Pagata male dalla moda
«A Londra il lavoro per me»

In Italia tanti lavori e malpagati poi il salto di qualità a Londra nel colosso Unilever. Social media marketing manager da quattro anni. Partire per trovare la strada professionale che da tempo cercava. C’era questo desiderio nella valigia di Roberta Tomasoni, 34enne originaria di Ponte Nossa, che dal 2015 vive a Londra. «Sono partita perchè ho sempre avuto questa profonda passione per il digital marketing e i social media – confessa la giovane – e in Italia non sono mai riuscita a trovare la giusta strada. L’indipendenza economica e la crescita professionale purtroppo non andavano di pari passo con quello che mi ero prefissata e quello che credevo mi spettasse dopo anni e anni di studi.

Ho lavorato per piccole aziende di marketing per poi approdare addirittura in “Dolce&Gabbana” dove mi occupavo degli eventi di alta moda a Milano. Lavoravo tanto ma non posso certo dire che guadagnassi anche tanto, anzi... Quindi, dopo tanti anni di sacrifici, ho deciso di partire». Un curriculum scolastico notevole quello di Roberta Tomasoni, con molti titoli conseguiti: «Ho una laurea magistrale in Marketing ed economia all’Università statale di Milano, Erasmus in economia alla “Mannheim Univeristaet” in Germania, un master in Social media marketing conseguito all’Università statale di Milano e un master in Marketing and Fashion alla Ual, University of arts London».

Insomma la 34enne ne sa e nella capitale inglese ha trovato quello che cercava. Oggi infatti è Social media marketing manager per il colosso Unilever (multinazionale olandese-britannica titolare di 400 marchi tra i più diffusi nel campo dell’alimentazione, bevande, prodotti per l’igiene e per la casa).

«Londra è la città dove tutto è possibile – racconta – o almeno così si dice... Ed è vero per certi versi. In Italia molto spesso è vista come una sorta di Disneyland e sopravvalutata per quello che realmente è. Qui bisogna rinunciare e sacrificare molto per arrivare dove si vuole realmente arrivare. Devo dire però che a livello professionale sono state ripagate appieno le mie aspettative. Londra mi ha dato spazio di espressione e le basi per una crescita personale e professionale incredibile. Allo stesso tempo devo ammettere che ho anche studiato tanto e faticato molto per arrivare al livello di qualità professionale qui richiesto per il mio ruolo. Per quanto mi riguarda è stata e lo è tutt’ora forse più dura soprattutto a livello personale ed emotivo, più che sul lato professionale. Sono sempre stata molto determinata e ambiziosa su questo ultimo lato, quello che mi sono prefissata l’ho raggiunto senza aver paura di nessun limite culturale, professionale o linguistico. Non mi sono ancora ambientata appieno a Londra però: forse è dovuto al fatto che sono nata in un paesino di 2.000 abitanti in Valseriana con valori morali profondi e allo stesso tempo profondamente diversi da quelli di Londra».

«Londra è una città di passaggio per tutti quindi ogni tipo di rapporto viene vissuto in modo superficiale, veloce e distaccato, ed è proprio la natura stessa della città e anche la cultura inglese è abbastanza simile – spiega Roberta Tomasoni –. Con gli stranieri, come sono io qui, gli inglesi si comportano in generale molto bene, come amici o relazioni all’esterno della sfera professionale. In ufficio invece mi sento immigrata, dobbiamo sudare di più per ottenere quello che hanno ottenuto loro e arrivare, ma forse mai, alle loro posizioni. Il Brexit è il chiaro segnale che comunque qui non siamo benvoluti al 100 %».

«Ad aprile 2020 saranno 5 anni che sono qui – prosegue la nossese – e oggi sono Social media marketing manager di Unilever. Sono partita con tante speranze, con degli “amici” della Valseriana che mi hanno promesso un lavoro qui ma poi una volta arrivata mi hanno lasciato “a piedi” letteralmente, senza casa e lavoro. Non mi sono mai data per vinta e ho iniziato tutto da capo da sola. Alla fine penso che qualsiasi cosa si voglia fare la si può fare veramente da soli più che contare su qualsiasi altra persona. Il mio primo lavoro è stato come commessa da Giorgio Armani in Bond Street. La “scalata per il successo” è stata davvero ardua ma tra tutto quello che mi può mancare, di certo non la determinazione e la voglia di fare. Tra due anni sicuramente tornerò: il mio sogno è proprio quello di arricchire il mio Paese con tutto quello che ho imparato e acquisito qui. Di casa mi manca l’amore, quello vero della famiglia e degli amici, e ovviamente natura e il sole, la Valseriana e quel senso di pace che avevo quando vivevo lì. Londra è una città caotica ma piena di vita e molto competitiva.

Non ci sono raccomandazioni o altri tipi di facilitazioni qui, tutto è molto diretto e non c’è nessun tipo di compromesso. Quindi si può facilmente intuire come il peso dei problemi quotidiani, anche piccoli, lo si possa sentire in modo più accentuato, dovuto appunto alla parte culturale, al fatto di avere famiglia/amici distanti o anche all’incapacità dovuta alla natura stessa della città che fa in modo di complicare anche le più semplici relazioni di amicizia. Distanza, obiettivi e ritmi di lavoro non aiutano i rapporti personali. C’è l’assenza di pregiudizi sia razziali che personali di ogni tipo, la multiculturalità, la parità dei diritti ed è piena d’arte e di nuove ispirazioni in ogni tipo di diversa disciplina. Qui ognuno, me compresa, si sente libero di essere se stesso. Da come si potrà capire, non sono una di quelle persone fortemente entusiaste e positive di questa esperienza. Sono realista. È dura ma ne vale la pena, penso che sia un’esperienza fondamentale per un rafforzamento interiore e soprattutto professionale che purtroppo in Italia non è possibile fare o acquisire in nessun modo».

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