Latte, nuovo allarme: si impennano i costi delle materie prime

LA CRITICITÀ . Preoccupati gli allevatori e le sigle agricole. «Il prezzo alla stalla non copre i valori di produzione». Chiesto al ministero la convocazione del Tavolo di filiera.

Aumento delle materie prime, Inflazione e costo del lavoro preoccupano il settore del latte, strategico per tutto il sistema agroalimentare italiano. Le associazioni di categoria chiedono di convocare rapidamente il «Tavolo», in modo da trovare le giuste contromisure per non mandare in crisi il comparto. Gli allevatori fanno notare come «da dicembre 2022 allo scorso settembre la contrazione del latte bovino alla stalla supera il 30%, mentre la diminuzione dei costi produttivi è avvenuta con percentuali decisamente inferiori, oltre al fatto che ultimamente è evidente un rialzo delle materie prime utilizzate per l’alimentazione del bestiame». Il presidente nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha chiesto al ministero dell’Agricoltura una riunione del Tavolo latte per discutere con tutte le parti della filiera l’andamento e le prospettive del mercato, a partire dai prezzi riconosciuti agli allevatori.

Fase economica complicata

«L’attuale fase economica è complicata – fa presente Roberto Valota, presidente della sezione latte di Confagricoltura Bergamo - A preoccupare ci sono le tensioni geopolitiche, l’inflazione, l’aumento dei tassi di interesse, il costo del lavoro e l’aumento delle materie prime. Occorre scongiurare il rischio di una contrazione produttiva e di una caduta dei consumi finali che hanno già manifestato segnali di riduzione – conclude Roberto Valota -. Il prezzo alla stalla non copre i costi di produzione e la posizione di Lactalis, che non ha rinnovato l’accordo con una disdetta dei contratti di raccolta alle aziende produttrici, negoziando con le singole realtà per proporre un accordo di fornitura per il 2024, certamente non giova alla vitalità economica dell’intera filiera».

Secondo il presidente di Coldiretti Bergamo, Gabriele Borella, che si fa interprete dell’apprensione che serpeggia tra gli allevatori, sempre più in difficoltà a far quadrare i bilanci, «i problemi della zootecnia da latte devono essere affrontati nell’ambito dei lavori del Tavolo latte, perché il comparto sta vivendo momenti di estrema preoccupazione per l’incertezza che caratterizza il prezzo corrisposto ai produttori. I costi di produzione si mantengono sempre su livelli elevati, a partire da quelli delle materie prime e dell’energia, e inoltre le aziende non sono ancora riuscite ad assorbire i danni causati dalla siccità dello scorso anno, senza contare le difficoltà dei mercati, gli effetti dell’inflazione elevata che frena i consumi e la situazione geopolitica tutt’altro che rassicurante».

Le preoccupazioni degli allevatori bergamaschi sono condivisi un po’ da tutti i colleghi a livello regionale. Ancora Coldiretti Bergamo sottolinea che la filiera del latte a livello provinciale è molto importante e deve essere sostenuta e valorizzata nel modo più adeguato perché rappresenta un patrimonio dal punto di vista economico, occupazionale e culturale. «Quando una stalla chiude – conclude Borella - si perde un intero sistema fatto di posti di lavoro, di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate».

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