestiere, senza orari né giorni liberi, ma ho anche scoperto la passione per il cibo che non ho più perso, anzi si è alimentata, piatto dopo piatto».

Dopo 3 anni, il ritorno a Bergamo: «Con grande soddisfazione: prima al Ristorante dell’Angelo in Borgo Santa Caterina e poi, nel 92-93, alla Taverna del Colleoni». Stefano non ha mai pensato di partire per restare negli Stati Uniti per sempre: «Il mio era il sogno americano, volevo fare un’esperienza all’estero e con il mio inglese scolastico e il grembiule di sempre mi sono rimboccato le maniche, grazie ai consigli proprio di Cornaro». Partendo da Beverly Hills, esattamente il giorno del suo 23esimo compleanno: «Ho re-imparato a cucinare, con prodotti diversi e soprattutto ingredienti che hanno reazioni differenti. La buona base e scuola italiana mi hanno aiutato ma a quei tempi, che era ancora difficile reperire tutti i cibi, quanto mi mancavano i miei prodotti italiani».

Con il ruolo di secondo chef, e con la responsabilità dei secondi piatti, il bergamasco finisce anche nella cucina di Tony May, nome americanizzato dell’italianissimo - e molto noto - Antonio Magliulo. «Prima a Port Chester per sei mesi, poi a New York dove mi sono trovato sempre secondo chef ma questa volta a gestire, insieme al primo cuoco, una cucina di 15 chef». Un’esperienza stimolante e appassionante che dura circa 3 anni e mezzo: «Qui imparo a gestire una cucina più grande, a capire il valore dell’informatizzazione delle comande, ad appassionarmi alla gestione di un locale nella sua interezza, non solo dalla cucina». Tanto che arriva l’occasione della vita: «Nel 1996 incontro Franco Lazzari, italiano originario di Imola, che faceva il general manager nello stesso ristorante di New York, e decidiamo di metterci in società».

Perchè negli Stati Uniti va così: «Ci vogliono le idee, bisogna cogliere le opportunità, ma c’è sempre un’occasione da saper sfruttare: noi abbiamo investito tutti i nostri risparmi nel sogno di un ristorante italiano a Broadway e abbiamo creato ViceVersa». Che apre il 23 giugno: «È nato da zero, in un palazzo che era stato da poco costruito in quella che si chiama a Manhattan “Hels Kitchen” (la cucina dell’inferno, ndr)». Una scelta voluta, un’area vivace e dinamica dove si mixano newyorkesi, attori e registi, ballerini e comici, tanti turisti. Trenta i dipendenti, con una settantina di posti a sedere, aperto sette giorni su sette, a pranzo, cena e per il brunch la domenica, ViceVersa è un ristorante «italianissimo dall’impronta bergamasca – sorride Stefano –. Del resto lo chef sono io e non potevo che mettere nel menù i casoncelli». Ride e racconta: «Il nome è subito piaciuto ed è entrato nella testa degli americani: volevamo qualcosa che fosse facile, ma non rimandasse per forza al cibo: sarebbe stato un troppo facile cliché».

Il lavoro parte subito e carbura mese dopo mese, e capita spesso di trovare in sala stelle del cinema americano, politici e imprenditori della City: «Whoopi Goldberg e Nicole Kidman, ma anche Jon Bon Jovi e Cindy Crawford – commenta chef Terzi –, ma tutti sono trattati nello stesso modo: senza eccessi, senza mai strafare. È nel nostro stile, pacato e genuino». Come il cibo scelto per il suo menù, a partire dai casoncelli: «La fanno da padroni: faccio io la pasta, ho imparato anche a fare la pancetta in una “vacanza-studio” a Calcinate – commenta –. Poi per altri piatti uso solo taleggio bergamasco e la farina gialla del Mulino Nicoli di Costa di Mezzate o il quadrello di bufala che mi arriva da Cologno al Serio». Il risultato? «I clienti americani impazziscono: si lasciano travolgere da gusti nuovi, sono curiosi e hanno voglia di sperimentare, di scoprire la storia degli ingredienti e delle lavorazioni». I piatti più richiesti? «Assolutamente i casoncelli, e poi gli strozzapreti con il ragù di anatra, la bolognese Petroniana, la lasagna».

Una cucina italiana a tutto tondo che forse molto presto farà il bis: «Io e il mio socio stiamo pensando di aprire un secondo ristorante, sempre a New York e questa volta ad Harlem, area in fase di grande riqualificazione». Un investimento importante che allontana il pensiero di tornare a Bergamo: «Mai dire mai, ma ora professionalmente qui c’è crescita e sviluppo».

Intanto a casa a Bergamo viene un paio di volta l’anno: «Per stare in famiglia ma anche girare i ristoranti dei colleghi italiani. Ovviamente quando torno cerco i presidi Slow Food e non manca la chiacchierata al Colleoni». Stefano torna a annusa i profumi della sua terra, cerca nuovi ingredienti, seleziona prodotti: «Amo cucinare la pasta, farla a mano. E sperimentare vecchie tecniche» spiega. E poi «una passeggiata a Sarnico, in giro per le nostre montagne a scovare formaggi». E cosa mangia uno chef bergamasco a New York? «Un po’ di tutto così come cucino un po’ di tutto. Però quando torno a Bergamo non riposo affatto: parenti e amici mi mettono subito ai fornelli».

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