Il commercio riparte: entro novembre sono previste 31 mila assunzioni

Bergamo, i dati Excelsior: per i mesi da settembre a novembre previsioni di assunzioni in provincia oltre quota 31mila. Sugli scudi le chiamate per il turismo e la ristorazione.

Traguardo tagliato e ampiamente superato. Dopo il crollo esponenziale nel 2020, finalmente le possibilità di trovare lavoro sono tornate ai livelli pre-Covid in tutti i settori dell’economia orobica e addirittura hanno ampiamento superato quelli del 2019, con 31.250 nuove possibili assunzioni tra settembre e novembre. È quanto emerge dal confronto tra i dati dell’ultima rilevazione Excelsior sulle previsioni in ingresso nel trimestre settembre-novembre 2021 e quelli dei corrispondenti periodi del 2020 e del 2019. Auspicato, ma non scontato il balzo in avanti segnato rispetto allo scorso anno, in termini di possibili offerte occupazionali. Si tratta infatti di una crescita poderosa, con un’ipotesi d’incremento del 75,6% e punte che sfiorano il 112% nel commercio, che tanto ha sofferto durante la pandemia, a braccetto con i servizi turistici, di ristorazione e alloggio che, con un balzo dell’86,5% di opportunità offerte, testimoniano la vivacità di un settore strategico per la nostra provincia.

Avanza anche il manifatturiero

Non stupirà allora neppure il passo spedito dell’industria manifatturiera, che con il suo +80,4% conferma la vocazione industriale del nostro territorio. Ci siamo dunque lasciati alle spalle un periodo che, causa Covid, non lasciava quasi intravvedere la possibilità di trovare un’occupazione? Ebbene sì, è questa la buona notizia che emerge dai dati del trimestre settembre-novembre 2021 se paragonati allo stesso periodo del 2019.

Certo, non si tratta di un avanzamento come quello registrato rispetto all’autunno 2020, ma c’è un recupero molto forte che traccia un cammino che, almeno per i mesi presi in considerazione, si rivela tutto in discesa. Se sul totale delle previsioni in ingresso il miglioramento è del 27% di posti in più rispetto all’autunno di due anni fa, alcuni settori superano nettamente questa media. È il caso del commercio (+62,1%), ma anche di manifattura e public utilities (+ 32,6%). Di poco sotto, turismo e ristorazione (+ 22,3%), ma anche i servizi alle imprese (+21,6%). Al palo, ma pur sempre di segno positivo, i servizi alle persone (+2,8%).

Più lavoro non specializzato

Ma non è tutto oro quello che luccica. Il rovescio della medaglia è infatti l’incremento di quello che si può definire «lavoro povero», per il quale è richiesta una preparazione meno specifica o addirittura nulla. A una quota di lavoratori pari al 30% - eravamo al 20% nel 2019 - non è infatti richiesto alcun titolo di studio, per contro solo al 17% dei nuovi candidati è richiesta una laurea.

Scende anche la quota di diplomati che possono sperare in un lavoro, passando dal 34 al 31% in tre anni. Meno istruzione, però, equivale a meno stabilità. La richiesta di personale meno qualificato, infatti, sembra determinare inesorabilmente anche un calo dei lavori stabili.

Calo del tempo indeterminato

Questa instabilità si specchia nel calo, nel triennio, dei contratti a tempo indeterminato – si passa dal 26% del 2019 al 22% sia del 2020 che del 2021 - e l’apprendistato, che diminuisce di 3 punti percentuali posizionandosi al 5% dei nuovi contratti. Il tutto a vantaggio, va da sé, tanto del tempo determinato, che guadagna 6 punti percentuali passando dal 45% al 51% dei nuovi contratti, quanto della somministrazione, che sale al 14%.

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