Doccia fredda all’Orobica Cicli: ordini in calo, si ferma l’attività

A ENTRATICO. Dal 31 maggio stop all’assemblaggio di biciclette per Decathlon. Per i 51 addetti incentivo all’esodo, ma niente cassa. Il 9 incontro in Regione.

La decisione - ormai - è presa e comunicata ai sindacati il 26 marzo. L’obiettivo, ora, è cercare di supportare i 51 dipendenti della Orobica Cicli di Endine Gaiano, che ha annunciato la cessazione dell’attività entro il 31 maggio (è già stata aperta una procedura di licenziamento collettivo), nell’ottenere un sostegno economico (un incentivo all’esodo) e soprattutto un ammortizzatore sociale (un anno di cassa integrazione straordinaria), che potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno per cercare un altro posto di lavoro, o, eventualmente, provare ad agganciare la pensione, sommando i due anni di Naspi.

La chiusura della collaborazione con Decathlon

Orobica Cicli assembla biciclette ed è sostanzialmente monocommittente per Decathlon, che ha deciso di interrompere la collaborazione. Non è un mistero che il settore delle «due ruote» non stia attraversando un bel periodo: dopo il boom conosciuto con la pandemìa e sostenuto anche dagli incentivi all’acquisto di bici, la domanda è in calo.

Il punto è che proprio riguardo alla Cigs, l’azienda non è intenzionata a richiederla. E i motivi sono riconducibili a questioni economiche. Chiudere un’attività, infatti, comporta dei costi e - è il ragionamento della società - per far fronte alle spettanze nei confronti dei lavoratori (tra cui il Tfr) e mettere in campo un incentivo all’esodo (si tratterebbe di una somma complessiva di 400 mila euro, che pro capite si tradurrebbe in circa 7.800 euro lordi) necessita di non allungare i tempi. L’obiettivo dell’azienda è quello di raggiungere un accordo sindacale.

Il 9 maggio si terrà un incontro in Regione Lombardia, alla IV Commissione Attività produttive, a cui l’azienda ha dato disponibilità a prendere parte, insieme a Fim, Fiom e Uilm e al sindaco di Endine, Marco Zoppetti

Per la Fiom-Cgil Vallecamonica e Sebino, invece, l’ammortizzatore sociale è un punto centrale. «Riteniamo la scelta aziendale di ostacolo nella ricerca di una soluzione positiva per l’occupazione e il futuro dei lavoratori (buona parte dei quali extracomunitari, ndr)», afferma Andrea Capelli. Il sindacalista aggiunge: «In questi anni come Fiom-Cgil Vallecamonica e Sebino abbiamo rimarcato che dipendere produttivamente da un’unica realtà avrebbe potuto portare a problemi in caso di cambiamento di strategie commerciali». E adesso che la situazione è irreversibile, «chiediamo all’azienda di discutere con il sindacato come gestire la possibile ricollocazione dei lavoratori, anche con l’aiuto degli enti territoriali, utilizzando gli ammortizzatori sociali», dice Capelli.

Il 9 maggio si terrà un incontro in Regione Lombardia, alla IV Commissione Attività produttive, a cui l’azienda ha dato disponibilità a prendere parte, insieme a Fim, Fiom e Uilm e al sindaco di Endine, Marco Zoppetti.

«Per tutelare al meglio i lavoratori in una situazione purtroppo già definita e critica, come Fim ci auguriamo che l’azienda incrementi l’incentivo all’esodo, altrimenti diventa complicato trovare un accordo», sottolinea Luca Tonelli della Fim di Bergamo. La posizione della Uilm orobica è improntata soprattutto all’incentivo all’esodo: «Vista la decisione dell’azienda di chiudere, puntiamo a portare a casa il più possibile per i lavoratori - spiega Tsegereda Weldegebral -. In base all’esito dell’incontro in Regione decideremo come procedere, ma siamo più propensi a concentrarci sull’incentivo».

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