«Aumentare le vaccinazioni per evitare il colpo di coda estivo. Il coprifuoco? Serve»

L’infettivologo Galli: «Le riaperture sono state troppo precoci. I prossimi 15 giorni cruciali. Il coprifuoco? Se si ha la testa si capisce il senso».

Premessa: «È venerdì, stiamo lavorando come matti e ho promesso di diradare i contatti con la stampa». Poi però Massimo Galli, direttore del reparto Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, come sempre si appassiona e non si sottrae alle domande.

Il dato del giorno è che l’Rt cresce ancora (siamo a 0,92) e il professore non è stupito dal fatto che qualcuno cerchi di ridimensionare il valore di questo parametro per stabilire la gravità o meno della situazione: «Ognuno in questi giorni cerca di tirare l’acqua al proprio possibile mulino», commenta con filosofia. Per quanto lo riguarda, il dato cruciale per inquadrare che estate ci attende «è capire se la risalita dei vaccini riesce a incrociare la discesa dei casi e dei ricoveri, altrimenti rischiamo il colpo di coda di giugno-luglio». L’orizzonte decisivo, quindi, sono i prossimi quindici giorni.

Quindici giorni decisivi
«Sono cruciali – sostiene il professore –: se il calo sia di diagnosi sia di posizioni in ricovero e in Terapia intensiva continua in maniera più o meno costante a un mese di distanza dalle riaperture, non avremo colpi di coda significativi». Del resto la sua posizione non è un mistero: «Le riaperture sono avvenute in una situazione in cui molte infezioni erano in giro, non c’era un calo tale da stare tranquilli». Ora quindi dipende tutto dal ritmo delle vaccinazioni: «Bisogna vedere se l’incremento dei vaccini, di certo non ai livelli di quelli britannici, sarà in grado di compensare le riaperture troppo precoci, almeno ai fini epidemiologici, perché ovviamente ai fini della situazione economica disastrosa è un altro discorso». Il dado ormai però è tratto: «È evidente che in Italia è in atto un esperimento diverso da altri Paesi, dove si è optato per una campagna vaccinale di massa quando si era chiusi e si è vista subito una caduta di casi e morti. Noi, invece, abbiamo messo il carro davanti ai buoi, senza avere abbastanza vaccini sul carro». E non si tocchi il tasto coprifuoco («Per me questa parola, anzi parolaccia, non esiste, non la pronuncio più perché ormai è oggetto di una strumentalizzazione del tutto politica», è tranchant), perché anche su questo tema (oggetto di una recente querelle televisiva col filosofo Massimo Cacciari, sostenitore dell’illogicità del provvedimento) Galli non cambia idea. «Sono quattro i momenti in cui la popolazione si muove e si mischia, con diversi livelli di contatto – spiega uno dei suoi cavalli di battaglia –: quando si va al lavoro e a scuola; quando si sta al lavoro e a scuola; quando si torna e infine quando si esce la sera. È evidente che la limitazione degli orari serali, nel tentativo di diminuire la circolazione serale, diventa una scelta in qualche modo obbligata, quando si decide di aprire. Anche perché la sera ci si mischia in modi diversi, e s’incontra gente diversa, rispetto ad altri momenti della giornata. Se si ha la testa, non è difficile da capire».

Assembramenti e varianti
Insomma da scongiurare restano sempre gli assembramenti. Anche quando in gioco c’è la fede calcistica. Nonostante sia interista da tre generazioni, Galli commenta così la festa scudetto in piazza: «La sconsideratezza non ha colori, o meglio è condivisa da tutti i colori». Il nefrologo bergamasco Giuseppe Remuzzi, prendendo le distanze dal raduno, ha comunque invitato a vederlo come un possibile esperimento («Tra qualche settimana si capirà se ha portato a un’impennata di contagi o meno»), il primario del Sacco dà la sua versione: «Se in piazza, quella domenica, c’erano 30-50 mila tifosi, nella stessa giornata milioni di italiani erano in giro, tra parchi e locali. L’esperimento, quindi, anche se a un livello minore di intensità, è stato fatto su scala nazionale». Per il professore, infatti, «se uno canta e urla in piazza, senza mascherina e con un alto tasso di trasmissibilità, certo non è la situazione ideale. Ma anche se si è in un ristorante, anche all’aperto, e qualcuno parla ad alta voce per farsi sentire, non è la situazione migliore possibile, anche se comprendo la richiesta di riaprire dei ristoratori, ha serie motivazioni».

Al virus, però, come dice l’infettivologo Galli, non importa. È ancora in circolazione in molteplici varianti, di cui si conosce sempre troppo poco. «I test dei passeggeri indiani atterrati a Orio non sono passati da me ma dal laboratorio di Microbiologia clinica (diretto da Maria Rita Gismondo, ndr) – tratteggia la composizione del quadro –. La inglese è ancora predominante, ma in giro qualche caso di Sudafricana e brasiliana c’è. Non è ancora del tutto chiaro, comunque, se l’inglese ha una maggiore capacità di diffusione delle altre due o se prima o poi verrà soppiantata. E non si ha ancora idea dell’impatto che la variante indiana potrà avere qui, ma in India ha soppiantato quella inglese, e dovremmo tenerne conto. Ci sono comunque più indiscrezioni giornalistiche che studi scientifici su quali caratteristiche abbia, su quanto si diffonda e con quale gravità».

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